The roaring Sveva Alviti
Musa del cinema francese, ha ottenuto l'approvazione della critica per il suo ruolo in "Entre les Vagues", di Anaïs Volpé, presentato al festival di Cannes 2021. Ed ora è pronta alla prossima sfida da regista
Text by MARGHERITA MEDA
Photography PAOLO MUSA
Styling GIULIO MARTINELLI
Difficile separare Sveva Alviti dal personaggio che l’ha resa famosa, Dalida, che ha interpretato nel biopic di Lisa Azuelos del 2016. In attesa di scoprirla regista – il suo sogno nel cassetto –, ripercorriamo con lei il suo percorso.
L’OFFICIEL ITALIA: Partiamo dall'inizio. Hai iniziato come modella, poi sei passata alla recitazione. Come mai?
SVEVA ALVITI: Mi sono trasferita a New York a 17 anni, la moda mi piaceva e divertiva. A un certo punto però ho sentito di aver bisogno di altro, volevo poter dialogare con le mie emozioni. Sono molto sensibile, ma ho sempre dovuto nasconderlo: sono cresciuta nel mondo del tennis, dove l'emotività era vista come una debolezza. La recitazione mi ha permesso di liberare questo lato di me. Ho fatto molta gavetta prima di arrivare al ruolo di Dalida.
LOI: Qual è il cinema che ti affascina?
SA: Mi piace il cinema di un tempo, quello fatto di silenzio, di poeticità, di donne sole... “Eclissi” e soprattutto “La notte” di Michelangelo Antonioni con Monica Vitti sono i miei film preferiti. La fotografia, il non aver paura di annoiare, tutto è più lento, meno rumoroso. Mi sembra di spiare i personaggi ed entrare nelle loro vite in punta di piedi.
LOI: Parli di donne sole. Solitudine come quella di Dalida, per esempio; quanto è difficile immergersi nel dolore di qualcun altro?
SA: Per preparami a un ruolo, utilizzo un metodo tridimensionale: guardo il personaggio pubblico – ossia com’è nel mondo –, il suo bisogno e infine come agisce effettivamente. Ma il punto chiave è trovare il collegamento in me con il ruolo che devo interpretare. Ho bisogno di un senso di appartenenza. Con Dalida mi sono davvero immersa nel suo buio, la solitudine è un dolore che conosco bene. Ci ho messo molto tempo a uscire dal personaggio e a ritrovare Sveva. A volte è molto pericoloso lasciarsi trasportare così tanto nella sofferenza, io mi ci sono fusa completamente. Era la prima volta che potevo arrivare a toccare il fondo, nella vita reale non puoi mai davvero perdere il controllo e abbandonarti alla desolazione. Ne sono uscita molto provata.
LOI: Dalida non è solo ombre, è anche luce. Come quella dello spettacolo, come quella dei suoi abiti meravigliosi, in particolare di Pierre Balmain e Azzaro esposti in una grande retrospettiva nel 2017 al Palais Galliera.
SA: Ho indossato molto Azzaro, mi ricordo in particolare un abito bianco e nero lungo di paillettes...
LOI: In termini di moda, chi è Sveva Alviti?
SA: Amo una moda oversize maschile, perché rappresenta la donna che sono e l’immagine che voglio dare di me. Sono una bella ragazza e voglio fare cinema sociale, non sempre due concetti che vanno d’accordo. Nel mostrarmi troppo femminile non mi sento mai veramente a mio agio. YSL, Max Mara, Sportmax, Alberta Ferretti, Brunello Cucinelli... Ci vedo una certa sensualità nell’essere coperta.
LOI: Un altro argomento che hai a cuore è quello delle donne, sei attiva contro la violenza di genere.
SA: Ho lavorato a una serie, a tempo pieno, in cui trattiamo questo tema. Nello specifico il mio personaggio subisce una violenza di cui non si ricorda e la risposta che le viene data è ignobile. Ma noi donne siamo costantemente bombardate da informazioni fasulle su ciò che dobbiamo essere, come vestirci... È una consapevolezza che mi è venuta con il tempo, quando facevo la modella, mi cambiavo davanti a tutti, ora non lo farei mai, mi piace apparire il meno possibile.
LOI: Il mondo del cinema è ancora maschilista?
SA: Dipende. Meno quello francese sicuramente, ecco perché mi piace lavorare lì, i ruoli che mi offrono non sono basati sulla bellezza, c’è un'apertura sulla scelta dell'attrice molto più ampia. Io in generale sono stata molto fortunata, ho lavorato con tante donne: Mirca Viola, con cui ho fatto il mio primo film italiano, Lisa Azuelos, regista di “Dalida”, e Anaïs Volpé, con cui ho girato “Entre les Vagues”. In quest'ultima pellicola tra l’altro interpreto Kristin, un personaggio combattivo, appassionato. Con mia grande sorpresa mi sono riscoperta molto simile a lei...
LOI: In che senso?
SA: È un personaggio verace, come lo sono io. La regista mi ha stregata e dato la forza anche per avvicinarmi alla regia scoprendone il fascino. Lavorare con registe donne è sempre piacevole, ho una lunga lista di nomi con cui vorrei girare in futuro: Céline Sciamma, Alice Rohrwacher prima di tutto. E se volessimo includere anche qualche uomo sicuramente i fratelli Dardenne e D’Innocenzo.
LOI: Un sogno nel cassetto?
SA: Il mio primo film da regista. Non posso anticipare nulla, ma tratterà una tematica sociale (qualcosa che ho vissuto in prima persona). Ho scoperto durante il lockdown che mi piace scrivere, quando insieme al mio compagno (Anthony Delon) ho scritto e diretto un cortometraggio dal titolo “Le jour d’après”, il giorno dopo della morte della madre del mio personaggio. Il protagonista si trova in un limbo: dorme e sogna la madre, la sua voce. D’altra parte sa che deve svegliarsi e organizzare il funerale. La dualità tra l’essere bambino per l'ultima volta e l’essere adulto. Ho girato tutto con l'iPhone, perché mi ha permesso di cogliere le emozioni da vicino. È un progetto che ho seguito interamente, e per il mio fidanzato lavorarci è stato catartico, perché anche lui ha perso la mamma.
TEAM CREDITS:
HAIR: Beppe D'Elia @ BEAUTICK using L'OREAL PROFESSIONAL;
MAKE UP: Lucia Giacomin @ MAC COSMETICS ITALIA;
PRODUCTION: Laura Stella Motta @ SIMPLE AG.
PHOTO ASSISTANTS: Umberto Corsico e Giovanni Lenzi;
HAIR ASSISTANTS: Jacopo Finocchi e Francesco D'Angelo;
STYLING ASSISTANTS: Virginia Papalini e Fernando Echeverría.
LOCATION: Circolo Filologico Milanese.