L'omaggio di Gucci a Roma
"Solo l'antichità pagana suscitava il mio desiderio, perché era il mondo di prima, perché era un mondo abolito." È su questa frase dell’archeologo Paul Veyne che Alessandro Michele affonda le radici della collezione Gucci Cruise 2020 a Roma. La stessa frase la marchia su libri storici–diventati inviti per la sfilata–e la incide su monete raffiguranti la lupa capitolina e coniate appositamente per l’evento (chiaro riferimento ad Augusto, primo imperatore romano, che è stato uno dei primi appassionati e collezionisti di numismatica).
“Ci tenevo a far omaggio a Roma; il mondo antico e l’antichità dialogano sempre con me. Per me lavorare è come fare l’archeologo, è come scoprire. Ero ossessionato dall’archeologia quando ero piccolo” ha dichiarato Alessandro Michele dopo lo show, dove ha rilasciato commenti politicamente netti e radicalmente progressisti.
Gli ospiti della sfilata hanno atteso la notte per compiere un viaggio solitario nelle sale vuote dei Musei Capitolini romani, alla riscoperta di antiche emozioni e alla ricerca di nuove.
Con una piccola torcia ci si orientava nelle sale buie, dove ognuno poteva decidere dove porre lo sguardo. Lo squillo di una sirena ha rotto il silenzio e segnato l’uscita di modelle e modelli. “A volte un museo può essere come un romanzo” è con questa frase e con la sua voce Luciano Emmer introduce al suo film Bella di Notte del 1997.
La collezione mostrata alla stampa e agli ospiti continua nel racconto iniziato da Michele nelle precedenti stagioni: una stratificazione di rimandi al passato, romantici e inaspettati, non più “stravaganti” perché l’impero è ormai costruito e perché tutti sappiamo leggere la visione del creativo romano. Per lui il paganesimo corrisponde ad una forma di libertà "Fare la moda non è solo lanciare vestiti ma anche messaggi di libertà. Io attraverso la moda ho trovato la libertà.”
Partendo dal tema dell’archeologia e dalla fascinazione per il passato, ai look si ricollegano una serie di riferimenti come i testi antichi, la letteratura del Settecento, il mondo Disney e le collaborazioni con le artiste Livia Carpezano e mp5 che già hanno collaborato con Gucci. E poi, il primo look ispirato all’iconico copricapo Cher, disegnato da Bob Mackie per gli Oscar 1986; e una sfilza di date storiche ricamate sugli abiti come l’anno della fondazione dei Musei Capitolini scritta in numeri romani, l’anno della legalizzazione dell’aborto in Italia (1978), la caduta del muro di Berlino (1989).
Tutta l’idea girava attorno al corpo come un’architettura, come un tempio. Un corpo vissuto, ricco di storia, vivo, danzante e pensante, pieno di segni e tatuaggi.
Una celebrazione in onore della Roma pagana (una specie di baccanale trasportata nella metropolitana di Berlino–così la descrive Michele); a quella Roma studiata da Bachofen, prima che il patriarcato prevaricasse sul matriarcato; alla Roma di Pierre Klossowski che nel suo “Dame romane” parla di certi ludi scenici blasfemi, e di certe donne, etère-sacerdotesse, austere matrone, sempre coinvolte in scandali erotici ma ben conscie del concetto di castità e di proprietà del loro corpo. “Roma è sporca, come i ragazzi di oggi. Perché la vita è sporca, e guai a non sporcarsi le mani" dice Alessandro Michele che ancora la glorifica ritraendola al massimo del suo zeitgeist, all’acme della sua magnificenza e del lusso che ritroviamo nel tripudio di sontuosi tessuti: sete, i broccati, jacquard, ricami e stampe. Bisognerebbe trascorre una giornata intera nello showroom di Gucci per poter studiare e poi narrare il lavoro sartoriale dietro ogni singolo capo.
Alla fine dello show, e dopo che Alessandro Michele ha fatto il suo inchino–accolto da una standing ovation–la festa ha avuto luogo in una villa romana con un concerto dell’iconica Stevie Nicks dei Fleetwood Mac accompagnata dall’idolo dei millennials Harry Styles.
È stata una notte magica.
Segno che Roma è ancora viva e brucia.
Gli ospiti
La location