Michel Haddi Beyond Fashion a Milano: a tu per tu con il fotografo delle star
Dal 19 ottobre al 22 dicembre arriva alla gallery 29 Arts in Progress a Milano la mostra "MICHEL HADDI: BEYOND FASHION", la prima grande personale del fotografo franco-algerino. In questa intervista scopriamo di più sulla sua carriera e suoi momenti più significativi: su tutti l’incontro con Tupac.
La definizione perfetta di Michel Haddi è quella data dallo stesso Michel Haddi. “Sono un prankster” , uno che destabilizza il set con provocazioni e scherzi, esordisce nel spiegare la sua visione di fotografia tutt’altro che convenzionale. Perché il segreto secondo Michel è realizzare uno scatto che esprima qualcosa, con diversi livelli di significato, solo così verrà ricordato per gli anni a venire. Il fotografo franco-algerino ha vissuto tra New York, Los Angeles, Parigi, Londra e perfino Milano dove arriva per presentare la mostra “MICHEL HADDI: BEYOND FASHION”. Presso la galleria 29 Arts in Progress la sua personale sarà divisa in due appuntamenti: il primo dal 19 ottobre al 22 dicembre 2023 e il secondo dal 16 gennaio al 16 marzo 2024. Le immagini raccontano quarant'anni di creatività, di immagini irriverenti, per lo più in bianco e nero, provocatorie. Attraverso il suo obiettivo sono passate top model, icone e leggende dell'arte e della musica tra cui Kate Moss, Cameron Diaz, David Bowie, Naomi Campbell e Tupac, il rapper considerato uno dei più influenti rapper di tutti i tempi e scomparso nel 1996. Per ricordarlo, Michel Haddi ha lanciato il coffee table book "Tupac - The Legend" in edizione limitata e numerata - 500 copie in tutto il mondo - con citazioni dello stesso Tupac, che nel 1993 è stato fotografato proprio da Haddi. Haddi, la cui traduzione letterale dalla lingua semitica è ‘colui che vede’, è riuscito nell’ardua impresa di vedere, appunto, la vera natura di chi posava per lui dietro l’obiettivo – attori, modelle o persone comuni – e a realizzarne un’immagine ora ironica, ora profonda: tutte le sue fotografie hanno una storia da raccontare perché sono immagini autentiche e per questo indelebili. La sua storia costellata di incontri importanti è legata ad doppio filo con le maison di moda, con campagne pubblicitarie rimaste nella storia come quelle per Versace, Chanel, Armani, Yves Saint-Laurent.
Lo abbiamo incontrato in occasione del lancio della sua prima personale in Italia, che comprende tutti i suoi lavori più importanti.
RItratto Michel Haddi (Credit Sarah Coldron - Courtesy of 29 Arts in Progress)
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L'OFFICIEL ITALIA: Il suo lavoro abbraccia 40 anni di moda, arte e cultura. Se potesse scegliere i momenti più significativi della sua carriera, quali sarebbero?
MICHEL HADDI: L’incontro con Marc Ascoli nel 1985. Ho conosciuto Marc a Parigi e gli è piaciuto molto il mio lavoro così ho iniziato a lavorare con lui. È stato uno dei primi a utilizzare quella che oggi chiamiamo inclusione: ha scoperto un fotografo indiano, un fotografo africano e me. Mi presentò a Franca Sozzani, all’epoca Vogue Italia era un magazine molto bello e c'erano fotografi importanti come Irving Penn che facevano parte della scuderia, ma all’epoca la maggior parte delle riviste compreso L'Officiel, erano “bianche”. Un momento significativo è stato quando John Hind, direttore creativo di British Vogue e Liz Tiberis come Editor-in-Chief mi chiamavano per andare in America a scattare Aretha Franklin e altri artisti per la Christmas issue. Ho avuto 45 pagine, e da quel momento si sono aperte le porte verso orizzonti lavorativi in America. La mia agente mi chiamò poco dopo e mi chiese se volevo trasferirmi. Da lì sono iniziati i lavori per altri importanti magazine e per le campagne pubblicitarie di diversi brand. L’Italia è stata e rimane comunque un punto di partenza fondamentale per la mia carriera. Ricordo le campagne per Armani. Mi piace la Francia, ma mi sento più britannico, americano e italiano. E per essere onesto con voi, quando le persone mi chiedono quando sarà la prossima volta che farò una mostra a Parigi, io rispondo nel 2069.
