New Frontiers: l'intervista a Gaetano Colucci di Ardusse
Il fondatore e direttore creativo di Ardusse racconta la sua visione, i suoi distintivi e la sua collezione Autunno Inverno 2022-23 presentata durante la Milano Fashion Week.
La sua bio di Instagram recita: “Dad of @ardusse”. Gaetano Colucci, classe 1996 e partenopeo di origine è il fondatore del marchio italiano Ardusse. Si trasferisce a Roma con i genitori all’età di 4 anni, una città che lo lega per tutto il suo percorso di formazione. Dopo il liceo si iscrive ad economia e dopo un erasmus e un master in management a Londra ritorna in Italia per stabilirsi a Milano. La sua persuasione e il suo spirito lo spingono a debuttare con il suo marchio il giorno dopo la sua laurea, a gennaio 2020 per la precisione: “Durante l’anno del mio master avevo già in mente tutto, il nome del marchio che è la crasi tra Arcadia e jeunesse, il mio posizionamento e le collezioni.” spiega Gaetano Colucci: “Ricordo ancora durante l'università ero già in contatto con tutti. Riuscivo ad infiltrarmi alle fiere dei tessuti per stringere contatti con i fornitori e le case di produzione”.
Com’è scoccata la scintilla per il fashion system?
Intorno ai 10 anni ho iniziato a percepire i primi interessi alla moda, seguivo mia mamma, che è una grande appassionata. Poi ho iniziato a disegnare il mio labrador Skipper e le Winx che adoravo perchè mi rilassavano molto così ho cominciato a disegnare i vestitini per loro. Le fatine ad ogni stagione aumentavano di potere ed insieme a loro cambiavano anche gli abiti ed io cercavo sempre di immaginare i nuovi look.
Ardusse è la crasi tra Arcadia e jeunesse. Come sei arrivato al logo della foglia?
Quando pensavo a dei brand ispirazionali, mi veniva sempre in mente l’immaginario di Dries Van Noten nei primi anni 2000, quando le ispirazioni erano legate alla natura o al bosco. La foglia è un elemento che è arrivato con Arcadia. Al liceo la mia professoressa era una grande appassionata di cultura classica ed è riuscita a trasferire questa passione a tutti gli studenti. Il mio fascino di Arcadia proviene dalle differenti versioni dei poeti con la quale è stata riproposta la tematica nel tempo. Tutti davano comunque una connotazione naturale così anche io ho deciso di dare la mia, con una foglia di quercia, un piccolo omaggio alla mia terra, la Campania che è ricca di querce.
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Amo la mia generazione. Reputo che siamo freschi, genuini e possiamo essere noi stessi senza fingere di voler essere un personaggio. Le nuove generazioni si sentono a proprio agio con il tempo.
Qual è il tuo posizionamento?
Per me i vestiti vanno indossati, produco vestiti perchè spero che la gente li indossi nella sua quotidianità. Secondo me c’è una scissione tra arte e stile, l’arte piace a tutti ed è stupenda, ti fa strabuzzare l’occhio ma non la indossi, lo stile e ciò che ti piace e che puoi indossare.
Chi sono i tuoi maestri?
Amo Dries Van Noten per me è un genio. Trovo estremamente creativa la haute couture di Daniel Roseberry da Schiaparelli, lui per me non ne sbaglia una! Ammiro Jonathan Anderson, perchè è capace di rinnovarsi sempre mantenendo i suoi codici estetici di riferimento. Da JW Anderson e Loewe ha trovato una sua dimensione: con il ready to wear fa arte, mentre con l’accessorio fa stile. Uno che invece non è per niente la mia visione ma che comunque trovo geniale è Rick Owens.
Secondo te le tue radici e origini influenzano il tuo lavoro?
C’è sicuramente qualcosa. Ardusse ha due anime, da un lato il mio marchio traina tutta la cultura della sartoria italiana, mi piacciono tantissimo i tagli di pantaloni, camicie e cappotti degli anni ‘50 e ‘60 e sono stato molto influenzato dalle adv di quel tempo. Dall’altro c’è un respiro internazionale che probabilmente deriva anche dal mio background e dai periodi che ho trascorso all’estero. Molti feedback che ho ricevuto sostengono che Ardusse non sembri un marchio italiano, ma nella mia pratica creativa non ci sono forzature e spero che tutto risulti con spontaneità.
