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Alla Biennale Arte 2022, il tempo di un caffè Lavazza con Saype, il giramondo

Girovagando in occasione dell’Earth Day fuori e dentro la Biennale Arte, nutrito dal latte dei sogni o dalle visioni di un Coffee Spritz, ho incontrato il land artist Saype, presente a Venezia per la nuova tappa del suo tour Beyond Walls. Alchimista, mago, molto pop con una spruzzata di naïf, innamorato dell'effimero.

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L'artista franco-svizzero Saype @GabrieleNava

D'in su la vetta della Torre dell'Arsenale, Venezia appare come in un volo circolare, distesa e veramente sospesa in un abbraccio tra laguna e cielo, mentre le campane a mezzogiorno si rispondono da un punto all'altro e il campanile di San Marco si specchia in San Giorgio. Un nuovo punto di vista.

Il lavoro di Saype - qui nel più ampio contesto del progetto #EmbracingVenice, sostenuto da Lavazza Group - questa volta ha attraversato i canali della città su un pontone, la chiatta veneziana dove attraccano i vaporetti, come fossero i bordi delle categorie dentro le quali tentiamo di semplificare il pensiero, dimenticandoci che ogni fine di viaggio porta con sé la comprensione di quanto invece siano labili proprio i confini, di come naturalmente fluiamo, dentro e fuori di noi, artefici e vittime degli strumenti con i quali tentiamo di capire il mondo, e che invece creano universi sempre nuovi, preda degli anamorfismi di Anish Kapoor o sparati dal cannone insieme ai wurstel e alle mortadelle insanguinate (“It’s silicone, my dear!” esclama l’austero anglo-pakistano col cappotto di astrakan), in balia della serendipity che ti conduce alle Gallerie proprio davanti alla "Tempesta" di Giorgione, ipnotizzati come coccodrilli dalle luci che pulsano dietro le inferriate di una finestra, affascinati dagli avatar di Max Ernst che si fanno beffe delle differenze di genere (perché dire non-binari non fa che riaffermare ciò che da sempre siamo, di più molto di più), inciampiamo sul ponte nello sgambetto di Calatrava, nelle maliconiche file di Gaber davanti ai musei ammutoliamo di fronte alla apollinea coppia francese che salta la coda con la nonchalance dovuta alle divinità (con BEE "Se sei bello, il mondo è più bello"), seguiamo gialli segnali che dovrebbero portarci a destinazione, e se anche lo fanno è meraviglioso pure perdersi quando rifacendo la stessa strada mandata a memoria basta un particolare per rendersi conto con stupore di quanti mondi siano contenuti nella Grande Matrioska Terra... i muri delle calli allora hanno occhi fluo, dorate corone di spine invitano ad essere attraversate ma tutti ci girano intorno timorosi, e quei corpi celesti dell’artista Rondinone pagano il loro tributo agli umanoidi di James Cameron, precipitano come manichini o volano proprio come rondini? I curators mettono cornici alla realtà e vengono sbeffeggiati su muri che mostrano senza vergogna i segni dell’acqua che sale, all'Harry's Dolci mangi una piccata di vitello e l'Osteria Zanze XVI decostruisce i sapori di Venezia e li rimpiatta decentrandoli in nuove sorprendenti combinazioni, l'alloro esce dalle cucine e diventa stimolo alla riflessione, due ragazze alle Gallerie chine sui display sono investite, incuranti, dal getto di vapore dei condizionatori, immobili come riadattamenti in chiave contemporanea del famoso episodio con Alberto Sordi in visita alla Biennale del 1978, il poster di Barbara Kruger suggerisce di ridere ai visitatori dell’Arsenale, forse sotto le mascherine, e al Padiglione Venezia i vasi soffiati di Murano soffiano a loro volta il colore sugli specchi di Goldschmied & Chiari, mentre Marina Abramović, assente, ruba lo stesso la scena sulla cover di un magazine è arte, alchimia, gioco di prestigio, il pensiero del cervello di un bambino senza età e senza sesso come nell’opera di De Chirico esposta alla mostra “Surrealism and Magic: Enchanted Modernity” al Peggy Guggenheim Museum, un circo come candida rivela l'opera del kossovaro Jakup Ferri in uno dei tanti Padiglioni o il frutto della combinazione di un algoritmo digitale dell’AI come suggeriscono i monitor a Ca’ Corner per il progetto espositivo Human Brains: It Begins with an Idea” della Fondazione Prada... e cosa sogna la signora che dorme, incurante lei e incurante io del politically correct, spiaggiata su un bancale a un soffio dal Ponte dei Sospiri?