LO: Le personalità, gli artisti o le celebrità che di aver incontrato e fotografato e perché? I momenti più belli del set, gli aneddoti più divertenti che ricordi? Le richieste più folli, divertenti o strane da parte di chi stavi fotografando?
MH: Sono stato felice di conoscere tutti i personaggi che ho scattato. È come se io fossi un ottimo medico, uno specialista, e le persone vengono da me perché si fidano. Sono stato molto contento di lavorare con tutti, tranne che con una persona di cui non dirò il nome perché non me lo ricordo. Ho vissuto momenti molto intensi, ho visto in diretta con i Red Hot Chilli Peppers la caduta del Muro di Berlino. Ho lavorato con Kate Moss, molto tempo fa, con Bowie a Los Angeles e con Iman, ho avuto il piacere di sentire Aretha Franklin cantare “Respect” solo per me. È una cosa indimenticabile. Mi ricordo di quella volta con Francis Ford Coppola nella Napa Valley a casa sua, mentre scattavamo gli ho chiesto di cantarmi una canzone italiana ed a un certo punto guardo dietro di me e c'era Isabella Rossellini. Tutte queste persone, sono stato puro piacere da fotografare. Con momenti di divertimento e io sono un burlone “un prankster”. Ho lavorato con Jean Paul Belmondo e ad un certo punto gli avevo detto di saltare sopra la macchina, e lui bussa sul tettuccio dell'auto e guarda il guidatore, si è sentito libero di improvvisare perché io lo incitavo. Se guardi le immagini dei personaggi che ho scattato sono sarcastiche, ironiche, estremamente sensuali e non sessuali. Per questo la mostra si chiama “Beyond Fashion”, perché quando si guardano le immagini, c'è un doppio significato. Una cosa che non insulto mai sono la religione e le bandiere. Sono stato cresciuto in un orfanotrofio, un convento con le suore.
LO: Un momento importante che va oltre la moda?
Sicuramente quando ho scattato Cameron Diaz. Negli anni '90 è venuta in studio con una t-shirt che aveva l'immagine di un gatto e la scritta "Our pussys, our choice". È molto sarcastico. All'epoca la gente non lo capiva, o forse solo alcuni, ma era prima che qualcuno facesse notare il movimento #MeToo che doveva essere fatto molto tempo fa. Sono stato cresciuto da donne, lavoro per le donne e amo le donne. Le rispetto e le ammiro.
LO: Le richieste più folli, divertenti o strane da parte di chi stavi fotografando?
MH: La richiesta più strana è stata ad una grande festa a Berlino e una coppia che aveva un sacco di soldi voleva che li fotografassi e facessi sesso con loro.
La cosa più strana che mi è successa è stata quando ho scattato per “Cosmopolitan Germania” nello Yemen, due anni dopo la guerra civile. Siamo andati in montagna con cinque guardie del corpo, 12 soldati com mitragliatrici al seguito. A un certo punto decidono di fare la danza del kalashnikov, con una modella e il mio assistente, nella foto sembrano favolosi, ma era tutto molto strano e al limite del pericoloso. Quando sono tornato a New York, abbiamo saputo che avevano tagliato la testa a due turisti.
LO: Com’è lavorare con Michel Haddi?
MH: Mi ritengo fortunato, perché sono sempre riuscito a fare quel che volevo fare. Ad esempio quando andrò a scattare a Napoli per un nuovo brand dal nome Sapio, non abbiamo parlato del tipo di fotografia perché il fondatore, Giulio, mi conosce e si fida di me. Voi italiani, avete un modo diverso di fare, se vi fidate lasciate fare, è per questo che si finisce sempre per avere un lavoro incredibile. Mi piace lavorare così, con la mia libertà. Ora vivo a Londra, tutte le mattine vado in palestra e faccio boxe con Carl Greaves, campione del mondo con cui mi alleno e passo il tempo anche il resto della settimana, quando sono in Inghilterra, perché mi ha aperto la mente su come fare nuove fotografie e nuovi progetti. Ora c'è il libro sulla leggenda Tupac - The Legend by Michel Haddi -, il prossimo sarà sui fiori, tutto a colori ed è estremamente provocatorio, ma solo attraverso immagini floreali.
