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The Now Icon: Andrea Pirlo

Nella sua lunga carriera da calciatore ha conquistato sei scudetti e una Coppa del Mondo, distinguendosi per l’eleganza nei modi e gesti atletici. Oggi Andrea Pirlo studia per diventare allenatore
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Il “metronomoˮ, com’è sempre stato soprannominato Andrea Pirlo, nato a Flero in provincia di Brescia, 41 anni a maggio, sta studiando. Sul tavolo di casa, insieme ai suoi quattro figli che preparano i compiti di scuola, forse il più grande centrocampista del calcio italiano, vincitore di sei scudetti, quinto nella classifica delle presenze in Nazionale, più volte candidato al Pallone d’Oro, completerà tra poco l’ultimo corso necessario per diventare allenatore. È, dunque, imminente la nuova metamorfosi di quello che passava per essere un giocatore timido. «Ero semplicemente educato e rispettoso, qualità umane alle quali tengo ancora moltissimo e che cerco di trasmettere ai miei figli. Credo che essere elegante voglia anche dire esprimersi quando serve, dicendo cose che hanno valore. Parlare tanto per parlare non mi è mai piaciuto». Andrea Pirlo sembra un dandy d’altri tempi, in fondo sua madre lo ha sempre sostenuto.

LARDINI Trench di lana mohair, giacca camicia di camoscio, polo di cotone e pantaloni di lana. Occhiali Boss by Safilo. Mocassini Santoni.

«Lei ricorda la cura con la quale verificavo la lunghezza dei jeans e la stiratura delle camice, volevo essere raffinato, sentirmi a mio agio, apparire ordinato, magari appena appena eccentrico», continua l’ex giocatore dell’Inter, del Milan e della Juventus, oltre che, nei primi anni della sua carriera, anche di Brescia e Reggina, «insomma sono attento al look anche se non sono così pignolo. Ad esempio, i capelli e la barba li tengo sempre un po’ selvaggi, non sono un apassionato di creme e gel, mi lavo, mi raso ed esco». A New York, nei due anni in cui ha militato nella Major League Soccer, vestendo appunto la casacca della squadra della Big Apple, si è ritagliato un’esperienza di vita e sport metropolitane che lo hanno arricchito.

XACUS Camicia classica di cotone. Pantaloni di cotone gessato con pence, Les Hommes.

«Abitavo nei pressi del Meatpacking District, tra la 21a e la 10a strada, mi piaceva frequentare i locali vicino all’High Line, ho fatto investimenti immobiliari, conosciuto tante persone, non avrei potuto chiudere meglio la mia carriera di calciatore. E poi ho aiutato l’azienda vinicola di famiglia, la Pratum Coller, che negli Stati Uniti sta andando davvero bene, ad esempio siamo presenti a Eataly». Cresciuto tra i vigneti di Castel Mella e della Franciacorta bresciana, il centrocampista campione del Mondo a Berlino nel 2006, ha iniziato presto anche ad assaggiare i rossi e i bianchi, grazie alla nonna che allungava i bicchieri di acqua con i vini di casa. «Siamo fieri di avere superato le trenta mila bottiglie annue nella produzione, che adesso si è arricchita anche delle bollicine. Io partecipo agli eventi promozionali, ci tengo molto, le mie origini, anche se sono andato via di casa a 18 anni per giocare a pallone, sono lì tra le colline e le vigne. Ho avuto un’infanzia davvero felice». È quella che Andrea cerca di dare ai suoi figli. «Ora sono un babbo-tassista, che scarrozza i due più grandi da una parte all’altra di Torino, dove abito, tra allenamenti e altre attività; è faticoso ma penso sia giusto da parte mia essere presente dopo tanti anni in giro per il calcio. Adesso che posso, sto vicino a loro, li voglio vedere diventare grandi».

 

SISLEY Giacca di camoscio con tasconi applicati, pull di cotone a coste, T-shirt di cotone.

Il poco tempo libero lo usa soprattutto per giocare a golf, la sua nuova passione sportiva. «L’ho scoperto da qualche anno e sono rimasto sorpreso dall’adrenalina che riesce a trasmettermi, questo sport ti dà la possibilità di migliorarti sempre. Mi piacciono anche le serie tv, ad esempio ho appena terminato di vedere “You”». Il goleador italiano su punizione è ancora considerato un modello per le geometrie che sapeva disegnare in campo, l’intelligenza tattica, la velocità di comprendere gli schemi avversari: basteranno queste doti per diventare altrettanto bravo come allenatore? «In panchina si riparte da zero, il tuo talento personale non conta più, sei alla pari anche di chi non ha gio- cato ad altissimi livelli. L’esperienza, l’abitudine alla tensione aiutano, così come la fortuna di essere stato allenato da fuoriclasse della panchina, però sono curioso di sapere come sarà allenare. Ambisco ovviamente a una grande squadra, ma so che ci vorrà tempo. Mi piacciono Pep Guardiola e Jürgen Klopp, che siedono rispettivamente sulle panchine di Manchester City e Liverpool». Pensare a un Andrea Pirlo che urla per farsi sentire dai propri giocatori o si sbraccia come un forsennato pare francamente impossibile. «Beh, anche io ho alzato la voce in campo anche se magari nessuno se ne accorgeva, e non credo sarà un problema farsi rispettare. In questo mondo sempre più globalizzato, decisivo è avere idee, condividerle coi giovani, utilizzare le tecnologie. Sto studiando molto perché tra pochi mesi potrebbe iniziare un nuovo capitolo della mia vita e voglio farmi trovare pronto». Un altro soprannome era “maestroˮ, non solo perchè in 756 partite ufficiali ha segnato 73 volte, ma perché ha dato lezioni di stile, nei modi e gesti atletici, che andrebbero ancora studiate. «A volte i ragazzi, specialmente all’estero, mi fermano e fanno i complimenti. Significa», conclude Andrea, «che ho dato un bell’esempio. E a questo tengo tantissimo».

BRUNELLO CUCINELLI Completo di lana e T-shirt di cotone. Mocassini Church's.

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