Takes Off: Usher
Appassionato di moda, collezionista d’arte, il musicista riflette sulla pandemia e fa delle anticipazioni sulla futura residency di sei mesi a Las Vegas, perchè «ascoltare musica è riprendere a vivere».
Sullo schermo Usher appare rilassato, sorridente, come se il tempo non fosse passato per lui, come se il maledetto covid e pandemia non l’avessero nemmeno sfiorato. «No, la pandemia ha toccato la vita di tutti, tutti ne abbiamo e ne stiamo ancora risentendo a livello psicologico e mentale. Non credo torneremo com’eravamo prima, spero saremo più empatici nei confronti del prossimo, altrimenti non avremo imparato nulla. All’inizio, una volta capito che l’intera famiglia (moglie e tre figli) sarebbe stata costretta a vivere insieme, ho lanciato l’idea di comprare un RV/Camper e di andare a vedere posti mai visti, di imparare a vivere l’uno insieme all’altro, di fare un viaggio attraverso gli Stati Uniti, da Hollywood alla Florida, passando per il Texas, la Lousiana, e poi risalire ad Atlanta, a casa mia». Proseguiamo parlando dello shooting realizzato nel deserto – «vi sorprenderà per come è diverso, per come ho re-interpretato i miei abiti» –, di moda e arte, famiglia, radici – «mamma Genetta mi ha insegnato a focalizzare» –, di amici come Naomi Campbell, Sean Combs, Vivianne Westwood. Per finire poi con la notizia clou del momento, appena annunciata, la sua Las Vegas residency, dal 16 Luglio 2021 fino al Gennaio 2022, dove Usher, la voce più melodica di Motown, intratterrà i suoi fans.
L'Officiel Hommes Italia: Cos’è la moda per Usher?
Usher: Per me la moda è un fenomeno culturale, nasce dai luoghi che frequento, dalle cose che vedo, da tutte quelle esperienze sensoriali che vivo ogni giorno. La maggior parte delle cose che indosso è il risultato di un’evoluzione di capi che ho creato per il mio pubblico, per come mi muovo, la danza è una parte importante di chi sono, la scelta del tessuto dipende dalla mia agilità, deve fluire con me. Altra cosa, importantissima per me, è il fattore sostenibilità, mi interessano molto i designer che continuano a innovare lavorando sulle stesse idee, in fondo nessuno inventa più niente di nuovo, se non tessuti e lavorazioni. Mi piace il mix di stili, di opposti come l’avant-garde di Comme des Garçons o la sartoria stilisticamente ineccepibile di Armani.
LOHI: Com’è nata la tua passione per la moda?
U: Da mio nonno, James Lackey, la persona più cool che abbia mai conosciuto, l’uomo più fashion forward della famiglia: indossava solo abiti su misura, sceglieva i tessuti, faceva modifiche personali. Molta della mia attenzione ai particolari la devo a lui, perché alla fine le combinazioni più interessanti nascono dalla necessità, da quello che non hai o che non puoi permetterti. Onestamente, tornando indietro nel tempo, ho sempre voluto cambiare la moda di Hollywood, volevo riportarla al glamour di un tempo, incorporando però la cultura hip hop della street fashion americana di quei tempi.
LOHI: I tuoi designer preferiti?
U: In questo periodo mi piacciono i designers che immaginano un nuovo futuro, che combinano arte e moda, come Margiela. Amo la moda che ha un rapporto con la natura come il brand Fear of God, mi piace molto il mix tra qualità dei materiali, comodità e praticità. Un abbigliamento formale ma funzionale, più attuale in rapporto alla vita di oggi, diciamo fedele alla personalità di un ragazzo che è cresciuto-diventato uomo, ma allo stesso tempo non ha perso l’impronta del suo stile. Sono anni che indosso Kerby Jean-Raymond, fondatore di Pyer Moss, di cui ammiro molto il messaggio politico nelle sue creazioni. Oppure il lavoro di Virgil Abloh per Louis Vuitton che applica la sua laurea in architettura al servizio della moda, tenendo sempre in mente l’importanza di sostenere gli uomini di colore in questo business e Jerry Lorenzo con Fear of God, tutti alla ricerca di creare un nuovo concetto di moda, bilanciare l’avanguardia con quello che indossiamo tutti i giorni, di collaborare con brand importanti ma che siano disposti a rispettare il loro processo creativo e ideare delle storie nuove, per persone moderne, anche aprendo alla fluidità di genere.
