Pop culture

Perché tutti vorremmo (dovremmo) essere un po’ Mercoledì Addams.

Va bene. Lo sappiamo. Il Mercoledì di Tim Burton, non è molto Burtiano. Manca il tocco gotico e delicatamente oscuro a cui siamo abituati, quella tensione fiabesco/grottesca che ci lascia a bocca aperta, ogni volta che guardiamo un suo film. Eppure in Mercoledì, c’è tutto il Burton della solitudine e dell’emarginazione e la sua totale devozione per il maestro dell’Horror letterario Edgar Allan Poe. 

Nell'immagine: Jenna Ortega in Mercoledì via @netflixit
Jenna Ortega in Mercoledì via @netflixit

Mercoledì è uscito in streaming il 23 novembre 2022 su Netflix. Che non fosse totalmente Tim Burton, si evinceva già dalla locandina promozionale. Niente di strabiliante come Alice nel paese delle Meraviglie, niente fuori dagli schemi come Edward Mani di Forbici (1990), avanguardista come Mars Attacks! (1996) o quel piccolo capolavoro animato della Sposa Cadavere (2005). 

 

Guardando Mercoledì, interpretata da Jenna Ortega,  non si può non simpatizzare per gli inetti. Di episodio in episodio si sviluppa un senso di empatia per la ragazzina in bianco e nero ed i suoi compagni emarginati. Da Eugenee, il paffuto con l’apparecchio amico delle api a Enid, il mancato licantropo dalle unghie arcobaleno, i quali incarnano il ruolo-cliché degli inadeguati tra gli inadeguati. I problematici, gli indesiderata,  gli ancor più diversi, “strani” (in accezione negativa) in una micro-realtà in cui la stranezza è plus-valore. Il tocco di Burton nella serie Netflix non risiede tanto nell’estetica visuale o nel suo caratteristico uso del colore, questa volta decisamente più piatto, quanto nel suo onnipresente senso d’inquietudine. Un velo angosciante che accompagna Mercoledì nel passaggio tra i “vecchi” valori, a cui è radicata, verso i “nuovi”, non ancora ben delineati, con cui dovrà fare i conti. Un età di trapasso, dove l’anti-eroe diventa eroe, dove i mostri sono i buoni (o non così cattivi) e i cattivi, gli apparentemente innocui. Un’eclisse, di luna,  sul perbenismo, sullo stereotipo della famiglia americana e sulla mercificazione dei rapporti umani e istituzionali, che Mercoledì mina dalle fondamenta senza timore. Mercoledì è una “Creatura” mortifera Shelliana, in non-cerca di approvazione-accettazione a differenza del mostro letterario, e che fa della verità, paura e dell’isolamento un vero codice d’onore (tutto all’Addams). Se perseguire il proprio “Io” e le proprie inclinazioni porta Frankenstein all’autodistruzione, Mercoledì rinasce trovando e definendo sé stessa. Tale cambiamento però, arriva solo quando è il “contesto sociale” ad accettarla per chi è davvero, senza remore o compromessi. 

 

Questa la “poetica freak” cinematografica di Burton nella rappresentazione della diversità e di ciò che è fuori dal comune: anticonformista, anarchico, complottista e a tratti, perché no, mostruoso. Una poetica delle minoranze, a cui siamo soliti togliere voce, ma dove spesso risiede una (valida) alternativa. Nell’anno in cui la tendenza Barbiecore delle bionde alla riscossa (con tutti i suoi stereotipi) ha spopolato nelle vetrine (compresa quella social)  forse non è poi così sbagliato prendere come modello (o rivedersi), in  una ragazzina con le treccine dallo sguardo minaccioso che veste solo black&white. Il rigore, il violoncello, i Metallica e Vivaldi, Mary Shelley, Macchiavelli, una macchina da scrivere, delle scarpe chunky e un colletto inamidato possono fare la differenza, quando si tratta di espressione personale, che ricordiamo dovrebbe essere unica, indipendente e libera dal pregiudizio.

 

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