Oggi la creatività è partenopea
Da qualche anno a questa parte Napoli sta vivendo un momento di fermento artistico, dall’arte alla musica, dal cinema alla scrittura. Non si parla solo di Gomorra (non tanto il libro si Saviano quanto la serie tv, quasi tutta recitata in napoletano). Soundtrack della serie? Di Speranza, rapper di Caserta famoso sia per la trashissima Chiavat a mammt ma anche per per testi più complessi e impegnati. Il napoletano è parlato, recuperato, cantato, recitato, scritto con fierezza, senza indulgenza per il pubblico. I nomi sono molti. Il tormentone musicale Liberato con i video di Francesco Lettieri, regista napoletano che s’è inventato l’estetica indie – e fra poco esce su Netflix il suo primo film, Ultras. DNApoli, Nu Guinea, Early Sound Recordings, Famiglia Discocristiana. Napoli Segreta, un collettivo che recupera il sound disco, funk, afro e latino che la città ha prodotto tra la seconda metà degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80, di nascosto dalla canzone napoletana classica. Cosa accomuna questi artisti napoletani? Il napoletano, s’intende. Il linguaggio è mescolato con frasi in inglese maccheronico, quasi surreale. Una Napoli che prende i suoni anglosassoni e li rielabora, mischia il linguaggio quotidiano a quello di strada, così come i miti della “passione” e della sceneggiata rivisti. Un altra cosa in comune che hanno gli artisti napoletani del momento, insieme ad Elena Ferrante (libri e serie tv), è il non personalismo del collettivo o della stessa Napoli che parla attraverso le loro canzoni, le loro pagine. Sembra che suoni e canti provengano da un eterno inconscio napoletano collettivo.