L’Arte è ovunque, pure fuori dal FuoriPadiglione. E alla fine di tutto questo correre, girovagare, riempirsi gli occhi, proprio a Venezia, la città che da sempre muore (e il cartello appeso al Mercato di Rialto “VENEZIA È VIVA” non fa che ribadirlo), o con Piranesi si finge decadente, trovi il Grande Rimosso della cultura occidentale propro laddove meno te lo aspetti, nell’energia contagiosa di chi è sempre di passaggio. E come un beffardo genius loci Massimo Cacciari mi porta in soccorso Nietzsche: “Niente è più profondo di ciò che sta in superficie”.

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©Valentin Flauraud for SAYPE
©Valentin Flauraud for SAYPE
©Valentin Flauraud for SAYPE
©Valentin Flauraud for SAYPE
@Gabriele Nava
Osteria Zanze XVI

Chi è dunque Saype? Un artista, un performer, un infermiere che ha vissuto in prima persona l’esperienza della morte altrui (il senso che nemmeno Julian Barnes ha colto, troppo preoccupato della sua di estinzione) e la esorcizza mettendola in scena, un genietto pop figlio di Keith Haring, un alchimista della pigmentazione biodegradabile, un eco-attivista, un pacifista tout court, un ambasciatore del pensiero positivo alla Jovanotti, un gentilissimo gentleman travestito da writer che prima del colore spruzza energia, ottimismo e voglia di vivere? E la land art è una tela che si compra in natura o non è già anch’essa una porzione di territorio che porta in sé indelebili le tracce del passaggio dell’uomo? Il suo progetto itinerante "Beyond Walls" approda alla Biennale Arte 2022, curata da Cecilia Alemani, scorrendo eracliteo sull’acqua. Forse la pioggia di questi ultimi due giorni lo ha già cancellato, i segni riassorbiti dalla terra, quelle mani strette diventate semi che andranno a nutrire un giardino nei pressi della Biennale e un giorno saranno radici. Come nei templi di Angkor Wat non c’è più distinzione tra opera umana e natura, l’abbraccio al dunque diviene a sua volta messaggio.

Da qui, dall'alto della Torre, come solo dall'alto è stato possibile realizzarlo, lo possiamo ammirare. L'opera dell'uomo dialoga con la natura e l'arte semplifica la comprensione e ne realizza l'intima connessione.

Lo incontriamo, una stretta di mano e via, giusto il tempo di un caffè. Senza scordare che sui fondi delle tazzine si può leggere il futuro.

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Per ammirare la gigantesca opera di Saype è stato concesso salire sulla Torre di Porta Nuova dell’Arsenale Nord.

LOH: Come scegli i posti sui quali dipingere?

C'è sempre un grande lavoro di ricerca dietro perché ho bisogno di un terreno che risponda a determinate caratteristiche. A volte però accade per caso. Mi spiego. Mia moglie è turca e io ero molto suggestionato dal fatto che Istanbul è realmente non solo culturalmente ma anche geograficamente un ponte tra due continenti. Quale posto migliore per disegnare dellein mani che si supportano? Bene, ero là per turismo ed è stato un ragazzo del luogo che aveva visto i miei lavori a suggerirmi la posizione più adatta. Che deve essere sempre un luogo che abbia in sé un valore estetico e uno storico. Oltre ad avere determinate proprietà fisiche che siano adatte al mio modo di interagire col paesaggio. 

LOH: La tua storia visiva di artista sembra caratterizzata da questa continua ricerca dell'incontro, della conciliazione, della comunione d'intenti. Il palladiano perfetto accordo con la natura che non rinuncia alla coscienza della storia in quanto sostanza stessa della civiltà.

