Louis Vuitton lancia White Canvas: LV Trainer in Residence
Dal 24 febbraio al 16 marzo l’ex Garage Traversi di Milano ospiterà la mostra dedicata alla prima collezione di una nuova serie di reinterpretazioni della LV Trainer realizzati da artisti della scena underground newyorchese anni 80': Lady Pink e Lee Quiñones, e l'Estate dell'artista scomparso Rammellzee
Sviluppato dalla Maison a partire dall’idea da Virgil Abloh, ex Direttore Artistico Uomo scomparso nel novembre 2021, in collaborazione con Sky Gellatly, il progetto "White Canvas: LV Trainer in Residence" ha l’obiettivo di celebrare l’iconicità della LV Trainer attraverso un programma artistico ricorrente che permetterà ad artisti di fama internazionale di dialogare con il brand. Si parte da Milano (dal 24 febbraio al 16 marzo presso l'ex garage Traversi) con un'installazione che permetterà di scoprire le opere d'arte degli artisti coinvolti, le sneakers originali personalizzate dagli artisti e la versione finale prodotta per la vendita. "Un'esperienza che a tutti gli effetti raggiunge un livello di profondità e coinvolgimento superiori alla "semplice collab", si tratta a tutti gli effetti di un percorso educational e immersivo, con in aggiunta un video mapping che racconta tutto il progetto" ci spiega il curatore Sky Gellatly.
La sneaker creata da Virgil diventa la tela bianca di uno scambio culturale tra Louis Vuitton e tre artisti della scena underground newyorchese degli anni'80: Lady Pink, Lee Quiñones e Rammellzee (scomparso nel 2010). Lady Pink e Lee Quiñones sono noti per essere passati dai graffiti alla street art con contenuti socio-politici, Rammellzee oltre a far parte delle crew di graffittari era un'artista poliedrico nonché musicista. In mostra si possono ammirare i dipinti Celtic Piece di Lady Pink, SPIT #1 e Tablet #3 di Lee Quiñones, Incantation of the Queen Bee di Rammellzee e le sue sculture "L" e "V" dell'alfabeto Letters Racers.
Louis Vuitton ha deciso di ospitare la mostra in Italia, proprio per il legame che lega la Maison al nostro Paese e per celebrare il savoir-faire degli artigiani italiani: nella manifattura di Fiesso d'Artico vengono prodotte tutte le collezioni di scarpe LV, ogni paio di LV trainers viene creato negli atelier italiani della Maison a Fiesso d'Artico e richiede almeno sette ore di lavorazione. Disegnata originariamente da Virgil Abloh per la Primavera Estate 2019, la sua prima sfilata per Louis Vuitton, la LV Trainer è oggi diventata una sneaker da collezione e un key item della Collezione Uomo. Studiata come calzatura da basket che al tempo stesso presenta linee piuttosto essenziali, sulla suola è impresso il numero 408, che altro non è che la data di nascita Louis Vuitton. In questo senso Virgil ha immaginato delle sneakers che vanno oltre le tendenze e la moda: un accessorio che lascia il segno.
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Qual è la scelta stilistica dietro la creazione del tuo modello di LV?
Sono partita da i brick in the wall, una cornice di significati da rivedere alla luce delle rivolte degli anni ’80, di cui la street-art è stata portavoce. Ho rielaborato figure femminili utilizzando i mattoni per delinearne i corpi, ho utilizzato il motivo a mattoni su molti oggetti diversi, ed è stata la base di tutti i murali che ho realizzato quando ho iniziato il mio percorso d'artista.
Come si è evoluta la street art negli anni a partire dai graffiti?
