Niente Coachella fino a ottobre, ma ecco il documentario sul ventennale
Il 10 aprile sarebbe dovuto partire il Coachella Valley Music and Arts Festival 2020. Ma a causa del lockdown da Coronavirus la più grande manifestazione musicale dei nostri tempi ha dovuto riconsiderare i suoi piani: le nuove date sono state così riprogrammate per il 9-11 e il 16-19 ottobre. Nello stesso giorno in cui il festival avrebbe dovuto aprire le danze arriva simbolicamente il documentario “Coachella: 20 Years in the Desert”, prodotto da YouTube Originals.
«Tutti sanno cos’è il Coachella, anche quelli che non amano la musica» afferma Billie Eilish nei primi minuti del film e Moby, che si esibì nella primissima edizione del 1999, confessa: «L’idea di fare un festival in mezzo a un deserto era notevole, ma non mi aspettavo che funzionasse». Il documentario ripercorre le principali esibizioni che hanno definito l’evento negli ultimi 20 anni, da quella di Morrissey nel 1999 al set stellare di Beyoncé nel 2018, soprannominato “Beychella”. Attraverso un’incredibile quantità di filmati d’archivio, il film racconta lo spirito di un festival che cerca ogni anno di migliorare il successo dell’edizione appena precedente. Secondo quanto rivelato dai produttori, un tecnico a tempo pieno avrebbe impiegato un intero anno per digitalizzare tutti i filmati degli archivi per il documentario. «Non volevamo soltanto tracciare la storia del festival, ma cogliere l’opportunità di toccare implicazioni più ampie. Non stiamo parlando di un qualche tenda nel deserto, ma dell’evoluzione della musica elettronica e di una cultura musicale» ha dichiarato Chris Perkel, direttore e produttore esecutivo del documentario.
Prima di diventare un fenomeno mainstream con numeri da capogiro il Coahella in realtà affonda le sue radici nella controcultura grunge della costa ovest americana. Nei primi Anni ’90 Los Angeles era l’epicentro di un nuovo fermento musicale che germogliava dando vita a nuove band, tra cui i Pearl Jam, il gruppo del momento, amato e pluripremiato. I biglietti del “Versus Tour” andavano a ruba, ma quando i Pearl Jam scoprirono che Ticketmaster guadagnava in nero una percentuale sul prezzo d’ingresso, rischiarono di veder saltare una data nel sud della California. Si offrì di aiutarli un giovane promoter locale, Paul Tollet, che propose loro di esibirsi al Circolo del Polo di Indio. C’erano molti dubbi a riguardo: era una zona desertica, a due ore di macchina da Los Angeles, a mezz’ora da Palm Springs e con un clima non proprio favorevole per un evento all’aperto di inizio novembre. La band si convinse nonostante tutte le difficoltà logistiche del caso e al Circolo del Polo di Indio si presentarono 25 mila persone. Paul Tollet colse le potenzialità di quella location e, nei sei anni successivi avrebbe fatto di tutto per trasformarla in un’area idonea agli spettacoli musicali dal vivo. Oggi Paul Tollet, è il capo di Goldenvoice, la società che ogni anno, in aprile, organizza il Coachella Valley Music and Arts Festival, da tutti conosciuto come Coachella.