Golden Goose: back to the roots
Con il lancio della Golden Collection, Golden Goose svela un altro lato di sè: l'abbigliamento life-wear. Silvio Campara, CEO del brand, racconta il nuovo capitolo dell'azienda
Photography ORESTE MONACO
«Non potevamo fare una collezione, dovevamo fare un armadio», afferma Silvio Campara, CEO di Golden Goose, raccontando la Golden Collection, l’ultima collezione lifestyle del brand. Dopo essersi imposti nel mercato delle sneakers di lusso, ora il brand ritorna alle sue origini, lanciando una collezione di pezzi effortless e senza tempo.
L’OFFICIEL ITALIA: Come nascono le vostre collezioni ready-to-wear?
SILVIO CAMPARA: Il brand nasce vent’anni fa focalizzandosi sul lifestyle. Soltanto nel 2007 viene creata la sneakers, a completamento dell’abbigliamento. Caso vuole che nello stesso momento abbia iniziato a prender piede il macro trend sociale della “casualization”, per cui le uniformi vennero abbandonate per adottare uno stile più personale. Questa è la chiave del processo creativo di Golden: la capacità di far esprimere le persone, esaltandone gli elementi personali. Negli ultimi dieci anni abbiamo cavalcato l’onda delle sneakers di lusso, abbiamo esaltato l’artigianalità, abbiamo introdotto il concetto di less is more, slow is faster. Era arrivato il momento di riportare in auge il lifestyle delle origini. Qual è stata la sfida? Creare un armadio timeless, con pezzi life-wear. Come per le sneakers, l’obiettivo era di fornire al pubblico una selezione di abiti da indossare in ogni occasione. Le nostre collezioni sono genderless, hanno una vestibilità studiata per soddisfare i consumatori, sono seasonless. Cosa vuol dire? Abbracciamo con forza e in maniera concreta l’elemento della sostenibilità. Abbiamo passato due anni di lockdown a sentire che il mondo doveva cambiare, ma alla fine quali sono stati gli effettivi cambiamenti? Pochi. Golden Goose non fa sfilate e non lancia quattro collezione all’anno, ma si concentra sul soddisfare le necessità funzionali del pubblico: dare alle persone un armadio di capi essenziali, riletti in chiave d’eccellenza. Il contemporary è morto, tutto ciò che è funzionale ha lungo corso.
LOI: In un momento di crisi, molti non si possono permettere di spendere denaro in vestiti...
SC: Un aspetto della Golden Collection è quello dei prezzi. Questa collezione è la prova che, se un brand lo vuole, può cominciare a condividere i propri margini insieme al consumatore. Pensare di andare avanti con moltiplicatori che alla fine accendono il sogno, ma non lo fanno diventare realtà, è assurdo. Per la Golden Collection avevamo un obiettivo fin da subito: prezzi affordable.
LOI: Qual è il file rouge che collega le collezioni, Journey, Star e Golden?
SC: Una parola: effortless. I nostri vestiti devono ricordare il capo che hai visto addosso alla tua mamma, al tuo papà, fanno parte del pensiero comune, della tradizione famigliare. Vogliamo essere il manifesto della normalità, ce n’è così bisogno! Il risultato? La collezione è andata a ruba. Il nostro pubblico era pronto ad andare oltre le sneakers, finora mancava quell’elemento in più, mancava il vocabolario giusto di prodotto per trovare questo tipo di linguaggio. Il tutto senza pubblicità.
LOI: Vent’anni senza fare comunicazione, come mai iniziare ora?
SC: C’è sempre stata comunicazione, ma diversa da quella conosciuta. Il nostro obiettivo era far sì che il consumatore ci conoscesse con il passaparola. Negli anni 2000 questa tecnica rendeva speciale e unico il brand, dava la possibilità a ognuno di colorare Golden con le proprie sfumature. Oggi abbiamo abbracciato il mondo digitale. Rimaniamo comunque coerenti con noi stessi, il nostro è un passaparola 2.0. Ci siamo allargati e siamo cresciuti, ma a volte veniamo ancora definiti come “quelli delle sneakers”. Ecco, il nostro obiettivo attraverso il passaparola è arrivare ad essere chiamati “quelli che fanno le scarpe a mano”.
LOI: Come siete riusciti a seguire le tendenze di mercato mantenendo l ’artigianalità al centro dei vostri prodotti?
SC: Siamo stati coraggiosi. La filiera a quel tempo non esisteva, abbiamo contributo a crearla. Siamo stati onesti nei confronti dei consumatori, che si sono sempre aspettati il meglio ed il meglio era fare le cose artigianalmente, come le abbiamo sempre fatte. La partita fondamentale di Golden si gioca proprio in questo settore.
LOI: La vostra sneaker è conosciuta per l'aspetto usato. Un simile concetto potrebbe essere applicato all’abbigliamento con il vintage...
SC: Bellissimo spunto, ma ad oggi non posso anticipare nulla. Un piccolo spoiler? A brevissimo Golden uscirà con qualcosa che cambierà completamente il mercato.
LOI: Un concetto molto Americano...
SC: Giappone, America e Venezia: questo il trittico valoriale a cui Golden si è sempre ispirato. La capacità di guardare al passato, al mondo vintage, è l’America; la capacità di elevarlo e modernizzarlo, è il Giappone, ed infine ci sono l’artigianalità e la manualità italiane, che solo a Venezia e in Italia riusciamo a dare.
LOI: Golden Goose non ha mai fatto collaborazioni?
SC: Di prodotto mai, ma di collaborazioni culturali ne arriveranno molte. Non è per vendere, ma per ispirare: non le affidiamo a celebrities, vogliamo raccontare storie che sanno di autenticità, parlare con persone che hanno davvero qualcosa da dire.
LOI: Idealmente con chi ti sarebbe piaciuto collaborare?
SC: Con Carlo Scarpa.