LO: Come è finito a fotografare Tupac? Cosa le è piaciuto di più di quella giornata con lui?
MH: Scattavo Tupac per la rivista "Entertainment", stava per uscire un nuovo film intitolato "Poetic Justice" con Janet Jackson. Mentre iniziavo a scattarlo ho avuto un’illuminazione, lo vedevo come un imperatore romano, e volevo anche mostrare la sua personalità in maniera diversa. Pensavo all’eleganza di Martin Luther King, e così decido di chiedergli di indossare giacca, camicia e cravatta. Sul set il regista John Singleton mi disse che non potevo fotografarlo così, ma Tupac intervenne, in maniera molto educata e gentile, dicendogli di lasciarmi lavorare. Si accese un sigaro e sostituì il tabacco con della droga, rimanemmo di sasso. Sulla copertina sembra un Cesare nero con gli occhi chiusi, non avevo mai pensato che sembrasse un uomo morto. Mi sarebbe piaciuto frequentarlo anche al di fuori del set, ma quel mondo di gang è impossibile se non ne fai parte. Quando vivevo a Venice Beach il mio vicino di casa era un membro di una gang messicana, gli stavo simpatico e mi disse che non sarebbe successo nulla alla mia casa o alla mia macchina, ma insomma difficile convivere con quelle dinamiche. Ma per tornare a Tupac, come ho detto, era un vero gentiluomo e quell'uomo faceva parte delle Black Panther. Hanno sparato a Malcolm X e hanno sparato anche a lui. Un particolare che ho notato è che Tupac aveva un tatuaggio di Nefertiti sul busto. Un’ulteriore connessione è che la mia tribù, da parte di mia madre, proviene dalle montagne dell'Algeria e il linguaggio dei simboli che abbiamo è molto vicino all'egiziano, all'egiziano antico. Mi aveva affascinato. Le foto di Tupac, se le guardi, non sembrano affatto vecchie in termini di stile. L'ho imparato da Franca Sozzani che una volta mi ha detto: "Se vai in giro per il mondo e devi fotografare per noi qualcuno, non farti venire il mal di testa, portati una camicia bianca e un paio di pantaloni neri, perché la camicia bianca, posso accreditarla come Armani o altri brand. E i pantaloni neri? Lo stesso”. Se guardate le foto di Tupac, lui indossa un completo nero con una cravatta nera e una camicia bianca, potrebbe essere un completo Armani. È eterno.
LO: Cosa rende una leggenda una leggenda? Come è possibile lasciare un segno in questo mondo?
MH: Qualcuno che ti fa sentire bene per qualsiasi motivo, ti ha fatto sognare, ti ha regalato un bel momento nella vita, qualunque cosa. Fidanzato o fidanzata, marito o moglie, è una leggenda. Può essere uno chef, un attore, un musicista o un giardiniere. Guardando all'Italia, Pasolini, Antonioni e Sophia Loren sono leggende perché ti regalano qualcosa di favoloso, di magico. Quando ero un ragazzino, intorno ai 14-15 anni, ho visto un film che si chiamava "Ladri di Biciclette”, quella storia e l’immaginario che ritrae De Sica sono stati una una grande fonte d’ispirazione. Ho praticato arti marziali con Bruce Lee e suo figlio Brandon Lee mi hanno insegnato molte cose, il loro insegnamento e la bravura sono entrate nel mito. Questo è ciò che credo sia una leggenda, come Tupac lo ero per tutti gli afroamericani che si sentivano accolti dalla sua musica.
LO: Qual è la sua posizione nei confronti delle nuove forme di fotografia, come l'uso dell'IA?
MH: La adoro. Sai perché la adoro? La adoro perché è una bufala. E ti spiego perché. Ho scattato delle foto, non posso mostrarvi perché è per un nuovo progetto che sto facendo per il nuovo libro di una nuova leggenda.
