Il genio sta nella sintesi
Foto Roberta Krasnig
Roberto Giacobbo si vede come «un trasportatore di cultura e di sapere», anzi, aggiunge, «ho la ferma convinzione che la divulgazione debba sempre andare incontro alle persone e mettersi al loro servizio, mai farsi rincorrere o, peggio, fuggire».
Ha anche coniato un piccolo aforisma che vale come regola aurea del suo ruolo di giornalista televisivo (ora su Rete 4 con un nuovo format, “Freedom - Oltre il Confine”). «Parlo come vorrei ascoltare», spiega. Non a caso, di recente, è stato invitato a tenere una lezione alla Sorbona di Parigi a professori e dottorandi. «Conoscevano i miei programmi televisivi e mi hanno chiesto un intervento su come semplificare l’esposizione di contenuti storici di natura complessa agli studenti», precisa con una punta di legittimo orgoglio. Proprio nella continua ricerca di semplicità e di chiarezza è forte la tentazione di leggere una delle ragioni della fascinazione di Giacobbo nei confronti di Leonardo da Vinci, quest’anno al centro di molte e importanti celebrazioni in occasione dei 500 anni dalla sua morte. «Io m’innamoro dell’intelligenza», confessa e continua: «Leonardo brillava prima di tutto nella sua spontaneità. La sua forza risiedeva nel fatto che riuscisse a farsi capire da tutti, dai bambini agli scienziati, perché la soluzione che trovava a un problema (che fosse il funzionamento di una macchina da guerra o il modo di dipingere un volto) era immediatamente chiara e comprensibile per chiunque». Ma Giacobbo è prima di tutto affascinato dalla normalità quotidiana del genio leonardesco, «perché Da Vinci va giustamente anche collocato nel suo tempo, l’uomo dietro l’artista e il genio, in un contesto come quello cinquecentesco molto diverso da quello di oggi, dove è più facile essere creativi in un ambiente confortevole e con tante possibilità, innanzitutto tecnologiche. Eppure lui riusciva a superare tutte le difficoltà ambientali. Con grazia e leggerezza, perché la sua intelligenza si manifestava anche nelle relazioni con il prossimo. Al padre priore che gli metteva fretta per concludere “L’Ultima Cena” rispose ironico che, per essere più rapido, avrebbe dato a Giuda le fattezze del priore stesso. Questo è uno dei tanti motivi che ricorda quanto Leonardo Da Vinci sia ancora a noi molto prossimo da una parte; dall’altra ci rammenta quanto invece ci abbia preceduto non solo in tante scoperte scientifiche, ma anche rispetto alla vita di tutti i giorni.
«C’è una sua lettera scritta a Ludovico il Moro, signore di Milano, che noi conosciamo solo nella minuta, nella brutta insomma, dove, in una sola facciata, sintetico ed efficacissimo, Da Vinci stila un vero e proprio curriculum vitae, per punti, dando ampio spazio (dal momento che sta parlando a un condottiero militare), alla sua capacità di costruire macchine belliche, ma, trovando anche il modo, di proporsi come artista». Eppure, oggi, diversi romanzi di successo mondiale e serie televisive fantastoriche descrivono un Da Vinci esoterico, misterioso, quasi soprannaturale. «Ci sono tanti luoghi comuni, esagerati ed estremizzati, come il fatto che scrivesse da destra a sinistra. Lo faceva perché scriveva per sé, non per essere letto. Il famoso “Codice Atlantico”, di fatto, consisteva in una raccolta di pagine di appunti. Ma anche qui», spiega Giacobbo, «quando non voleva farsi capire, era geniale. Il suo progetto di una sorta di robot ante litteram da collocare sulle mura delle città in modo da simulare la presenza di molti più soldati di quelli davvero presenti era scritto su tanti piccoli fogli di carta, che solo lui era in grado di rimettere insieme correttamente». Il 2019 è l’anno di Leonardo, occasione perfetta per tornare a frequentarlo, anche per Giacobbo, che pure l’ha già raccontato in due libri, uno “Leonardo da Vinci grande genio”, edito da Giunti, rivolto ai bambini e l’altro “Il segreto di Leonardo - Sulle tracce di Maria”, per Rizzoli, una lettura per adulti, a dimostrare la ricchezza di approcci che la sua figura può ispirare e consentire.
«Leonardo, che è ancora oggi l’italiano più conosciuto al mondo, è anche un brand culturale», ammette Giacobbo: «spesso sfruttato all’estero più che da noi, ovviamente con le semplificazioni e le banalizzazioni del caso. Bisognerebbe invece riportarlo alla verità storica del suo tempo. Come abbiamo fatto anche girando la prima puntata del nuovo ciclo di “Freedom - Oltre il Confine” (in onda a maggio), dove l’emozione di essere di fronte al “Cenacolo” e di sfiorare le pagine scritte di suo pugno è stata fortissima».
E sul fatto che lo scienziato-artista possa essere ancora un modello per noi, Giacobbo ha pochi dubbi, nel restituirci una figura dall’altissimo profilo. «Quello che ci lascia come eredità è tantissimo», conclude. «Innanzitutto, il fatto di mettere il suo genio al servizio di tutti, cercando soluzioni ai problemi della collettività, senza pensare al proprio tornaconto. Inoltre, la sua capacità di continuare a parlarci attraverso le sue opere, ricche di messaggi nascosti, molti dei quali ancora indecifrati, come quel “Cenacolo” che è quasi un film in un solo fotogramma. Infine, non meno straordinaria, la riservatezza sulla propria vita privata, tormentata da una sottile malinconia di fondo, che emerge bene nel suo celebre autoritratto».