Giotto's Way: l'intervista al fondatore di Handle With Freedom
“Vivere di condivisione” questa è la prima cosa che ti viene in mente quando conosci da vicino l’artista, digital entrepreneur e fashion designer Giotto Calendoli.
Sangue partenopeo, 33 anni, nato sotto il segno dei pesci e fondatore di Handle With Freedom, un marchio nato come contenitore di creatività che propone una linea di abbigliamento, accessori, cappelli, collaborazioni, food experience e una collezione legata all’universo dell’homewear. L'arena di Giotto Calendoli è la sua Bottega, uno studio con una piccola serra in vetro e ferro in cui ospita persone a conoscere da vicino la sua realtà perché come dice lui: «È fondamentale assaggiare, toccare dal vivo, testare in presenza per comprendere al meglio il mio mondo».
L’OFFICIEL ITALIA: Come hai cominciato?
GIOTTO CALENDOLI: Ho cominciato con i social media, ricordo che io e la mia fidanzata eravamo invitati da Roberto Cavalli ad una sfilata e ci hanno fotografati di sorpresa scambiandoci per qualcun altro. Non posso negare che la popolarità sui social abbia aiutato tanto anche il mio lavoro. Poi durante la pandemia abbiamo imparato tutti che la condivisione sia fondamentale e con il mio marchio e contenitore chiamato “Handle With Freedom” ho semplicemente messo in pratica quello che avevo appreso.
LOI: Come mai hai deciso una X rossa come logo di Handle With Freedom?
GC: È un distintivo anonimo, può ricordare anche tutte quelle persone analfabete o che non scrivono che a firmare facevano semplicemente una x e il rosso è un colore passionale che mi rappresenta in pieno.
LOI: Mi dicevi che ti ispiri tantissimo al minimalismo giapponese e al messico. Come mai queste due cose estremamente lontane si accomunano nella tua pratica?
GC: Li ritengo come due cugini di secondo grado. E sí, sono due culture lontane, ma ci sono dei denominatori comuni come l’artigianalità e la manualità che sono valori condivisi. Certo hanno un senso estetico e una visione ben differente, del giappone io amo lo state of mind delle persone e il minimalismo perché io sono l’opposto, disordinato e scombinato, mentre del messico amo la non attenzione al dettaglio e le tradizioni tramandate di generazione in generazione. I messicani sono meno minimalisti e precisi ma hanno sempre un cuore leggero ma creano una estetica di tradizione.
LOI: Meglio la cucina o l’arte?
GC: La cucina, perché è anche una arte. Credo che sia una forma molto più ampia rispetto all’arte fine a sé stessa e si può ritrovare la creatività pura con le combinazioni, utilizzando prodotti tipici, sperimentando con i sapori per creare twist inaspettati e impostando le portate. Parlare di cucina per me significa anche parlare della tavola, dei piatti e tutto ciò che ruota intorno all’homewear è un aspetto importantissimo per me. Ho modellato l’intera collezione di ceramiche “Casa” per questa ragione, una selezione di elementi di design che ruotano intorno alla tavola. Ho utilizzato la mia ironia nell'utilizzo di disegni e nel wording e la mia manualità per modellare la ceramica.
"Cucinare è una meditazione per lasciare il segno con gli altri" Giotto Caledoli
LOI: Mi racconti il tuo progetto “Ritratte Libere” in collaborazione con le donne detenute?
GC: È un progetto nato con il carcere di Pozzuoli, un documentario girato con 10 donne e pensato per raccontare la loro storia. Volevo entrare in punta dei piedi in questa realtà e conoscere queste persone per dare a loro la possibilità di esprimere il loro senso di libertà. Quindi ho dato a loro un foglio bianco, volevo che disegnassero o scrivessero la loro idea di libertà. E sono uscite cose incredibili e i desideri del loro domani pur strizzando l’occhio al loro passato. Ho preso questi disegni e pensieri e li ho stampati su shopper e bandane. Proprio qui è nata l’idea del mio claim “We believe in second chances” che non è basato solamente sul riutilizzo di materiali ma anche a livello umano per celebrare le persone che hanno voglia di riprendere in mano la propria vita.