Quando mi metto al lavoro sono abituato a fare tutto da me, dalla ricerca allo studio del terreno, alle riprese dall'alto con il drone, ai disegni preliminari, all'esecuzione dell'opera. Prima di concepire il progetto parlo sempre con filosofi, esperti di geopolitica, mi incontro con la gente del posto. Ma sempre nell'ottica di entrare in contatto con un territorio, con una cultura, con le persone.

LOH: Nel tuo caso, l'utilizzo della tecnica tramite il drone sembra essere stato decisivo nel determinare il tuo modo di esprimerti nell'arte.

È così! Il mio approccio alla land art nasce in contemporanea con l'arrivo dei droni. Senza il drone non potrei fare quello che faccio, la visione dall'alto è essenziale per l'esecuzione dei miei lavori. È proprio un nuovo punto di vista.

LOH: Il tuo approccio alla land art è totale. Non solo disegni sul territorio, ma utilizzi colori ecologici e la tua arte è effimera per quanto sempre continuamente ritorni proprio come un evento naturale.

Il mio incontro col buddismo è stato decisivo. Non solo a livello concettuale ma anche nell'espressione artistica perseguo il rispetto della natura e sono affascinato dall'effimero. Le mie opere scompaiono, i colori si dissolvono naturalmente, io non lascio tracce.

LOH: C'è molto della concezione dei mandala indiani. Ma tu non sembri interessato alla parte che riguarda la distruzione dell'opera da parte dello stesso artista.

Nel mio processo creativo è la natura che si occupa di distruggere la mia opera. Questo è molto importante per me. È l'erba che ricrescendo cancella il disegno così come è la pioggia che scioglie i colori. Solo in questo modo si esplica veramente il mio rapporto intimo con la natura. Il paesaggio determina il disegno, io dipingo abbracciando il paesaggio e il paesaggio si riappropria di sé stesso.

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La nostra conversazione con Saype alla Torre dell'Arsenale.

"Sono affascinato dall'effimero. Le mie opere scompaiono, i colori si dissolvono naturalmente, io non lascio tracce"

LOH: A proposito di colori, usi prevalentemente il bianco e il nero e le loro nuances. È un fatto semplicemente tecnico perché solo per questi colori hai trovato delle soluzioni completamente ecocompatibili o è una scelta artistica?

Ho bisogno di trovare sul posto la materia che crea i miei colori e la composizione del bianco e del nero è più comune nei suoi elementi: polvere di marmo bianco, carbone e caglio a fare da collante. Per avere altri colori spesso è complicato trovare sul territorio gli elementi dai quali estrarlo.

LOH: In un certo senso possiamo dire che è il colore a determinare l'opera.

Certamente. Come è vero che in certi posti è più facile ottenere colori diversi dal bianco e dal nero e questo finisce per creare la mia ispirazione.

LOH: Trovo interessante anche il fatto che lo spettatore possa camminare sulle tue opere, in un gioco impermanente di tracce sovrapposte. E che parte dell'opera rimanga attaccata alle suole e si sparga poi in altri luoghi.

Mi piace molto questo e spesso mi capita anche di filmarlo. Perché se è vero che le mie opere sono effimere dal punto di vista materiale è anche vero che esse non muoiono mai se rimangono nella memoria di chi le ha viste o nei racconti che queste persone fanno ad altri di ciò che hanno visto.

LOH: Non sei già, paradossalmente, tu legato così alla natura, nel virtuale?

Il virtuale mi interessa molto a livello teorico e nello stesso è un argomento che mi spaventa. Credo che si possano fare cose estremamente originali e dall'altra parte sono preoccupato dalla sostenibilità degli NFT. Come sempre sarà questione di trovare un giusto equilibrio tra opera dell'uomo e natura. Ciò che si consuma nel processo di minting andrà restituito al pianeta in altre forme.

LOH: Nei tuoi disegni sono più spesso presenti i bambini e i nonni e passa il messaggio che sia nello scambio tra queste due generazioni che si perpetuino i valori che fondano le comunità. Gli adulti sono irrimediabilmente perduti?

È vero ma è solo perché un anziano e un bambino semplificano meglio nella loro distanza l'importanza del tramandare un'eredità positiva. Quando un anziano parla a un bambino o lo prende per mano il messaggio passa comunque anche attraverso l'adulto, anche se non è presente nell'opera.

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Biennale Venezia 2022 @GabrieleNava

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