“1997: Fashion Big Bang” in mostra al Galliera
Una mostra al Galliera celebra un momento epocale della moda.
Primavera estate 1997: Rei Kawakubo fa sfilare “Body Meets Dress, Dress Meets Body”, collezione controversa, caratterizzata da grossi pads in posizioni anatomicamente improbabili. E Martin Margiela presenta una delle sue collezioni più concettuali e memorabili, ispirata ai manichini d’atelier Stockman. Ma l’anno evocato dalla mostra “1997: Fashion Big Bang” al Galliera di Parigi fino al 16/7, è anche quello del debutto di John Galliano da Dior, e di Alexander McQueen alla haute couture di Givenchy, con “Search for the Golden Fleece”, serie di abiti bianchi e oro con riferimenti alla mitologia classica. Jean-Paul Gaultier firma la prima collezione couture, e Thierry Mugler fa sfilare in un fascio di luce blu Klein le sue Glamazons strizzate in tailleur dalla vita di vespa, con geniali acconciature/insetto firmate Philip Treacy a primavera, seguite in autunno dallo show “Les Chimeres”, che culminerà nell’abito di apertura della mostra “Couturissime”, risultato di due anni di lavoro con Jean-Jacques Urcun, l’artista complice anche della creazione delle armature di metallo alla “Metropolis”, e il re dei corsetti Mr. Pearl. Il ’97 è l’anno shock dell’assassinio di Gianni Versace a South Beach, e dell’apertura di Colette, il concept store che fino alla chiusura nel 2017 rimarrà l’irrinunciabile tappa parigina di chiunque si interessi di moda. Senza dimenticare che Olivier Theyskens esce con la prima collezione, Nicolas Ghesquière prende le redini di Balenciaga, Stella McCartney va da Chloé e Hedi Slimane è nominato direttore creativo del menswear di Saint Laurent.
Alexandre Samson, curatore della mostra, spiega perché tra le collezioni disruptive di Comme des Garçons e Maison Martin Margiela, quelle del ’97 debbano ritenersi più significative. «Nel ’97 Rei Kawakubo causò lo stesso tipo di emozione disruptive che aveva creato nell’82 e ’93, tra attrazione pura e franca repulsione, aprendo una nuova strada non solo agli abiti ma al corpo e ai canoni di bellezza occidentale. Martin Margiela aveva iniziato nove anni prima, ma “Stockman” parla dell’essenza stessa della moda: con la sua creazione in studio realizzò quella che è forse la fantasia di ogni designer, mostrando gli step della creazione invece del capo finito. Raf Simons era al primo show nel gennaio ’97, in luglio il secondo fu “Black Palms”, manifesto non solo in fatto di abbigliamento ma di creazione di un nuovo canone di corpo maschile, alto e sottile, di ragazzi trovati per strada, un tipo di casting che sarebbe poi diventato la norma». Quanto al mutamento nella couture, per Samson si è trattato di «una rinascita come fenomeno mediatico, dominata dall’idea non di vendere abiti, ma un sogno e una visione».