LOHI: Perchè scegliere di andare a Las Vegas?
U: Perché no? Sinceramente non potevo sperare in un momento migliore, quando la gente rimasta in isolamento per mesi potrà finalmente uscire e riprendere a godersi la vita. La musica è sempre stata il rimedio migliore per lenire il nostro dolore e fa fronte alle incertezze della vita. Quando ascolti musica riprendi a vivere. Las Vegas è da sempre la capitale delle esperienze indimenticabili, spero di far vivere ai miei fans un momento unico, sopratutto dopo tutto quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi.
LOHI: Cosa ci si può aspettare dallo show?
U: Uno show che esplora venti anni della mia carriera che è moda, storia della musica, è la mia storia conosciuta ma con molti episodi inediti. Sto ancora lavorando sulla scelta di alcune canzoni da includere, ma posso dire che sarà molto personale, anche perché saremo a The Colosseum al Caesars Palace, un posto intimo, storico, inaugurato da Céline Dion, dove hanno cantato anche Elton John, Cher, Rod Stewart e Mariah Carey. Voglio assicurarmi che gli spettatori abbiano qualcosa da ricordare, che possano vivere un’esperienza memorabile da amare per sempre.
LOHI: Sei un collezionista di arte contemporanea. Come hai cominciato?
U: Andando a mostre, frequentando musei, collezionare arte significa scoprire nuovi talenti prima di altri. Anche investire per sostenere la crescita di artisti che altrimenti non potrebbero mai avere successo. Ho iniziato a collezionare RETNA, mi ricordo che ci siamo incontrati nel vicolo dietro il suo studio, e abbiamo iniziato a parlare. Alla fine gli ho chiesto se potevo commissionargli un pezzo e mi ha fatto un bellissimo ritratto di Marvin Gaye. Collezionare per me significa conoscere l’artista, cercare di capire la sua filosofia, avere un contatto cerebrale. Grazie a RETNA ho conosciuto Cleon Peterson, ha fatto dei lavori molto interessanti sulla brutalità della polizia negli Stati Uniti, un artista che rispetto molto anche per il suo lavoro controverso contro Donald Trump.
LOHI: Altri artisti nella tua collezione?
U: Tra i miei preferiti Romare Bearden, Gordon Parks, Daniel Arsham, Murakami, Jeff Koons, Kris Kuksi, Obey e Roberto Fabelo. Mi piace collezionare arte perché gli artisti possono riscrivere la storia, superare i pregiudizi e raccontare la verità senza essere perseguitati.
"Volevo cambiare la moda di Hollywood, riportarla al glamour di un tempo, incorporando però la cultura hip hop della street fashion americana"
LOHI: Come ti senti a 42 anni?
U: Sono felice, felice di dove mi trovo in questo momento della mia vita, con la musica che creo, con le storie che racconto, sono in pace con il mio passato e curioso del futuro che mi aspetta, non mi è mai successo di essere così sereno, in genere ho sempre cercato di trovare il modo di acchiappare la coda del drago, trascurando amici e famiglia. Sono contento di aver trovato un’equilibrio che funziona, mi sento più giovane perché con questa pandemia credo di aver trovato una piccola parte di saggezza. Questo insieme di cose, gioia e dolore, mi ha reso una persona migliore.
Talent Usher
Photography Djeneba Aduayom
Art direction Nicolas Aksil
Styling Sonia Bédère
Interview Roberto Croci
Hair Parris Wagner @ Shizz
Make up Cole Patterson
Nails Natasha Ray
Production BA Image consulting e Hanna Isaksson
Set design Natasha Aubier-Hatch
Tailor Arturo Padilla @ Rancho TaIlors
Photo Assistant Cornell Agee Jr.
Styling Assistant Olivia Gabaree
Location Pioneertown Motel, California.