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Daniele Rienzo e Dario Aita raccontano «Parthenope», il nuovo film di Paolo Sorrentino

Napoli e «la giovinezza». Daniele Rienzo e Dario Aita, il fratello e il primo amore della protagonista nel film di Paolo Sorrentino, raccontano l'atmosfera dentro e fuori dal set che potrebbe rappresentare il punto di svolta delle loro carriere.

Dario Aita e Daniele Rienzo in SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO
Dario Aita e Daniele Rienzo in SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO

Text by ALESSANDRO VIAPIANA
Photography JACOPO RAULE
Styling VANESSA BOZZACCHI

Daniele Rienzo, 34 anni, e Dario Aita, 37, sono rispettivamente il fratello e l'eterno innamorato di Celeste Della Porta, la Parthenope protagonista dell'ultimo film di Sorrentino. Dalla nascita negli anni '50 e fino alla vecchiaia, il regista premio Oscar con "La Grande Bellezza" torna a raccontare la sua Napoli, ora attraverso gli occhi di una donna. Agrodolce e malinconico, a tratti spietato, traduce sulla pellicola le emozioni di "Ferito a morte" di La Capria, il romanzo che per molti meglio racconta la Napoli del secondo '900. Tra l'epico e l'annoiato, il teatrale e il cinico, la città «mette in scena se stessa anche in maniera rocambolesca, trasgressiva, sordida», spiega il regista. L'altra faccia della medaglia dell'autobiografico e tenero "È stata la mano di Dio". I tre giovani vivono in maniera simbiotica la loro adolescenza e la loro prima gioventù. Prima fase di un romanzo di formazione che però forse non ha l'obiettivo di formare o indagare alcunché («i miei film sono spesso senza trama, non voglio raccontare per forza qualcosa»), se non le emozioni e in particolare l'amore. Proibito, incestuoso, pudico, passionale, negato.

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Guarda il trailer ufficiale di "Parthenope", il nuovo film di Paolo Sorrentino

Daniele Rienzo

LOI: Come ti sei approcciato alla recitazione?
DR: Ero al mare a Sabaudia, vidi questi attori che recitavano e mi sembrava stessero come dentro ad una bolla, erano bellissimi. Mi dissi che volevo fare la stessa cosa.  

LOI: Cos’è successo poi?
DR: Mi sono iscritto al Centro Sperimentale di Roma.

LOI: Tu sei di lì?
DR: No, io sono di Napoli, ma vivo da tantissimo tempo a Roma.

LOI: Hai completamente perso l’accento napoletano che è stupendo!
DR: In realtà dipende con chi sto parlando e che confidenza ho con chi ho di fronte, e anche di cosa sto parlando. Però è vero il mio accento fa un po' quello che vuole.

LOI: Giustamente, sei un attore…
DR: Esatto. Non sono nessuno!

LOI: Come sei entrato nel cast di "Parthenope"?
DR: Ho fatto vari provini con Paolo, ci siamo piaciuti e mi ha preso.

LOI: Tutto così lineare?
DR: No, in realtà stava per saltare tutto. Lo stesso giorno dell’ultimo provino avrei dovuto girare la scena finale di una serie a Napoli, “Uonderbois” (regia di Andrea De Sica, in uscita prossimamente su Disney+, ndr), con duecento comparse. Una cosa abbastanza non rinviabile. Quando ormai sembrava che non riuscissi a liberarmi, la produzione mi liberò dall’impegno perché il regista si era ammalato e così riuscii ad andare a Roma da Paolo.

LOI: Come andò l’ultimo provino?
DR: Arrivato a Roma ho scoperto che non lo era. Era solamente un incontro con Paolo che ci mi disse di avermi preso. Ebbi una specie di paralisi emozionale. E probabilmente lo ebbe anche Dario, che era lì con me, tanto che Paolo ci disse: “ma  siete contenti o no?”. Abbiamo camminato due o tre chilometri senza meta per smaltire la notizia…

LOI: Quanto sono durate le riprese?
DR: Tre mesi tondi, a partire da fine maggio di quell'anno.

LOI: Com’è lavorare con Sorrentino?
DR: Lavorare con Paolo significa immergersi completamente nel suo mondo. Fisicamente e psicologicamente. È un vulcano di idee. Si dice che i napoletani siano pigri, ma in realtà la cosa bella di lavorare a Napoli (ancor più essendoci nato), è che, sebbene si rida, si scherzi, si arrivi sempre in ritardo, quando si lavora, si lavora molto.

LOI: Ti sei rivisto?
DR: A Cannes! Ho pianto per 20 minuti, me ne sono andato... Paolo mi ha chiamato e mi ha chiesto “ma scusa, ma non mi ha neanche detto niente del film, se ti è piaciuto”. Mi è piaciuto molto ma anche in quel momento non riuscivo a capacitarmi di quello che stava succedendo.

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Daniele Rienzo in SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO

LOI: Com’è stato il red carpet a Cannes?
DR: Non mi era mai capitato niente di simile. Mi ero un po' promesso di andare a un festival prima o poi, non mi aspettavo Cannes. Come prima volta ho un po' esagerato! È stato emozionante ma anche una festa, dove ho potuto reincontrare Paolo, Dario, Celeste Dalla Porta, Stefania Sandrelli, Gary Oldman.

LOI: A Cannes eri elegantissimo in smoking, qual è il tuo outfit preferito?
DR: Il pigiama. Bisognerebbe sdoganarlo di più.

LOI: Com’è stato condividere il set con Gary Oldman?
DR: È un artista straordinario, non uso la parola artista a vanvera come si fa troppo spesso. Nel film recitiamo in un paio di scene insieme, è una persona che sacrifica tutto per questo lavoro, mi ha veramente insegnato molto.

