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Lo chef Massimo Bottura racconta il libro “Slow Food Fast Cars”

La passione per le macchine, i vinili, larte contemporanea e la cucina. Con il libro “Slow Food Fast Cars” siamo ospiti dello chef e di sua moglie a Casa Maria Luigia, tra le querce e il silenzio della campagna modenese. 

Massimo Bottura, foto di Michael Gardenia (Fusillo Lab).
Massimo Bottura, foto di Michael Gardenia (Fusillo Lab).

È una dimensione intima e personale tra ricordi, aneddoti e ricette, quella raccontata in prima persona da Massimo Bottura, sua moglie Lara Gilmore e la chef Jessica Rosval in “Slow Food Fast Cars” libro edito da Phaidon/L’Ippocampo. Ambientata a dieci minuti d’auto da via Stella - dov’è l’Osteria Francescana, tre stelle Michelin e per due volte miglior Ristorante per la “The World’s 50 Best Restaurant” - Casa Maria Luigia è una villa nella campagna di Modena, ricca di arte contemporanea, musica, design e motori. E per il Financial Times il miglior BB al mondo.

L'OFFICIEL HOMMES ITALIA: Ricordo da una precedente chiacchierata, la frase: “Se crescevi a Modena, quando sono cresciuto io, avevi nel DNA il Parmigiano Reggiano e l’aceto Balsamico, nelle orecchie il suono meraviglioso delle 8 e 12 cilindri”. Un concetto che troviamo in “Slow Food, Fast Cars”?
MASSIMO BOTTURA: I miei muscoli li devo al Parmigiano Reggiano, un formaggio che deve stagionare come minimo due anni, quello di Rosola arriva anche a tre...  e nelle mie vene scorre l’aceto Balsamico, che tarda anche 25 anni, perché deve affinarsi, trovare il giusto bilanciamento. E sono cresciuto in una provincia fatta di competizione sana, ascoltando il rumore dei 6 e gli 8 cilindri; a Sant’Agata i 10 cilindri... soprattutto i 12 che sono parte della mia vita, del mio DNA. Mi ricordo quando marinavo la scuola con gli amici per vedere le 350 o 500 all’autodromo, oppure la Formula 1.

LOHI: Quali macchine ti trasmettono più emozioni?
MB: Crescendo in questa zona, le auto veloci: in 35 km hai Lamborghini, Pagani, Maserati e Ferrari e ora c’è la CPC un’azienda unica al mondo che lavora con il carbonio per Mc Laren, Lotus e Google. Il senso di competizione e la velocità nel pensiero fanno parte anche del mio modo di approcciarmi alla vita e alla cucina.

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Nella prima foto: Casa Maria Luigia, foto di Marco Poderi. Nella seconda foto: salotto foto Stefano Scatà. Nella terza foto: una immagine della colazione.

LOHI: Quali caratteristiche devono avere per far parte della collezione ospitata nel Playground di Casa Maria Luigia?
MB: Nel Playground ci sono la Mistral Maserati che aveva mio papà, la Testa Rossa comprata da mio fratello, che poco dopo è morto di tumore. Ma anche la Ferrari SF 90 che Elkann mi ha fatto firmare; sono auto che fanno parte della mia vita, tutte posteriori al 1962 (anno di nascita dello chef). E c’è la Lamborghini Oops, ispirato dal celebre piatto “Oops, mi è caduta la crostatina di limone”, un’auto personalizzata e dedicata all’ultimo titolo della “The World’s 50 Best Restaurant” (poi hanno escluso dalla competizione i vincitori delle passate edizioni).

LOHI: Un’altra tua passione è la musica, è vero che la prima stanza ad essere progettata è stata quella che contiene i vinili?
MB: Questo è il racconto di Lara (Gilmore)…  In realtà non avevo ancora detto nulla a mia moglie. Ti spiego: in Francescana arrivano un sacco di cose. Un giorno, out of the blue, tra le cose in ufficio vedo un catalogo, con elencati dischi, case discografiche, anni. Sono letteralmente impazzito, c’erano tra le più belle incisioni di musica jazz. L’aveva lasciato la moglie di un appassionato, dopo avermi sentito dire in tv che amavo la musica jazz e i vinili; invece di venderla all’estero le sarebbe piaciuto rimanesse a Modena. Sono andato a casa sua, ho riempito l’auto e li ho portati in uno storage. La settimana dopo il tribunale ci ha aggiudicato all’asta Casa Maria Luigia. Quando ho visto la libreria, color verde salvia, un colore a noi caro, ho pensato: “è perfetta per i nostri dischi… ma con Lara sono rimasto sul vago… non potevo dirle subito cosa avevo comprato (non posso dirle che sto ancora comprando vinili...). Ma desideravo che Casa Maria Luigia (trasformata per l’ospitalità, nda) fosse come casa nostra a Modena, dove ho una stanza con  trentaduemila vinili, mi rifugio lì per decomprimere l’adrenalina dopo il servizio; e voglio che anche i nostri ospiti lo possano fare. 

