Montblanc Renaissance: l'intervista al direttore artistico Marco Tomasetta
Il nuovo direttore artistico Marco Tomasetta, con una carriera ventennale alle spalle e un percorso costruito tra Gucci, Givenchy e Louis Vuitton, racconta come ha reinterpretato l’heritage di Montblanc nelle collezioni di pelletteria.
La prima Montblanc gli fu regalata nel 2002: «Era il modello Leonardo, un dono di Alessandro Michele, faceva parte di una collezione realizzata appositamente per il disegno. Dopo 20 anni scrivo e disegno ancora con questa Montblanc». La carriera di Marco Tomasetta nuovo direttore artistico di Montblanc inizia nel ’97, l’anno della morte di Gianni Versace: «un momento storico molto forte: ho avuto la fortuna di educare la mia creatività con le persone giuste che mi hanno trasmesso e supportato tanto».
L’OFFICIEL HOMMES ITALIA: Che cosa hai imparato dalla tua formazione lavorativa?
MARCO TOMASETTA: Ho amato tutti i luoghi per cui ho lavorato, da Dolce & Gabbana mi sono appassionato agli accessori, in quel tempo erano un complemento forte e identificativo del look. Poi ho proseguito con la famiglia Fendi e da Prada. Con la signora Prada ho avuto il primo dialogo intellettuale sull’argomento accessori ed è stata un’esperienza in cui ho appreso la metodologia e la struttura lavorativa che ho portato avanti per tutta la mia carriera. Da Gucci ho affiancato Frida Giannini e poi Alessandro Michele, sentendomi molto vicino alla sua pratica creativa. Poi sono passato anche da Chloé e Givenchy, ma l’esperienza più importante l’ho fatta da Louis Vuitton con Kim Jones, è durata 10 anni e io ero responsabile degli accessori uomo. Il mio obiettivo era portare l’italianità al marchio, bellezza e sensualità nel trattare le materie. Kim Jones ha un grande coraggio, mi ha spinto tantissimo ed è stato un partner fondamentale per la mia carriera.
LOHI: Che cosa ti affascina di più di Montblanc?
MT: La scrittura è senz’altro qualcosa che mi affascina e mi appartiene tantissimo, oltre a disegnare per lavoro ho ricominciato a scrivere durante la pandemia. Scrivere è sinonimo di creare, è nascita e invenzione, è un’azione intima, meditativa e quasi mistica.
LOHI: Su che cosa stai orientando la tua direzione artistica?
MT: La mia direzione comincia dal cuore pulsante del marchio, lo strumento da scrittura Meisterstück, e voglio mantenere la presenza di questa icona potentissima in ogni categoria. Mi piacerebbe che ogni accessorio avesse la stessa forza della nostra stilografica che ha rivoluzionato il modo di scrivere introducendo il sistema di ricarica nel 1909. Quando sono entrato nella maison la prima cosa che ho fatto è stata visitare l’archivio e immergermi nell'universo della scrittura. Credo che il marchio non abbia mai espresso ampiamente, né comunicato a dovere la fantastica ingegneria della nostra icona.
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LOHI: Che cosa rappresenta per te lo strumento da scrittura Meisterstück?
MT: Significa capolavoro, è uomo e donna, perchè all’esterno ha un’eleganza rigida, una purezza nel nero con un tocco d’oro e poi c’è l’emblema che è un logo forte, mentre all’interno abbiamo la piuma, estremamente femminile, sofisticata e dolce. Mi piace pensare che oltre a essere un esemplare di complessa ingegneria sia un oggetto mediatico che è passato nelle mani di una community di poeti, scrittori, artisti, musicisti e via dicendo. È un valore artistico universale.
LOHI: Parliamo dei vostri clienti...
MT: In boutique entrano più donne che uomini, penso che la sensibilità femminile percepisca che siano oggetti di potere. Romanticamente mi piace immaginare i clienti come dei viaggiatori dell’Orient Express o personaggi dei romanzi di Agatha Christie in una versione contemporanea. Mi piacerebbe instaurare un dialogo intimo con loro che nel corso degli anni si è un po’ perso.
LOHI: Come sei arrivato alle collezioni di pelletteria?
MT: Per la collezione Meisterstück ho cercato di riprodurre i distintivi della penna: il tirante riprende la forma della piuma, il colore nero scintillante della resina con una pelle liscia, elegante e piacevole al tatto, e infine l’emblema rivisitato in due versioni più grandi rispetto al passato. Mi piace che il metallo abbia una presenza importante, ma non mi piace caricare di tanti elementi gli accessori, trovo più interessante la purezza nella misura. Gli accessori della Linea Selection Soft sono realizzati con una pelle più morbida e opaca, sono versatili e offrono il massimo della funzionalità, soprattutto per i giovani, permettendo il facile accesso a tutto ciò di cui si ha bisogno all’esterno della borsa. Ho disegnato degli accessori per contenere gli strumenti da scrittura, internamente nella collezione Meisterstück ed esternamente per la Selection Soft e sono spazi che possono essere impiegati anche per le penne degli iPad.
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OHI: Cosa ti ispira?
MT: La mia più grande passione è il cinema. È la cinematografia che mi ha spinto ad intraprendere questo lavoro, quando guardi un film la mente si estende e percepisci tanti stimoli. Prediligo i registi italiani, mi sento vicino alla cultura e personalità di Luchino Visconti, Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini e Michelangelo Antonioni. Penso che ogni regista potrebbe rappresentare analogamente un marchio ad esempio Dolce & Gabbana mi ricorda la regia di Fellini, Louis Vuitton è Alfred Hitchcock e Prada è Antonioni per la cura nelle ambientazioni e per i silenzi.
LOHI: E chi sono i tuoi maestri?
MT: È difficile per me esulare dalle mie esperienze lavorative ma se dovessi pensare a una stilista in particolare, per la sua completezza Coco Chanel, che è stata capace di identificare codici stilistici ancora rilevanti nel panorama contemporaneo.
LOHI: Come funziona il tuo modus operandi?
MT: Comincio dall’archivio ma sono consapevole che bisogna entrare nella storia con umiltà, poi con la giusta esperienza si può lavorare per rinnovare. Sono della vecchia scuola e disegno ancora e tanto, non importa come, ma saper disegnare significa capire come realizzare un capo, un accessorio. Lavoro sui pellami, i materiali, i colori e ho un rapporto costante con la modellistica.