Beauty

I profumi dal savoir-faire italiano

L'italianità delle fragranze gioca tra ritorno al rigore qualitativo del passato, esaltazione delle materie prime e psicologia dell’olfatto.

Non è solo Hedi Slimane da Celine a sottolineare la necessità di un ritorno al savoir faire, all’eccellenza, meglio, al rigore qualitativo della profumeria del passato. Distanziandosi dalla banalità commerciale di innumerevoli fragranze praticamente indistinguibili l’una dall’altra, destinate a una brevissima shelf life. Fragranze che sono l’equivalente olfattivo della fast fashion anche se spesso portano nomi prestigiosi. Come Slimane, anche Acqua di Parma si rifà alla tradizione aurea della profumeria, e non potrebbe essere altrimenti vista la sua storia: il brand fondato nel 1916 aveva raggiunto l’apice della notorietà negli anni ’50, quando contava tra i suoi addicts Ava Gardner, David Niven, Cary Grant e Audrey Hepburn. Negli anni ’90 sembrava destinato a scomparire, prima di essere salvato da Luca di Montezemolo, Diego Della Valle e Paolo Borgomanero, uniti nel passion project di poter continuare a utilizzare la loro colonia favorita. Entrato successivamente nel gruppo LVMH, Acqua di Parma rimane ancorato al suo stile italiano anche quando si spinge oltre i confini del Mediterraneo, come nel caso della collezione Signatues of the Sun, che reinterpreta la colonia originale facendola reagire a una serie di materie prime esotiche. Così Vaniglia esalta la nota gourmande nella sua varietà più preziosa, quella del Madagascar, facendola precedere da bergamotto, mandarino e neroli, per farla emergere nel cuore stesso del profumo insieme all’eliotropio e al gelsomino sambac, e completarne la rotondità olfattiva con un fondo di legno di cedro e musk. Parla di nostalgia per la profumeria del passato, una profumeria immaginifica e altamente creativa, Daniela Andrier, autrice di quasi tutte le fragranze di Prada fin dal 2003, a partire dal cofanetto “confidenziale”, venduto solo nelle boutiques, con Iris, Oeillet, Cuir Ambre e Fleur d’Oranger. Con Babylon (Prada Olfactories, serie Les Mirages) Andrier firma un orientale a base di legno di sandalo, cisto e ambra sontuoso e contemporaneo. È un profumo dal preciso target generazionale Signorina Ribelle, ultimo episodio della franchise Ferragamo inaugurata nel 2011 con il primo Signorina. Il flacone fucsia acceso racchiude una fragranza dal cuore extra dolce di frangipani, ylang ylang e gelsomino, con un fondo goloso di latte di cocco e gelato alla vaniglia. Contemporaneamente la casa fiorentina ha lanciato, in edizione limitata, una riedizione (firmata da Sophie Labbé come Signorina Ribelle), di Gilio, il primissimo profumo Ferragamo creato nel 1960, quando c’era ancora Salvatore. Profumo elegante e nostalgico per definizione, nato dall’incontro dell’assoluta di orris (la radice del giglio) con angelica, gelsomino, sandalo e vetiver. Anche il flacone ricorda l’originale: con la differenza che all’epoca era firmato Baccarat, e oggi, per un surplus di italianità, esce dalle fornaci di Venini. Sophie Labbé è autrice anche di Splendida Tubereuse Mystique, di Bulgari, interpretazione che del fiore esalta l’aspetto più cremoso e cipriato sia attraverso un’esclusiva raccolta notturna, quando la tuberosa sprigiona le sue note più voluttuose, che grazie al mix con essenza di davana, assoluta di vaniglia e ambra. Doveva essere invece un fiore non facilmente identificabile il protagonista del profumo chiesto da Alessandro Michele di Gucci al naso Alberto Morillas. Un’essenza filtrata dalla memoria, a partire dalla camomilla romana che cresce spontanea nei giardini della capitale. Mémoire D’une Odeur nasce dall’incontro di quest’ultima con il gelsomino corallo indiano, fiore nazionale del Bengala e nota esclusiva Gucci, per poi espandersi in un sillage di muschi e legni, cedro e sandalo. Gioca sulla sua doppia identità italiana e giapponese Costume National, il brand fondato da Ennio Capasa (nato a Lecce, studente all’Accademia di Belle Arti a Brera e formatosi a Tokyo da Yohji Yamamoto), oggi di proprietà giapponese, lanciando insieme due profumi, I e J. Se I si ispira al cuoio toscano, J è un floreale muschiato con un cuore costruito attorno al fiore di sakura, all’assoluta di fiore d’arancio e alla rosa e un fondo di polvere di riso firmato da Fanny Bal, allieva di un grande maestro della profumeria, Dominique Ropion.

Articoli consigliati