Ho mostrato alcune di queste foto a delle persone con cui lavoro, dicendo che le ho realizzate con l'Al. Di conseguenza hanno subito voluto sapere il nome del programma che avevo utilizzato. Ho dato il nome “Michel Haddi La Testa” e loro mi hanno guardato senza capire bene quello che stessi dicendo. "Michelle Haddi La Testa". Intendo la testa. Viene dalla mia testa. E ho fotografato tutto quello che avete visto utilizzando il più incredibile strumento di potere. C’è un problema di copyright incredibile, in America è già illegale la diffusione di foto fatte con AI, non abbiamo bisogno di gente che cerca di fare una nuova campagna su Al, perché alla fine della giornata potremmo essere citati in giudizio. Due settimane fa ho ricevuto un'e-mail da Getty in cui si diceva che tutte le immagini realizzate con Al saranno rifiutate. Io stesso dovessi vedere sfruttate le mie immagini mi impegnerò legalmente a dare battaglia a chi ha violato il mio diritto di autore.
LO: Cosa le riserva il futuro, qualcosa che non ha ancora fatto e che desidera realizzare?
MH: Penso che per prima cosa girerò uno short movie con un produttore italiano, un film di 26 minuti, che sarà estremamente sexy e sarcastico. Mi piacerebbe fare qualcosa con mia moglie e andare in giro con un team per l'America, scattare foto agli abitanti di quei villaggi che sono ancora legati allo stile western. Non riesco a stare fermo e sono sempre in movimento. Prossima destinazione Napoli con Sapio per un’esperienza che sarà certamente unica, e poi vorrei fare una grossa mostra in America con le prime 25 immagini Tupac a grandezza extra tra i 3/4 metri ciascuna. Go big or go home, se non riesco a fare qualcosa di straordinario preferisco non farlo. Sarebbe bello tornare a fare delle belle foto, come si faceva un tempo. Se una rivista che amo mi dà 10 pagine, mi impressiona e mi impegno al massimo. Altrimenti, se si tratta di fare qualcosa di mediocre, lascio perdere. Sono fatto così.
MICHEL HADDI BIOGRAFIA (Parigi, 1956)
Nato da un soldato francese - che non ha mai conosciuto - e da madre musulmana algerina, Haddi ha avuto un'infanzia turbolenta, vivendo in orfanotrofio dall’età di sei anni. Durante questo periodo, sua madre gli porta delle copie di Vogue che lo affascinano sin dalla sua infanzia per le foto pubblicate di grandi fotografi dell’epoca. Aspira a lasciare Parigi e diventare fotografo lui stesso.
Nel 1970 dopo un viaggio in Arabia Saudita, Michel inizia la sua carriera di assistente a vari fotografi. A Londra, incontra il suo mentore Victor Herbert (designer) e nel 1980 apre il suo primo studio dove inizia a collaborare con famose testate come American GQ, Jardin des Modes e British Vogue. Nel 1981 gli viene commissionato da Vogue Hommes un servizio fotografico che segna l’inizio del suo lavoro in Italia, dove nel 1985 incontra Franca Sozzani, futura direttrice di Vogue Italia e allora direttrice di Lei e Per Lui, che chiede a Haddi di unirsi al suo team. Haddi inizia a viaggiare molto e avvia molte collaborazioni importanti (tra l’altro con The Face, GQ, The Sunday Times, Tatler, British Vogue).
Nei primi anni Novanta vive tra New York, Los Angeles, Parigi, Londra e Milano, lavorando per più di 30 anni come uno dei principali fotografi di moda. I suoi lavori sono stati pubblicati da alcune delle più importanti riviste in Europa, Asia e Stati Uniti tra cui Vogue Italia, Glamour Italia, L’Uomo Vogue, Vogue Francia, Vogue Hommes, British Vogue, Mademoiselle, Tatler, GQ, Allure, Vanity Fair, The Face, Arena, Interview, Details, Rolling Stone, Vibe, Elle, Premiere, Stern, The Sunday Times, The Washington Post, Harper's Bazaar e Marie Claire Germany. Ha creato campagne pubblicitarie per Armani, Yves Saint-Laurent, Emilio Pucci, Lancetti, Replay, Lee Jeans, Saks Fifth Avenue, Macy's, Bloomingdales, Guerlain e molti altri.
Clint Eastwood, Martin Scorsese, David Bowie, Uma Thurman, Francis Ford Coppola, Cameron Diaz, Faye Dunaway, Nicholas Cage, Johnny Depp, Heath Ledger, Angelina Jolie, Janet Jackson, Jennifer Lopez sono solo alcune delle celebrità che ha fotografato durante i suoi anni negli Stati Uniti.
Fotografo e regista, Haddi vive attualmente a Londra dove gestisce anche la casa editrice MHS publishing, con la quale pubblica i suoi libri.