Come descriveresti la tua visione?
Con le mie prime collezione ho cercato di strutturare il mio guardaroba. Ora sono fiero perchè le persone hanno recepito la mia visione che continua a rinnovarsi. Il rischio di un marchio emergente è ritrovarsi a scendere a troppi compromessi per la vendita. Tanti descrivono il mio marchio delicato e con un forte dualismo tra l’universo maschile e femminile. I miei distintivi evolvono sempre ma credo che se il gusto è il tuo, con un tuo punto di vista personale, il dna rimane lo stesso. Ho ricevuto grandi risposte, sono riuscito a vendere tantissimi capi immagine della collezione e le persone oggi sono interessate ad investire su capi che siano speciali.
Il tuo target? Chi compra Ardusse?
Ti direi io e la community di ragazzi che sono vicini per estetica e vibes. Non c’è una persona di riferimento perchè banalmente puoi prendere singolarmente alcuni capi e puoi interpretarli in un modo personale e differente. Ad esempio i Måneskin quando hanno indossato i miei capi sono riusciti ad amplificare la chiave rock della mia visione.
A proposito di Måneskin c’è qualcuno che ti piacerebbe che indossasse il tuo marchio?
Sicuramente Harry Styles, sono molto felice perchè il suo stylist Harry Lambert ha visto la collezione e gli è piaciuta tantissimo. Ma sarei curioso di vedere i miei capi interpretati anche da Tyler, The Creator perchè per me la prospettiva dello street style maschile è lo stile preppy. Secondo me ci stiamo avvicinando a questa fase e Tyler è un grandissimo interprete e lo vedo in linea con Ardusse. Un altro è Mick Jagger, lui è un po’ l’emblema del preppiness.
Come funziona il tuo processo creativo?
Mi piace dire che la mia collezione non è mai settata definitivamente fino al giorno prima dello shooting. Immagino sempre di disegnare il mio guardaroba per la prossima stagione, quindi faccio tanta ricerca per definire il mood generale e la cartella colori che cambia di stagione in stagione, poi inizio a disegnare i capi e faccio tantissime versioni dello stesso capo. Poi per aiutare il mio processo di scrematura inizio a chiedere tantissimi feedback alle persone e mando il disegno in produzione. A volte capita che trovo un capo campione e per lo sdifettamento utilizzo la carta e gli spilli per sistemare tutti i dettagli, proprio come un sartino. Spesso i fit vengono studiati sul mio corpo, perché credo fortemente che i capi debbano essere indossati dalle persone con una fisicità media.
Parliamo della collezione Autunno Inverno 2022-23…
Io generalmente vengo ispirato dal nuovo e nel conoscere cose nuove. Per questa collezione l’ispirazione è nata con il mio ultimo viaggio in Islanda, la varietà del paesaggio e la sinuosità del panorama mi hanno impressionato. Nella collezione tutto questo si traduce attraverso ai dettagli, le cuciture ad onde e nei colli delle camicie rotondi. Con questa collezione ho scoperto le cuciture, i punti e la maglieria islandese. Non mi piace la riappropriazione culturale, preferisco sempre riportarle e reinterpretate a modo mio per il mio universo.
Ti piace l’idea di poter abbinare la tua direzione creativa ad un altro marchio per una collaborazione? Nel caso con chi?
Si, ho sempre pensato che lo scambio di dialettica creativa è interessante. Ho sempre preso in considerazione la possibilità di fare collaborazioni con artisti o marchi. La cosa fondamentale è che la collaborazione sia premiante tra le due parti. Se dovessi pensare a qualcuno penserei a New Balance o Nike.
Quali saranno i tuoi futuri obiettivi?
Ora stiamo ragionando sulla possibilità di presentare le prossime collezioni con un fashion show durante la fashion week. Mi piacerebbe in futuro introdurre la donna, per me sarà divertentissimo, mi piacerebbe arrivarci dopo che il dna dell’uomo è stato recepito da tutti e metabolizzato. Ho ricevuto tantissimi feedback positivi e iniziano tutti a domandarmi del womenswear. Mi piacerebbe dare alla donna un suo mondo che rispecchi anche la mia versione del mio uomo.
Photo Alessandro Oliva
Styling Simone Rutigliano
Make-up and Hair by Jury Schiavi and Andrea Missiti
Art Direction Gaetano Colucci