Hommes

Travis Barker parla di Kourtney Kardashian, della paura di volare e di Taylor Hawkins

Il batterista dei blink-182 racconta come si fa a restare centrato, a superare l'ansia e a diventare un mentore per le generazioni di creativi più giovani.

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Foto SAM DAMESHEK
Fashion CHRISTOPGER KIM

Travis Barker adorava i batteristi jazz e si esercitava per ore ogni giorno, ma la cosa più importante è che questa studiata devozione alla sua tecnica si associava a quel “je ne se quoi” che distingue le vere rock star dagli impostori. Così forse non sorprende che, un paio di decadi dopo, Barker sia ancora famoso per il suo talento musicale e per lo stile, mentre l’età lo sta trasformando in mentore per una nuova generazione di artisti: un esempio di come la celebrità si sposi con il semplice duro lavoro. La notte prima di incontrarci al Baccarat Hotel di Manhattan, Barker ha fatto una apparizione nella sfilata di Tommy Hilfiger durante la New York Fashion Week con la performance live di una canzone originale, dopo che aveva appena finito di esercitarsi per dieci ore. «La musica è la mia religione; è tutto ciò che faccio», dice molto seriamente. «Tutti i giorni, dal momento in cui mi alzo fino a quando vado a dormire, o scrivo, o produco o faccio musica. Oltre ai miei figli è tutto quello che conosco».

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Giacca e pantaloni di denim vintage, TOMMY HILFIGER; giacca stampata, TOMMY HILFIGER X RICHARD QUEEN; collana, TIFFANY & Co; anello, SPINELLI KILCOLLIN. In tutto il servizio scarpe Travis' own.

«Una grande canzone è ancora ciò di cui hai bisogno, prima che TikTok lavori per te. C'è tanta gente che scrive dei pezzi accattivanti, alcuni durano 20 secondo e sono popolari ma altri tirano fuori dei grandi album capisci»

Questo impegno caparbio ha consentito a Travis Barker di vivere molteplici vite nella scena dell’American mainstream, oltre alla predominanza pop-punk dei blink-182. È diventato il batterista a cui rivolgersi attraversando generi musicali e generazioni differenti, quello che si esibisce con i rapper e con i punk. E, sempre lui, supervisiona le carriere di star come Willow e Machine Gun Kelly. In particolare è anche un nuovo corpo celeste nell’universo delle Kardashian, dopo il suo corteggiamento pubblico e successivo matrimonio con Kourtney Kardashian. Il futuro gli riserva molti piani eccitanti, sebbene abbia garbatamente rifiutato di dare qualche anteprima (soprattutto si parla di un rientro nei blink-182 del chitarrista Tom DeLonge, uscito dal gruppo ormai da anni)

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Pantaloni, TOMMY HILFIGER; su pantaloni stampati TOMMY HILFIGER X RICHARD QUEEN; collana e bracciale, TIFFANY & Co.; occhiali, THIERRY LASRY.

L’OFFICIEL HOMMES: Nel tuo memoir ci sono un paio di testimonianze di persone che raccontano come siano state travolte dal tuo modo di suonare. Ricordi il momento in cui hai realizzato di avere un certo impatto sulle persone?
TRAVIS BARKER: Mi piacerebbe ascoltarli; ci sono quei momenti in cui ti dici: “Oh, forse sto facendo la cosa giusta”, ma non li ho mai usati per gonfiare il mio ego. Semplicemente mi dava la motivazione per andare avanti. Suonavo con chiunque potessi, mi lanciavo in quelle situazioni solo per vedere se ce la facevo. Del resto, cos’altro potevo fare?

LOH: Molte persone combattono con l’ego; tu fai qualcosa in particolare per restare centrato?
TB: Tiro di boxe e ogni tanto mi becco dei pugni in faccia, quello ti sistema sempre l’ego.