LOI: Che cosa ti ha insegnato questa esperienza?
GC: Torno con il cuore arricchito di tanti vissuti. È bello aprirsi e conoscere storie nuove. Io inizialmente mi sono sentito come se fossi un forestiero perchè benchè sono partenopeo arrivavo dal nord e vestito con i miei vestiti, mi sentivo gli occhi puntati addosso, ma giorno dopo giorno sono diventato per loro quasi una mascotte e piano piano loro si sono aperte anche sui loro sbagli. Ad oggi la collaborazione continua e le donne sono in continua crescita. È stato bellissimo anche a livello umano. Mi piacerebbe che in futuro queste persone, una volta che saranno uscite dal carcere, continueranno a lavorare insieme a me.
LOI: Come hai cominciato con i ricami?
GC: È nato per caso regalai questa macchina Singer a mio padre che faceva tutt’altro che vestiti e ricami. Durante il periodo di covid con mia mamma è nata questa collaborazione per la linea Mum’s Drop di t-shirt bianche con slogan e ricami. Continuerò a portarla avanti intanto ho smesso di pensare al mio futuro, perché preferisco lasciarmi guidare dalle sinergie e le connessioni per attirare l’evoluzione. L’importante è continuare con quello in cui si crede.
LOI: Come ti descriveresti come persona?
GC: Mi reputo buono, mi piace aiutare e creare connessioni con le persone. Sono un pesci, sento di avere l’animo puro e un cuore. Mi definirei un creativo, o come mi apostrofa mia mamma un cretino, mi sento di essere solare e una persona che vuole vivere la vita in maniera semplice.
LOI: Cosa mi dici a proposito delle tue collaborazioni?
GC: Con Jo Malone, l’abbiamo vissuta come una drop capsule e abbiamo concentrato le nostre keywords sul coraggio e la semplicità. E per l’occasione ho coinvolto mia mamma per analizzare una serie di situazioni poco chiare come la perdita di mio papà durante la pandemia. Abbiamo creato insieme delle shopper e una fragranza intitolata HWF. Siamo partiti con un evento nel mio studio per poi andare nel loro store di Roma. Per Burger King abbiamo creato lo Sheriff Burger e ho creato tutto un merchandising per lo staff, le illustrazioni, l’immaginario western e i claim. In questo caso è stata una sfida rimanere al passo con le regole di questo marchio. Con Modes ho collaborato per le 16 vetrine e un corner per il periodo natalizio, ho pensato tanto al regalo di Natale fatto all’ultimo secondo, claim sul periodo delle feste, ho deciso di reinterpretare il format della letterina di Babbo Natale.
LOI: Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?
GC: Sarebbe stupendo lavorare con Acne Studios, sono stato nell’headquarter e ho conosciuto il modo in cui lavorano e il team, con cui ho avuto un bellissimo feeling perchè sono tutte persone semplici che hanno voglia di collaborare con persone autentiche senza il bisogno di guardare esclusivamente al business. E poi hanno una riconoscibilità non indifferente.
LOI: Qual è l’obiettivo della tua arte?
GC: È continuare su questa strada, creare il mio lab per esprimermi e fare esprimere persone appartenenti alla mia community. Mi piacerebbe avere tutto in house e farlo anche a modo mio con tutte le mie esperienze che ho ricevuto nella vita.
LOI: Qual è la soddisfazione più grande della tua vita?
GC: Sono un eterno insoddisfatto, per questo ti direi quella che deve ancora arrivare, ma a pensarci bene l’essere indipendente con il mio marchio e avere la capacità di attirare collaborazioni. Ma le soddisfazioni umane per me sono le più importanti, perchè i traguardi raggiunti sono spesso dei grandi castelli di sabbia.