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Estetica Oasis, torneremo a vestirci come negli anni '90 aspettando l'estate prossima

Parka, bucket hat e polo. Bastano tre elementi per delineare l’estetica BritPop del gruppo più amato e noto della Cool Britannia di Blair? Assolutamente sì.

oasis estetica britpop Olanda 1994
Dopo l'annuncio della reunion e di un tour nell'estate 2025, è esplosa la Oasis mania. (Getty Images)

Per i fortunati che sono riusciti ad accaparrarsi i biglietti per il tour in Uk e Irlanda per l'estate 2025 è già una festa. Per chi invece spera nella probabile aggiunta di nuove date fuori dai confini british non resta che ingannare il tempo con un refresh piacevolmente nostalgico dell’estetica BritPop Oasis che ha contraddistinto sia i fratelli Gallagher che i loro antagonisti come i Blur di Damon Albarn. Per tutti quelli che i nineties non li hanno nemmeno vissuti, qui c'è ancora tempo per recuperare. 

 

Una rivalità, quella, che ha incendiato pagine e pagine, sì internet ancora non c’era, di giornali sia del settore che mainstream e infervorato dibattiti e scontri tra i fan delle due band pur di scalare le classifiche nazionali e non a ritmo di singoli e apparizioni. Un meccanismo diabolico di marketing ispirato dalla più antica rivalità di Mods versus Rockers degli anni sessanta inglesi poi dilagata ed emulata anche solo a livello estetico in tutto il mondo. Completi sartoriali, parka e lambretta oppure giacche di pelle, Creepers e ciuffi a banana? Diciamo che è un po’ più complesso di così, di certo Liam e Noel Gallagher degli Oasis hanno saputo commutare da quel periodo storico l’attitude di riottosi e frustrati della working class in una formula di autentica ruvidezza di fine millennio. "Contano le parole, gli accordi e il canto, non certo come siamo vestiti". Poi però tutto il pacchetto ha giocato in loro favore. 

 

Se fioccano le collabo, riaffiorano brand gettonati di allora accanto a marchi recenti generati in quel solco, non è un caso se il 2024 coincide con il 30esimo anniversario del primo disco, Definitely Maybe, datato 1994. E non lo è nemmeno quando prima del grande annunncio della reunion e con un tempismo diabolico, è stata in pasto ai fan la versione deluxe del disco farcito con pezzi inediti e prodotta in ogni formato scibile dalla discografia moderna. Nel caso di quello vinilico arriva addirittura in una mescola colorata "Strawberries and Cream" per toccare le corde dei feticisti del gesto braccio-puntina.

Liam Gallagher e Noel Gallagher degli Oasis a Londra nel 1999
Con il giubbotto di jeans Wrangler Liam Gallagher e Noel Gallagher a Londra nel 1999 (Getty Images)

La prima collabo a far parlare di sé è di levi's, che ha appena rilasciato un drop inaspettato di magiche t-shirt, il capo feticcio di ogni fandom che si rispetti. Se non le abbiamo prese a fine anni novanta, oggi è possibile scegliere quella del cuore tra tre modelli definitivi: con il classico logo Oasis in bianco e nero in font bold, con la base swirling della Union Jack  oppure con il logo piazzato sopra al campo da football del loro concerto del 1996 al Maine Road Stadium. Tutte e tre magliette Oasis valide per ragioni diverse. 

 

Al di là del favoloso merch che da qui sino alla prossima estate verrà rilasciato per tenere alto l'umore nella lunga attesa, la notizia della reunion degli Oasis ha riacceso un ritrovato interesse per il codice estetico che ha definito il lavoro discografico dei Gallagher bros e del resto della band. Possiamo quindi parlare di estetica Oasis all'interno dello scenario BritPop? Certo che possiamo. Tre capi indiscutibili del loro style ispirato dai Mods vede il parka, le polo sportive da tifoso di calcio e il cappello bucket hat al centro di questa riflessione davanti agli scatoloni archiviati della nostra adolescenza.

Oasis, Liam Gallagher e il parka militare

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Liam Gallagher avvolto dal parka verde militare a Glastonbury nel 1995 (Getty Images)

Capospalla emblematico dell'approccio di contestazione. Contro i poteri forti e contro le fazioni opposte, è stato e continua ad essere un guscio protettivo prezioso contro pioggia e vento e contro tutto ciò che fa paura. Il parka degli Oasis è uno di quei capi d’abbigliamento che grida Inghilterra da qualsiasi latitudine possa eventualmente trovarsi. Celebrato in Quadrophenia, pellicola cult uscita nel 1979 con la firma degli Who - un documento filmico che incornicia il disagio e la noia dei Mods contro i Rockers, Liam lo indossa come una seconda pelle, un’armatura morbida e omni-comprensiva anche con 40 gradi e il 99% di umidità. Stone Island, Beams, Canadian Extreme, Burberry e Fake London, sono alcuni dei brand sportivi e outdoor con cui il frontman degli Oasis si è presentato sul palco per tutti gli anni della sua prima militanza. Non ultima la news che il ragazzo è appena diventato ambassador di Stone Island per la stagione autunno inverno 24/25. Poi sono apparsi altri modelli come il peacoat, la giacca con zip wind-braker, il trench beige blasonato, giubbotti di jeans e le biker jacket di pelle e di camoscio. Diciamo però che il parka in chiave militare multi tasche, anorak o poncho è IL pezzo che definisce alla perfezione quel Liam degli Oasis con mani giunte dietro alla schiena come nel coro della college e tamburello al collo come un capo tribù. 

Noel Gallagher suona la chitarra Epiphone Union Jack
Noel Gallagher indossa la mountain jacket mentre suona la sua chitarra Epiphone Union Jack nel 1996. (Getty Images)

Oasis e la fever per le polo block-core di Noel e Liam

Noel Gallgher in polo sul palco dei Austin City Limits Music Festival
Noel Gallgher in polo sul palco dei Austin City Limits Music Festival (Getty Images)

Maniche corte o lunghe, la maglia polo con colletto piatto a costine è un’altra costante dell’estetica BritPop che presto o tardi si palesa dai cassetti del guardaroba dei tifosi di calcio, in quelli di Noel Gallagher e anche nei nostri. Perché quella della Terrace culture, cioè della fenomenologia dei tifosi ultras inglesi che popolano gli spalti degli stadi durante le partite, oggi anche chiamata bloke-core, è una delle reference che sapientemente i due di Burnage, a Manchester, hanno adottato con grande abilità e probabilmente senza rendersene nemmeno conto. O, più romanticamente detto, non hanno proprio preso in considerazione l’idea di compiere una scelta estetica con la volontà di veicolare un sotto messaggio. What you see, is what you get. 

Bucket hat, un cappello da pescatore ed è subito Oasis

Liam Gallagher degli Oasis con cappello bucket hat Kangol

Spiovente, ottimo per far scivolare gocce copiose di pioggia, il cappello bucket hat rappresenta l'altro tassello dell’estetica Oasis che non possiamo ignorare in vista del tour live ’25. Nato per proteggere dalle intemperie e dal sole pescatori e agricoltori agli inizi del 900, nei ’60 diventa invece un codice per distinguersi tra comunità surfer e hippie. Poi nei novanta, sia dal fronte americano della musica hip hop che da quello indie e brit dell’Inghilterra, il cappello bucket torna ad essere un vero e proprio elemento estetico identitario, forse perché escludente della visuale completa del mondo, perché magica calotta protettrice dalle bad vibes. Un brand su tutti: Kangol. 

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