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La storia dei moti di Stonewall

Era il 28 giugno 1969. E da allora, tutto ebbe inizio
flag symbol

Sulla storia dei moti di Stonewall si è detto di tutto, non senza generare un dibattito che dura da cinquant'anni. Raccontare ciò che successe nelle prime ore del 28 giugno 1969 non è cosa facile, d'altronde: i fatti di cronaca si mischiano al mito, generando controversie e pallidi tentativi di ricostruzione. È il caso del film Stonewall di Roland Emmerich, capace di attirare le critiche di quasi la totalità della comunità LGBT: fare di un giovane biondo dalla faccia pulita colui che diede inizio alla rivolta non è stata una scelta azzeccata, e il motivo è semplice. I veri protagonisti della rivolta, coloro che furono al centro dei fatti di quella notte, erano gli ultimi. Volti che avrebbero potuto ispirare Victor Hugo, in un'altra epoca. Gente di strada, spesso di origini afroamericane o latine: pensiamo a Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera, attiviste transgender che ricoprirono un ruolo chiave nella rivolta di Stonewall.
 

Storia dei moti di Stonewall, il contesto

Per raccontare quella settimana di giugno del 1969, diventata a tutti gli effetti l'inizio di una presa di coscienza mondiale, è doveroso fare una premessa. Negli anni Cinquanta, il Maccartismo portò a un intensificarsi della repressione omosessuale, arrivando anche al purtroppo celebre Lavander scare. In questo scenario, le incursioni della polizia nei locali gay divennero una costante fino agli Sessanta: le persone omosessuali e transgender, considerate colpevoli di un crimine, potevano essere arrestate per i motivi più disparati, come baciarsi, consumare alcolici e vestirsi con abiti del sesso opposto. Nonostante ci fossero state delle relative aperture grazie a una corrente omofila emergente, il pensiero omofobico continuava a essere preponderante. A New York, due facce della stessa medaglia: se le repressioni della polizia si scontravano con l'inesistenza di una vera e propria legge che imponesse la chiusura di un club perché frequentato da omosessuali, la State Liquor Authority era solita negare o togliere la licenza ai locali considerati dannosi per la morale pubblica. In questa zona grigia, lo Stonewall Inn trovò il suo posto.
 

La storia dei moti di Stonewall

Il locale nel Greenwich Village, così come tutti gli altri luoghi d'incontro della comunità omosessuale, cominciò così a operare come bottle bar, un circolo privato senza licenza sulla falsa riga di quanto successe col Proibizionismo nei ruggenti anni Venti. Ed esattamente come allora, il rifornimento alcolico era in mano ai legami tra i gestori e il crimine organizzato, meccanismo che permetteva di prevedere, inoltre, le retate della polizia e di garantire la libertà della clientela grazie a un accordo non scritto. Ma il 28 giugno 1969 accadde qualcosa di diverso. Nessuno avvisò lo Stonewall Inn della retata che, solitamente, si verificava nella prima parte della serata. Quella notte, invece, alcuni ufficiali del primo distretto entrarono nel bar verso l'una e mezza di notte: a essere arrestati, chi non aveva con sé un documento d'identità, chi era vestito con indumenti del sesso opposto e i dipendenti del bar. 
 

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Stanchi dei continui soprusi, i clienti cominciarono a rispondere tanto alle percosse quanto agli insulti degli agenti. Non è chiaro quale fu la scintilla a dare inizio alla rivolta, ma si raccontano tre storie, probabilmente tutte avvenute. Se Sylvia Rivera scagliò un tacco contro un poliziotto, Marsha P. Johnson lanciò un bicchiere contro uno specchio, distruggendolo. E Stormé DeLarverie, una donna lesbica, trascinata verso un'auto della polizia, rivolgendosi alla folla disse: "Perché non fate qualcosa?". Eventi che aleggiano nel mito e che sono assolutamente plausibili, gocce che hanno fatto traboccare il vaso e che un'intera comunità, allora perlopiù segreta, aspettava da tempo.
 

Immediata fu la risposta del popolo dello Stonewall Inn che si ribellò alla polizia, obbligandola a cercare rifugio all'interno del locale. In ogni modo, la folla cercò di stanare gli agenti e solo quella prima notte vennero arrestate 13 persone, oltre a rimanere feriti un numero imprecisato di dimostranti. Pietre e bottiglie vennero gettate contro gli agenti all'urlo di "Gay Power!": una folla di circa 2mila persone, radunata nel corso delle ore grazie a un passaparola, a battagliare contro 400 poliziotti. Nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Una ribellione naturale, necessaria, senza precedenti che andò avanti tre giorni: la rabbia verso l'omofobia e il trattamento ricevuto negli ultimi anni dalla polizia era finalmente affiorata. E lo aveva fatto con una forza inaudita.
 

È a queste voci che dobbiamo gli enormi passi in avanti fatti negli ultimi cinquant'anni riguardo i diritti della comunità LGBT: alla fine di luglio 1969, a New York venne fondato il Gay Liberation Front e, presto, organizzazioni simili sarebbero nate in tutto il mondo. I movimenti omofili fiorirono in Canada, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Australia e Nuova Zelanda, mentre per l'Italia si sarebbe dovuto attendere fino al 1971. 

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A un anno esatto dai moti di Stonewall, il Gay Liberation Front organizzò una marcia dal Greenwich Village a Central Park: circa 15mila persone vi presero parte, diventando i protagonisti della prima parata LGBT della storia. Ecco perché, oggi come allora, giugno è il mese del Pride: un tributo a una rivolta impossibile da ignorare, definita da John D'Emilio, professore dell'Università dell'Illinois, "la caduta della forcina che si udì in tutto il mondo".

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