I graffiti era qualcosa in cui ero interessata 40 anni fa, ora le mie opere sono esposte in musei e gallerie d'arte (le tele di Lady Pink sono entrate a far parte di importanti collezioni d'arte come quelle del Whitney Museum, del MET di New York City e molti altri). Mio marito (Roger Smith) è uno storico ed archivista del mondo dei graffiti, tiene traccia dei movimenti artistici, in ogni città la "temperatura è differente", in alcune città è ancora molto presente, in altre si è un po' persa. C'è una sottile linea che come ben sai c'è tra quello che è considerato graffiti e street art. L'arte dei graffiti, legale o illegale avviene sui treni, i muri, mentre la street art arriva anche sottoforma di medium diversi. Mentre il graffitismo nasce come movimento di protesta e denuncia, la street art è un movimento artistico di comunicazione di massa. Trovo che sia magnifico che da ragazzini abbiamo iniziato proprio questo movimento artistico capace di unire la gente, senza nemmeno esserne consapevoli. Ho dato vita, insieme agli artisti dell'epoca a un qualcosa di puro, che è nato in America, un paese che non è propriamente conosciuto per aver contribuito al mondo dell'arte, l'unica forma artistica originale nata in questo paese è la musica jazz negli anni'20. Il potere di questo modo di fare arte è di coinvolgere lo spettatore, dare colore e visioni nel ghetto di tante città, portare un po' di luce a chi vive nell'emarginazione. Non si tratta di un'arte basata sullo sfruttamento economico, la mission è migliorare la vita degli altri, donare forza e spirito attraverso le nostre creazioni. Un'arte fatta da tutti per tutti.
Come vedi il ruolo dell'artista donna?
Quando ho iniziato nel 1979 c'era già una lista di altre artiste donne, ma nel mio campo sono stata la prima a realizzare un lavoro molto espressivo a livello cromatico sui treni di New York, era pericoloso, non facile ed eccitante, io ero molto giovane avevo 15 anni. Man mano si sono fatte avanti altre figure, forti e spericolate, che io stessa trovavo ispiranti, benché erano loro a dire che ero stata io a dare loro coraggio per iniziare. Io non vedo nessuna differenza tra artista uomo e donna, le donne semplicemente fanno la pipì sedendosi, ma finisce lì! Le ragazze oggi (ma come erano allora) sono forti, preparate, pazze, super creative, ambiziose. Non si può più dire come mi sentivo dire all'inizio "Oh questo pezzo è bello per essere fatto da una ragazza".
Hai qualche curiosità da dirci su "Wild Style"?
All'epoca ero fidanzata con Lee Quinones e nel docu-film vedi in realtà la nostra storia d'amore e come si intrecciava nella nostra arte, c'è anche un bacio vero, ma non riesco più a rivedere quella scena, che compare anche nel trailer del film! Il regista Charlie Ahearn nel 1982 ha immortalato il momentum di quegli anni filmando quello che vedeva accadere nella realtà. C'è tutto quello che nasceva in quegli anni: graffiti artist, i breaker e i b-boy. Girato con pochi soldi nel South Bronx e nel Lower East Side, è uno sguardo essenziale ed esuberante su una sottocultura che sta per esplodere nel mainstream.
Come era la New York in cui hai iniziato negli anni 70'?
Era un mondo molto caotico e distopico la New York in cui ho iniziato. Tempi tumultuosi ma incredibili, perché è dall'agitazione che nascono le novità, la linfa nuova. Mi sono ritrovato all'epicentro di un movimento artistico globale che stava nascendo e spiegando le alti verso il resto del mondo. New York è claustrofobica, competitiva e costrittiva, lo è sempre stata, "lasciarsi andare" all'arte era un modo per esprimersi e sentirsi liberi.
Quali sono stati gli step che ti hanno formato come artista?
Per me la musica è stata fondamentale, così come l'architettura, i romanzi e i film di science-fiction, perché il cinema è una grande fonte di ispirazione. Ho sempre disegnato e sono sempre stato curioso di tutto, volevo assorbire la cultura dello zeitgeist dell'epoca. Attraverso quello che facevo volevo toccare più persone possibili e i treni di New York ti davano accesso a milioni di spettatori e mostrare il mio vocabolario, codici di espressione diversi attraverso l'arte che è nata come forma di contestazione, voce per le comunità disagiate e la povertà. Penso che dal controverso si possa creare qualcosa di bello e perfino superare i confini di quei cubicoli degli uffici della Grande Mela guardando fuori.
Quando è stata la prima volta che hai dipinto in strada?
Ho iniziato da molto giovane nei sotteranei della metro, di notte, al buio. Ero solo ma mi sentivo parte di una community quindi forte nelle intenzioni. Quella che io chiamo la "mia confusione dei colori" doveva essere elevata, ho sentito di doverlo fare fortemente, anche da tredicenne sentivo che dovevo rompere le regole per raggiungere risultati, voglio usare la mia arte per portare un messaggio, mi sento uno storyteller. E non mi sono mai guardato indietro. A 19 anni nel 1979 ho avuto il mio primo art show con il writer Fab5 Freddy a Roma e l'anno dopo a Milano. Negli anni 80' condividevo lo studio con Jean-Michel Basquiat, le forze si stavano unendo, il movimento diventava sempre più forte, dal sottosuolo ad avere atelier ed esporre nelle gallerie d'arte.
