Pensando al futuro con Carolina Cucinelli
Brunello Cucinelli, semplice ma geniale, ha fondato la sua azienda a venticinque anni con un’idea: colorare il cashmere per rivoluzionare il mercato. Insieme alla moglie Federica Benda costruisce nel tempo un’impresa atipica, per come presta attenzione alle donne e agli uomini che ne fanno parte, ben prima che nel mondo si inizi a par- lare di responsabilità sociale. Alla coppia nascono due figlie, Camilla oggi trentanovenne impegnata nell’ufficio stile donna del marchio. E Carolina, trent’anni il prossimo febbraio, di cui gli ultimi undici passati a fare esperienza nel quartier generale di Solomeo, il borgo che Cucinelli ha progressivamente rianimato, spostando lì la sua attività produttiva e tutelando l’architettura e la natura circostante. Camilla è schiva, tanto ama il suo lavoro quanto preferisce non apparire. Carolina invece sente che ha un compito: stare il più possibile al fianco del padre, assorbirne il carisma, prepararsi al giorno in cui toccherà a lei rappresentare al meglio i suoi valori.
Di te sappiamo ancora poco. Come ti descriveresti?
Amo la moda e sono una grande appassionata d’arte. Dopo il diploma ero molto indecisa sulla strada da prendere, finché papà mi ha proposto di “fare università” in azienda, imparando tutte le diverse fasi della lavorazione. Per i primi cinque anni ho seguito i diversi momenti produttivi, dall’approvvigionamento dei materiali, ad assistente al campionario, poi mi sono formata sul fronte dei macchinari per la maglieria e ho impa- rato a riconoscere i filati, a capire i micron del cashmere. Dopo è stata la volta della comunicazione retail digitale, dove ho realizzato come veniva raccontato il prodotto. Oggi non ho un job title, di quelli che ti spiegano subito chi hai di fronte, in sostan- za affianco mio padre, lo aiuto a trasmettere la filosofia del marchio, a dialogare con i clienti. Ci confrontiamo sul futuro dell’azienda e insieme ragioniamo su come impostare il domani di questa realtà.
Tuo padre ha un carattere forte, come ti trovi a lavorare con lui?
Non è semplice, papà spesso segue un filo conduttore interno che è chiarissimo solo a lui. È molto esigente, forse con noi figlie lo è anche di più e questo all’inizio è stato un po’ traumatico. Sul lavoro ci ha sempre detto di considerarci come tutti gli altri, di imparare a prenderci delle responsabilità, un atteggiamento a mio avviso giustissimo, sebbene a volte mi abbia messa in soggezione. Oggi credo di avere trovato un buon equilibrio con lui e la sua vicinanza mi spinge a voler fare sempre qualcosa in più.
Qual è lʼinsegnamento più impor- tante che ti ha trasmesso?
A osservare le persone che ci circondano e a capirne le necessità. C’è chi è in difficoltà o chi invece ha solo bisogno di una parola di incoraggiamento per partire con un progetto. Lui sa dare attenzione agli altri e a dimostrare loro rispetto.
Insomma non ha nemmeno un difetto?
È specializzato nel prendersi il merito di intuizioni mie! L’estate scorsa mi ero impegnata nell’organizzare un cinema all’aperto a Solomeo e lui subito si era dichiarato contrario, perché cercava un po’ di tranquillità e sapeva che poi il pubblico avrebbe voluto salutarlo e magari fare una foto insieme. Io però ho insistito e allora lui ha chiesto di avere ogni sera una sedia riservata. L’iniziativa è andata benissimo, tutti si complimentavano per l’idea e lui serafico ringraziava, come se davvero fosse stata sua. A me ha fatto simpatia, in fondo era il suo modo di dimostrarmi che avevo ragione io.
Che cosa sogni per il tuo futuro?
Non è facile dirlo ad alta voce, perché a volte mi prende la paura di non essere all’altezza. Quello che davvero vorrei è trovarmi qui tra dieci anni come un punto di riferimento, una guida per chi ci lavorerà. Sono nata e cresciuta in questa azienda, la sento parte di me. Quando Camilla ed io eravamo piccole, papà era spesso in viaggio ed è stata mamma il vero pilastro portante della famiglia, perché lei c’era sempre. Mia madre è una fonte di ispirazione e proprio come lei, io voglio esserci sempre, non per alimentare il mio ego, ma per dare supporto agli altri.
Tu hai un figlio, Brando, di quattro mesi. Se dovessi scrivere oggi una lettera da fargli leggere quando avrà 18 anni, cosa gli diresti?
Di non avere paura, di buttarsi a capofitto nella vita senza temere il giudizio altrui. Di imparare a distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, perché quando senti che ti stai muovendo in linea con i tuoi principi, allora quello è il momento di tirare dritto per la tua strada. Di avere rispetto per gli altri, condizione fondamentale per poterlo a tua volta ri- cevere ed essere credibile. E di non pensare mai che sia troppo tardi per fare ciò che ti rende felice.
Photographer Raffaele Grosso
Stylist Marco de Lucia