LOI: Chi è Raimondo, il personaggio che interpreti nel film?
DR: È il fratello di Partenope. La parte un po' più ribelle, anarchica, della famiglia. Volente o nolente si ritrova ad essere fuori dal coro. È una figura enigmatica e sfuggente.

LOI: In tutto il film c’è un grande senso di malinconia…
DR: La malinconia è rivoluzionaria. Ci lega al passato e ci insegna a vedere in modo differente il futuro.

LOI: Nella tua vita ti dividi tra recitazione e musica.
DR: È nato tutto insieme e per me le due cose sono indissolubili. Ho iniziato a suonare la chitarra a 17 anni, sul finire della scuola. Papà ascoltava i Beatles. A Napoli dove la musica della mia città è sacra, intoccabile, questa cosa mi ha salvato, mi ha regalato un punto di vista diverso dal tradizionale. Se non riesco a capire qualcosa sul set, lo cerco di capire tramite le frequenze, tramite la musica. Ho un gruppo che si chiama “Bravodemian”, tutto attaccato, che prende il nome da un romanzo di Hermann Hesse.

LOI: Che musica fate?
DR: Dallo sperimentale al post-rock fino al new wave, in napoletano e in inglese.

LOI: Cosa pensi della colonna sonora di "Parthenope"?
DR: Molto bella. Le uniche domande che mi sono permesso di fare a Paolo riguardo al film erano proprio sulla parte musicale. Al cinema è necessaria quasi quanto una buona sceneggiatura.

LOI: C'è un brano che ti piace in particolare?
DR: Una canzone di Cocciante che si chiama “Era già tutto previsto”. L’ho trovata perfetta per la scena in cui Paolo ha deciso di farla passare.

LOI: Prossimi progetti?
DR: Per ora sto suonando, il lavoro su questo film è stato molto intenso. Mi sono fermato per ricaricarmi. Credo non si debba spremere troppo la propria creatività. Rischia di esaurirsi. 

Dario Aita

L'OFFICIEL HOMMES ITALIA: Come si chiama il tuo personaggio?
DARIO AITA: Sandrino. E molto in sintesi è un amico, ma potremmo definirlo anche il primo amore di Partenope.

LOHI: Hai rivisto la tua interpretazione?
DA: Ho avuto la tentazione di scappare, ma sì. Eravamo a Cannes e non potevo fuggire.

LOHI: Il tuo primo ruolo?
DA: La prima volta in assoluto è stata alle elementari, ero l'arcangelo Gabriele nella recita di Natale. Ho cominciato a fare teatro durante gli anni del liceo in maniera abbastanza spontanea, senza troppe forzature. Mi piaceva molto il cinema, avrei voluto fare il regista ma poi sono stato risucchiato dal vortice della recitazione.

LOHI: E ci sei ancora dentro?
DA: Si, fino al collo.

LOHI: La prima volta in un film importante?
DA: Fu ne "La Prima Linea" di Renato De Maria, con Scamarcio e Mezzogiorno come protagonisti. In quegli anni ero molto impegnato politicamente e il film racconta una storia legata intimamente con quella recente del nostro Paese. Fu un'esperienza assolutamente sorprendente, ero al primo anno della scuola di recitazione e credevo bisognasse avere chissà quali santi in paradiso, fare chissà quali carte false per potere arrivare a un film del genere.

LOI: Ti piaceva Sorrentino prima di lavorarci insieme?
DA: Sono un suo grandissimo fan, ho visto e rivisto “La Grande Bellezza”, credo almeno tre volte al cinema. E poi ancora. Scoprire di poter lavorare insieme è stata una sorpresa eccezionale.

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Dario Aita in SAINT LAURENT BY ANTHONY VACCARELLO

LOI: E con gli altri attori del cast che rapporto hai stabilito?
DA: Paolo fin dall'inizio ci ha chiesto di frequentarci, per conoscerci più a fondo. Ovviamente con il giusto equilibrio. Nel mio lavoro è tutto un gioco di giusti contrappesi. Devi cercare di instaurare un rapporto allo stesso tempo molto profondo, ma anche molto distaccato, che non intacchi la ricerca del personaggio che devi riportare sullo schermo. E nel ricercare questo obiettivo siamo stati devo dire molto bravi, soprattutto io, Daniele e Celeste. E poi abbiamo passato momenti indimenticabili insieme sia a Napoli che a Capri...

LOI: I più belli?
DA: Svegliarsi alle tre del mattino per essere sul set all’alba e poter sfruttare la luce particolare che si può trovare solo a quell’ora.  È la parte più faticosa, ma ritrovarsi in una Capri deserta diretti da Sorrentino è un’esperienza che non capita tutti i giorni.

LOI: Sorrentino che regista è?
DA: Ha fatto di tutto per metterci a nostro agio fin dall'inizio. Dalle pizze insieme agli scambi dialettici durante le prove e poi sul set. È stato molto stimolante.

LOI: Come definiresti questo film?
DA: Il vero protagonista di "Parthenope" sono le emozioni. Che nel percorso di vita della protagonista cambiano, crescendo insieme ad essa.

LOI: Insieme a Daniele Rienzo siete stati ospiti all’ultima sfilata di Saint Laurent a Parigi – la maison francese ha co-prodotto il film -, hai uno stile che prediligi?
DA: I miei look sono una contaminazione incredibile. In questo momento ho addosso una canotta bianca e sopra una camicia nera un po’ oversize, pantaloni dal taglio largo con un stivaletto a punta. Un po’ Saint Laurent, un po’ indie. 

PHOTO CREDITS Jacopo Raule via Getty Images

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