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Alcune foto tratte dal libro "Slow Food Fast Cars" edito da Phaidon/L'Ippocampo, foto di Michael Gardenia (Fusillo Lab).

LOHI: E poi c’è l’arte contemporanea, che è protagonista in tutta la proprietà. Quali i pezzi a cui sei più legato? Tua moglie fa un paragone tra l’opera di Ai Weiwei e la tua cucina… Ci spieghi?
MB: Difficile scegliere. Sicuramente il trittico di Ai Weiwei dove l’artista rompe un vaso di 2000 anni fa. È qualcosa di straordinario, non per prendere le distanze dalla storia ma, come faccio io in cucina - in chiave critica e mai nostalgica -, rompe con il passato per costruire il futuro. E sono legato anche all’opera dell’artista Mick Bidio, Not-Jacson Pollock, che si trova ne Il Gatto Verde. Avevo visto una sua mostra a Modena, e mi ha ispirato per il nostro nuovo ristorante “Not-barbeque” guidato dalla chef Jessica Raval, che ha studiato il barbeque dopo aver avuto dieci anni di esperienza nel nostro tre stelle Michelin...

LOHI: Quale e quante cucine ha Casa Maria Luigia, a parte quella di casa aperta per gli ospiti?
MB: Il Gatto verde (appena aperto, nda), nella corte recuperata tra la vecchia acetaia e le vecchie stalle, un posto magnifico. Lo abbiamo creato in previsione di dieci nuove camere, che saranno pronte verso maggio. C’è poi l’Osteria Francescana di Casa Maria Luigia dove si trovano solo i piatti iconici, e dove gli ospiti condividono il tavolo. In un mondo dove tutti si perdono nei telefonini qui fanno una cosa all’avanguardia: parlano con chi non conosco. La condivisione è un approccio alla vita in cui noi crediamo, vedi anche progetti come Food for Soul (progetto per aiutare le persone in difficoltà e contro lo spreco di cibo).

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Alcune foto tratte dal libro "Slow Food Fast Cars" edito da Phaidon/L'Ippocampo, foto di Michael Gardenia (Fusillo Lab).


LOHI: E poi c’è la “colazione”, che ogni giorno ricorda le portate del Natale in famiglia.
MB: Il primo passo è stato creare il barbeque. Poi ho detto a Jessica: “fondamentale per Casa Maria Luigia, che ha il nome di mia mamma, è creare una colazione unica”, e ho pensato a quanto preparava mia nonna il giorno di Natale, una colazione che era di famiglia. Non era una grande cuoca, e al contrario di mia mamma che amava cucinare, lei doveva… però a Natale faceva una colazione pazzesca, cuoceva tutto nel forno a legna, e tutta la famiglia trascorreva la giornata in cucina. 

LOHI:Nel giardino, tra l’orto e la campagna, c’è lo striscione “Difesa della Natura” di Joseph Beuys. Cosa si può fare per la natura, e per chi la lavora, spesso artigiani del cibo?
MB: Dico sempre che l’Osteria Francescana e pochi altri ristoranti nel mondo sono come delle botteghe rinascimentali, che fanno cultura, e sono diventati espressione di turismo enogastronomico, ambasciatori e difensori dell’agricoltura. Noi abbiamo rapporti con i nostri contadini, casari, agricoltori, pescatori, lavoriamo con persone che rispettiamo e amiamo, e che ci permettono di trasmettere le emozioni in ogni piatto. Persone che credono nel bello, pulito e giusto (anche giusto prezzo), principi che sono di Slow Food a cui è anche dedicata anche una parte del libro. E poi ci impegnamo nel sociale, con Roots, Tortellante, Food for Soul, è quello che deve essere fatto dalla ristorazione di alto livello.

LOHI: Dove risiede l’incanto nel paesaggio attorno a Modena? Le querce, le nebbie, il silenzio…
MB: La nebbia. Era da tanto tempo che non avevamo una nebbia così fitta e meravigliosa. Ti svegli, guardi fuori, vedi la campagna ma in realtà non vedi niente, solo una coltre bianca, la nebbia per me rappresenta il sogno.

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