Musica

Pufuleti, il rapper che non ti aspetti

Siciliano emigrato in Germania da bambino, Pufuleti ha creato un linguaggio italo-tedesco ruvidamente poetico con cui rappa su ritmi contaminati, rarefatti, al limite del jazz, come nel nuovo album “Gotico Romanzo”.

Un ritratto di Pufuleti (Courtesy of OUT LOUD)
Un ritratto di Pufuleti (Courtesy of OUT LOUD)

Si chiama Giuseppe Licata, il suo nome d’arte è Pufuleti ed è un rapper, solo che la sua idea di rap è estranea all’immaginario tipico del genere. Nato in Sicilia, a quattro anni emigra con la famiglia in Germania e crescendo mescola in sè radici mediterranee e cultura teutonica. Esordisce nel 2014 con lo pseudonimo Joe Space rappando in tedesco, per poi mettere a punto un suo linguaggio del tutto inedito, in cui il tedesco, il dialetto siciliano e l’italiano, che apprende attraverso i programmi TV, si incontrano per dare vita a una peculiare destrutturazione della parola. Il risultato è, per scelta, fuori dagli schemi. Come Pufuleti, pubblica nel 2019 l’album “Tumbulata”, dove usa in prevalenza l’italiano, sebbene restando fedele alla sua vena underground e sperimentale, e ottiene un bel riscontro di critica. “Perle ai porci” del 2023 segna un’evoluzione più matura del suo percorso per arrivare, quest’estate alla release del nuovo album “Gotico Romanzo”. Da perfetto bastiancontrario, mentre in radio imperversano tormentoni e hit fotocopia, Pufuleti butta fuori un concentrato di illogica raffinatezza. Un disco notturno, ipnotico, a tratti disturbante, ruvidamente poetico, le cui musiche sono frutto della collaborazione con i producer Fed Nance e Wun Two. Un lavoro conciso, complesso e stratificato, che arriva in profondità ascolto dopo ascolto.

L’OFFICIEL ITALIA: Cosa significa Pufuleti?
PUFULETI: È il nome di un marchio di patatine di origine rumena che sanno di plastica e che vendono solo in alcuni supermercati.

LO: La tua storia personale è articolata e influenza molto la tua produzione artistica: quali sono  le tappe fondamentali del tuo percorso umano e professionale?
P: Non saprei, non amo raccontarmi, se non attraverso quello che faccio (navigando in rete, si trovano frammenti della sua storia da cameriere a infermiere, ndr). Concettualizzare troppo il mio processo creativo mi crea fastidio. Faccio quel che mi sento di fare, rispetto a quello che provo in un determinato momento. 

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Un ritratto di Pufuleti (Courtesy of OUT LOUD)

LOI: Il tuo linguaggio è davvero particolare. Non temi di essere incompreso, in un mondo che tende sempre di più alla semplificazione? 
P: È vero, viviamo in un'epoca in cui la comunicazione è sempre più semplice e poco articolata. Tuttavia, per me è importante esprimere me stesso attraverso la mia dialettica. Non cerco di essere capito a tutti i costi, scrivo quello che sento senza cercare di incappare in troppe sovrastrutture o concettualizzazioni. Ognuno troverà la chiave di lettura che più gli aggrada.

LOI: Le scelte musicali che accompagnano il tuo rap sono atipiche, da dove nascono?
P: Da tutto quello che ascolto, osservo e leggo. Da tutto quello che mi fa venire la pelle d’oca. Chi mi segue su Instagram o su Spotify potrà trovare un po’ di indizi di cosa mi piace, di cosa mi stimola.

LOI: Mi parli delle opere di Alexandros Kalogerakis che accompagnano “Gotico Romanzo”, a cominciare dalla cover?
P: Alex è un pittore inglese che apprezzo molto. Lo seguo da tanto e avrei voluto lavorare con lui da tempo. Più il disco prendeva forma e più nasceva la necessità di far fare a lui la copertina del disco, così come le copertine dei singoli. Il suo stile si sposa perfettamente col mood dell’album.

LOI: Che cosa ti aspetti da questo disco?
P: Niente, tendenzialmente non mi aspetto mai niente. Sto bene così. L’armonia viene rovinata dalle aspettative.

LOI: Qual è il tuo sogno più grande oggi?
P: Stare bene come sto bene adesso.

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Un ritratto di Pufuleti (Courtesy of OUT LOUD)

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