L'intervista a Stefano Boeri: il Design Italiano tra passato e presente
Se nel 1900 la parola design non compariva nel Vocabolario della Lingua Italiana, negli anni '50, tra le fila degli intellettuali italiani prenderà piede il concetto di disegno industriale, il design (all'inglese), dove il progetto riesce a emanciparsi dal fare artistico. Stefano Boeri ci racconta la sua visione del design italiano, tra ieri e oggi.
Text by GIULIA GILEBBI
Quando da Monza spostarono la prima Triennale nel capoluogo lombardo, Milano ne divenne centro propulsore, amplificato anche dal 1961 dal sodalizio fruttuoso con il Salone del Mobile. Da Zanuso, Munari, Mari, i fratelli Castiglioni fino a Sottsass, solo per citarne alcuni, data dal secondo dopoguerra l'affermazione del design italiano nel mondo. Per Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano dal 2018, «Ciò che ha reso grande il Salone del Mobile è il rapporto tra la fiera, con un'identità commerciale forte, e la città stessa che si apre in tutti i suoi spazi. Prende vita una festa degli arredi, degli oggetti così come dell'arte e dei modi d'uso. Questa combinazione è il successo di Milano».
Il capoluogo si fa portavoce, per un'intera settimana, del Made in Italy che «è cambiato radicalmente perché è cambiato il DNA di imprese e figure creative. Nonostante ciò, durante il Salone e il Fuorisalone, le aziende ricercano e entrano in contatto con i designer, per sviluppare nuove idee e progetti. Restiamo il cuore del mondo, sotto questo aspetto».
In passato, sperimentazione materica - basti pensare all'introduzione del materiale plastico dai '60 - ricerca e sviluppo e produzione in serie, hanno consentito l'affermarsi di un linguaggio formale degli oggetti d'uso comune. In un mercato globale, il design racconta il valore della cultura materiale, «quello italiano supera, da sempre, la dicotomia razionalista forma-funzione. Gli oggetti di maggior successo hanno un valore funzionale indiscutibile e innovatore, e contemporaneamente uno estetico e simbolico che non si limita a celebrarne la bellezza. È sogno, è immaginario, è riflessione».
Così come la Permanente di Triennale Milano: impronta della collettività che ripercorre, da oltre settant'anni, il cammino degli oggetti che lasciano un segno nella nostra vita quotidiana. «La lampada Arco dei fratelli Castiglioni, che per me è un oggetto di accezione politica, e quindi particolarmente importante», continua Boeri, «è l'esempio di come 1+1+1 faccia 3, ma che potenzialmente potrebbe risultare 33. E moltiplicatore di bellezza e funzionalità; unisce tre componenti semplici, senza essere una mera addizione dei tre. Ha ridefinito il modo di pensare spazio e luce e incarna il genio italiano».
L'ampliamento della Museo del Design Italiano per il centenario dell'Istituzione apre in contemporanea con il Salone del Mobile 2023. «In questi anni abbiamo riportato la Triennale a quel che era, togliendo e aggiungendo pezzi, e cercando di valorizzare lo spazio originale di Giovanni Muzio». Un dialogo lungo cent'anni tra architettura, arte e design, che si prepara ad affrontare i prossimi cento, «la prima Biennale di Monza del 1923, era una Biennale di arti applicate. Questo per me è la chiave di tutto. La Triennale è il punto di incontro tra arte, design e l'alto artigianato italiano».
Tanti i progetti in cantiere, tra cui uno in particolare rivolto ai giovani «Da ITS (Istituto tecnico superiore), stiamo cercando di creare opportunità di integrazione, anche per migranti ed extracomunitari, per promuovere la formazione e crescita professionale».
Le metropoli oggi sono un sistema concentrico di connessioni, in cui si manifestano fenomeni economici, sociali e culturali su larga scala, tra attivatori di conoscenza - e coscienza - di vario tipo, tra cui i designer. Alla domanda su come si immagina le macro-città del futuro Boeri risponde: «sono l'habitat specializzato che l'uomo ha scelto per vivere. Nei prossimi anni, anche a causa del cambiamento climatico, è previsto l'aumento dei flussi migratori con una stima di 250 milioni di profughi, che defluiranno sopratutto verso le metropoli, in continua espansione, dove si consumano risorse e si concentra la povertà.»
«È necessario un piano ambientale, sociale e culturale. Il verde non può ridursi a decoro, devono svilupparsi vere e proprie foreste-città: dall'autosufficienza energetica, in grado di assorbire CO2 e dalla mobilità sostenibile. L'elettrico è un passaggio obbligato. Milano si colloca bene se consideriamo i trend degli ultimi anni, male per superficie ombreggiata, l'inquinamento dell'aria e l'auto proprietà. Queste sono le sfide che ci attendono». E quella per i giovani designer? «Scoprire i propri talenti lasciandosi guidare dalle ossessioni più che dalle passioni. È un lavoro complesso, che richiede tempo».