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LOH: Nell’ultimo paio d’anni, hai lavorato soprattutto con artisti più giovani. Che cosa ti ha spinto in quella direzione?
TB: C’è stato il covid e ha cambiato tutto. Di solito me ne sto nel mio studio per un mese e poi me ne vado via per degli show, invece me ne stavo solo nello studio, perciò è stato molto facile. Avevo finito di produrre qualcosa per Trippie Redd; avevo fatto una canzone per Machine Gun Kelly; e c’era questa piccola crew con cui ci ritrovavamo. Poi proprio in quel momento c’è stato il lockdown - ed era tipo, “fanculo, me ne starò in studio tutto il giorno e scriverò e registrerò”, perché nessuno sapeva cosa sarebbe successo. Sono stato letteralmente in studio per venti ore al giorno, tutti i giorni, per un qualcosa come sei mesi, e ho co-scritto e prodotto “Tickets to My Downfall” (l’album del 2020 di Machine Gun Kelly). Lavoro solo con la gente con cui voglio lavorare; non ho un manager che mi piazza in studio con degli artisti. Kelly ed io ci conosciamo da 15 anni; è venuto agli show dei blink e io ho seguito tutta la sua carriera. Sono stato come un mentore per lui e lui è come un fratello per me. Insomma tutto accade molto organicamente. È stato così divertente non andare in tour e restare solo in studio, creare e fare le cose che normalmente non fai.

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Camicia vintage, TOMMY HILFIGER; pantaloni, TOMMY HILFIGER X RICHARD QUEEN; collana e bracciale, TIFFANY & Co.

LOH: Pensando a come è cambiata l’industria musicale, che consiglio daresti ai giovani artisti di quelli che avresti voluto ricevere quando eri agli inizi?
TB: Le cose non le sai, finché non le vivi, giusto? Quando i blink erano all’apice, l’etichetta ci diceva cosa dovevamo fare. Non sapevamo di poter dire “Non lo vogliamo fare”, pensavamo di dover fare quello che ci veniva detto, se volevamo restare con la casa discografica. Però eravamo anche bravissimi nel prenderci in giro; la mia esperienza è stata il perfetto equilibrio del non prendersi troppo sul serio. Non avevo un mentore al mio fianco quando parlavamo con persone con più esperienza di noi, però abbiamo imparato qualcosa da ogni tour. Una grande canzone è ancora ciò di cui hai bisogno, prima che TikTok lavori per te. C’è tanta gente che scrive dei pezzi accattivanti, alcuni durano solo 20 secondi e sono popolari su TikTok, ma altri invece tirano fuori dei grandi album, capisci? Il disco dei Turnstile (“Glow on” del 2021) è grande dall’inizio alla fine; non è pensato per essere un trend su TikTok. Lo vedo di continuo, magari una canzone è molto popolare su quella piattaforma, ma quando esce non diventa popolare. Non presto molta attenzione a quella parte di musica, ma una grande canzone è la chiave; e di solito, se è una grande canzone, può essere prodotta in un milione di modi differenti, inclusa una versione acustica. Io tendo però ad amare gli album; in un’epoca in cui tutti badano al singolo, io mi metto su “Paul’s Boutique” dei Beastie Boys e sono contento.

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Chiodo, TOMMY HILFIGER X RICHARD QUEEN.