Cosa ha rappresentato questa collab per te?
Mi ha molto colpito quello che diceva Virgil sull'età dei 16-17 anni, ovvero che quando creava pensava a se stesso da giovane e a quel che avrebbe voluto indossare. A quell'età se hai una visione, la porti avanti e ci credi, nessuno ti può fermare. Avevo già realizzato delle sneaker in precedenza ma questa è la prima volta in cui la componente artigianale è stata incredibilmente affascinante. in questo caso mi sembra un tributo ai suoi valori, dal design alla moda, dal savoire-faire di questa maison all'arte. Purtroppo non è con noi per poter vedere la realizzazione della mostra e le sneakers, ma come dico sempre l'arte ha il potere di rivelare e anche di curare.
ABOUT THE ARTISTS
Lady Pink
Lady Pink è nata in Ecuador, cresciuta a New York e attualmente risiede nella campagna a nord della città. Nel 1979 iniziò a scrivere graffiti e ben presto divenne nota come l'unica donna in grado di competere con i ragazzi nella sottocultura dei graffiti con treni della metropolitana dipinti di rosa degli anni 1979-1985. Nel 1982 ha avuto un ruolo da protagonista nel film "Wild Style". Quel ruolo e gli altri suoi significativi contributi ai graffiti l'hanno resa una figura di culto nella sottocultura hip-hop.Mentre era ancora al liceo, esponeva già dipinti in gallerie d'arte e all'età di 21 anni tenne la sua prima mostra personale al Moore College of Art. In qualità di principale partecipante all'ascesa dell'arte basata sui graffiti, le tele di Lady Pink sono entrate a far parte di importanti collezioni d'arte come quelle del Whitney Museum, del MET di New York City, del Brooklyn Museum, del Museum of Fine Art di Boston e del museo Groningen in Olanda. Si è affermata nel mondo delle belle arti e i suoi dipinti sono molto apprezzati dai collezionisti. Oggi, Lady Pink continua a creare nuovi dipinti su tela che esprimono la sua unica visione personale. Condivide anche i suoi 30 anni di esperienza con gli adolescenti tenendo workshop sui murales e tenendo attivamente conferenze a studenti universitari di tutto il mondo.
Lee Quiñones
Uno dei graffiti artist più influenti della metropolitana di New York, Lee Quiñones è riconosciuto per l'impegno socio-politico delle sue opere e la complessità delle sue composizioni. Nato nel 1960 a Porto Rico e poi cresciuto a New York, si è affermato come uno dei precursori della street art investendo le strade e la metropolitana della megalopoli a partire dagli anni 70'. Durante il decennio successivo, Lee Quiñones ha dipinto più di cento MTA prima di stabilirsi in studio. Nel 1978 firma il primo murales di un campo da pallamano, contribuendo così alla nascita della street art al di fuori dell'underground newyorkese. I suoi dipinti sono stati oggetto di numerose mostre personali, negli Stati Uniti ea livello internazionale. Nel 1980 l'artista presenta per la prima volta le sue opere a New York nello spazio White Columns, dove inaugura una nuova era del movimento dei graffiti etichettando le tele piuttosto che gli oggetti nomadi.
Rammellzee
Rammellzee (1960-2010) è stato di volta in volta artista di graffiti, artista visivo, filosofo e musicista. Nato nel Queens da genitori di origini italiane e afroamericane, ha iniziato una breve carriera come artista di graffiti sulla linea A della metropolitana di New York a metà degli anni 70. Dopo aver cambiato legalmente la sua identità in RAMM:ELL:ZEE l'artista concettualizza i suoi manifesti e presenta le sue teorie del “futurismo gotico” e del “panzerismo iconoclasta”. Le sue idee si materializzano nelle sue opere brulicanti di incredibile diversità, che riflettono la realtà anarchica e decadente delle strade di New York e trionfano sulla scena artistica locale. All'inizio degli anni '90, Rammellzee ha dato vita a una cosmogonia di personaggi colorati, una miscela di costumi, dipinti e sculture realizzati con rifiuti e resina epossidica.