MFW: Gucci AI 2018
La sfilata di Alessandro Michelle per Gucci alla Fashion Week di Milano non è stata una semplice collezione ma un vero e proprio manifesto dell'ibrido: una figura priva di identità impossibile da catalogare in una categoria fissa.
La sfida del potere disciplinare è di imporre al soggetto una precisa identità. Tale operazione viene eseguita collocando il soggetto all’interno di categorie fisse e binarie come quella di normale-anormale. L’obiettivo è di classificarlo, controllarlo e normarlo. Le strategie regolative si rivelano così persuasive che il soggetto sceglie volontariamente di aderire a quella stessa categorizzazione, rivendicando il proprio posizionamento all’interno di una struttura sociale data. In questa cornice, il disciplinamento del corpo vivente utilizza il concetto d’identità come dispositivo di controllo bio-politico (M. Foucault).
Ma l’identità non è un fatto naturale né una categoria pre-definita che può essere violentemente imposta. Non è un dato fisso e immutabile, piuttosto una costruzione culturale e sociale. E in quanto costruzione è oggetto di scelta, adesione, invenzione. L’identità è quindi un processo, mai definitivamente compiuto, che si rende ogni volta disponibile per nuove determinazioni. La consapevolezza di come tutto sia costruito socialmente, anche chi siamo, apre dunque un campo di inedite possibilità da esplorare performativamente. Un campo di libertà e responsabilità, in cui è possibile diventare chi vogliamo davvero essere, rimettendo in gioco aspettative sociali e desideri personali.
Le soggettività che incarnano il pluriverso di Gucci si muovono in questo campo che è etico e politico al tempo stesso. Rappresentano l’invito a non uniformarsi a modelli identitari univoci ed etero-imposti. L’invito a diffondere modi altri di pensarsi che siano capaci di trasgredire categorizzazioni predefinite. In questo senso ciò che a uno sguardo normalizzante può sembrare irrituale, anomalo e difettato acquista una nuova legittimità. Un nuovo respiro. L’affermazione coraggiosa di sé e della propria unicità.
Il Cyborg, infatti, è una creatura paradossale che tiene insieme natura e cultura, maschile e femminile, normale e alieno, psiche e materia. Contravvenendo a qualsiasi griglia categoriale, è l’espressione che incorpora identità multiple ed evolventi che rifuggono il disciplinamento normativo. Identità ibride, in divenire, costruite su pluri-appartenenze. Il Cyborg Gucci è post-umano: ha occhi che compaiono sulle mani, corna da fauno, cuccioli di draghi e teste che si sdoppiano. È una creatura biologicamente indeterminata e culturalmente consapevole. Il segno ultimo ed estremo di un’identità meticcia in trasformazione. Il simbolo di una possibilità emancipatoria attraverso cui possiamo decidere di diventare ciò che siamo.