LOH: Sei appena rientrato da Londra, dove hai suonato allo spettacolo-tributo a Taylor Hawkins, lo storico batterista dei Foo Fighters, scomparso quest’anno. Com’è stata quell’esperienza?
TB: Dolce e amara. Conoscevo Taylor da anni; ho lasciato casa dopo il diploma delle superiori perché mio padre mi aveva detto: “O ti trovi un lavoro da 60 ore alla settimana e paghi l’affitto, oppure suoni la batteria e ti butti in questa cosa della musica, ma non lo farai qui”. Un mio amico mi aveva chiamato e io gli dicevo: “Andrò a lavorare, il mio boss vuole che entri nell’esercito” e lui aveva risposto: “È un grande sbaglio: vieni a dormire sul mio divano e a suonare nella punk band che ho fondato”. Per farla breve, suonavamo ogni giovedì in certi club e Taylor veniva sempre. Ero un netturbino che suonava in una punk band e andava in skate ogni giorno e Taylor veniva ai miei show. All’epoca non era ancora Taylor Hawkins; significava molto per noi, ma nessuno sapeva davvero chi fosse. Mi diceva: “Vengo tutte le settimane a vederti suonare la batteria, ne farai di strada ragazzo”. Era così bello avere il supporto di qualcuno che nemmeno conoscevo, parlavamo solo di batteria. Poi, l’anno dopo lui è entrato nei Foo Fighters e io nei blink-182 e ci siamo trovati in Australia insieme. La nostra amicizia ha continuato a crescere e poi, strano a dirsi, la vita ci ha portati a Calabasas, a solo due miglia l’uno dall’altro, perciò ci vedevamo di continuo. Lo vedevo in banca; ci sentivamo via messaggi, oppure mi chiamava casualmente per parlare delle canzoni dei Police, così dal nulla: “Hai mai notato cosa ha fatto Stewart (Copeland) in “The Bed’s Too Big Without You”? Roba da batteristi che solo noi potevamo capire. Perciò è stato dolce e amaro, ma un tributo incredibile.

Cappotto, TOMMY HILFIGER X RICHARD QUEEN; collana, TIFFANY & Co.

«Kelly ed io ci conosciamo da 15 anni e ho seguito tutta la sua carriera. Sono stato come un mentore per lui e lui è come un fratello per me»

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Chiodo e pantaloni, TOMMY HILFIGER X RICHARD QUEEN; collana, TIFFANY & Co.

LOH: L’anno scorso hai annunciato che avresti ripreso a volare. (Nel 2008, Barker era a bordo di un aereo privato che si è schiantato, uccidendo due dei suoi compagni di viaggio e ferendolo, e ha corso il rischio che gli amputassero un piede). Cosa diresti a chi, come te, si trovi a confrontarsi con la stessa paura di volare?
TB: Ero paralizzato all’idea, non potevo nemmeno guardare un aereo. Ricordo quando mia figlia Alabama era piccola, forse cinque o sei anni dopo l’incidente, era andata in gita in un campo di aviazione. Non volevo lasciarla andare da sola, ma dentro di me, dannazione! Non ci volevo proprio andare. Era difficile per lei, perché sapeva cosa mi era successo e nemmeno lei aveva mai volato. Non siamo nemmeno riusciti a entrare nell’aereo; è scappata via urlando e io ero così sconvolto. Avevo deciso: non volerò mai più, non andrò mai in Brasile, o da nessuna parte a meno che la gente non trovi il modo di farmi arrivare lì. Ci mettevo sei giorni ad arrivare a New York con un bus, e dieci giorni da New York a Londra in crociera. Era l’inferno, ma era così. Ero fermo nella mia decisione, molto cool all’idea di non volare di nuovo; mi ero sposato con la musica, contento di passare 20 ore al giorno in studio e poi tornare a casa a dormire. Poi, con una delle mie migliori amiche (Kourtney Kardashian), con cui lavoravo ogni giorno, è successo che ci siamo avvicinati e innamorati. Mi diceva: “Voglio portarti in così tanti posti”, ed era quasi doloroso sentirla perché avevo queste restrizioni – avevo messo delle manette a me stesso. Anche solo sentirmi dire: “Potresti provarci”, mi dava incubi per dei giorni. Poi ho detto: “Se davvero vuoi provare, non dirmelo - avvisami meno di 24 ore prima e vediamo che succede”. Lo ha fatto e ha funzionato. Non penso che l’avrei fatto se non fossi stato innamorato e non mi fossi sentito invincibile. Da allora, ho volato venti volte.

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Cappotto, TOMMY HILFIGER; collane, TIFFANY & Co.; occhiali, THIERRY LASRY.

GROOMING Fabiola
SET DESIGN Romain Goudinoux
PRODUCTION Paul Preiss and Michael Lai
PHOTO ASSISTANT Carly Hildebrant
SET ASSISTANT Katie Binfield
PRODUCTION ASSISTANTS Veasna Jung and Myles Graham

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