Design

#TalkingWith Ferruccio Laviani

Il direttore artistico di Kartell, ci racconta il suo universo creativo e progettuale
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“Quando progetto sono sempre abbastanza istintivo. Un luogo, un viaggio, un film, un oggetto che mi affascina possono farmi vedere le cose da un altro punto di vista”. Cosi Ferruccio Laviani, da oltre 30 anni alla direzione artistica di Kartell, racconta la genesi del suo processo creativo. Discreto e defilato, l’architetto lombardo, classe 1960, è una delle firme più eclettiche e autorevoli del design italiano. Lo abbiamo incontrato. 

Da quasi 30 anni sei alla direzione creativa di Kartell. Che ricordi hai degli esordi? 
Tanti. Certamente l'inizio è stato molto complicato perché, anche se a trent’anni avevo già un'esperienza lavorativa abbastanza strutturata alle spalle, era la prima volta che avevo un cliente mio, e avevo il timore di non riuscire a mantenere le aspettative. In tutto questo però Claudio (Luti) non si è mai posto nei miei confronti in modo imperativo o circospetto, ma sin dall'inizio, è sempre stato molto attento alle mie idee, eventualmente critico, ma solo in modo propositivo e produttivo. Da questo punto di vista gli sono molto grato e certamente mi ha aiutato ad avere sempre più sicurezza e coscienza delle mie capacità creative e professionali.

Cosa rende ancora cosi viva questa collaborazione? 
Queste basi su cui si è fondato il nostro rapporto sono ciò che oggi, pur con direzioni a volte divergenti, fa sì che si riesca a parlare, fare progetti e avere visioni sull'azienda che ci stimolano esattamente come allora. Ormai conosco Kartell in ogni suo aspetto produttivo e commerciale, ed anche questo mi aiuta a fare esprimere l'azienda nel miglior modo possibile, passando dalla comunicazione al retail.  

Ricordi qual è stato il primo progetto/oggetto che hai disegnato? 
Come si dice, il primo progetto non si scorda mai! (sorride) Il primo in assoluto, è stato lo stand dal Salone del Mobile del 1991, semplice, quasi didascalico con delle mini ambientazioni dove 'contestualizzare' i prodotti, mentre il primo prodotto è stato Max, ancora in produzione, un tavolo/scrivania con ruote e piano dalla forma curvilinea.

Dall’idea all’oggetto. Come nasce un tuo lavoro e quali sono le tue fonti d’ispirazione?
E' una domanda che mi fanno spesso e ogni volta sono imbarazzato a dover rispondere che le mie ispirazioni vengono da tutto e da niente. Quando progetto sono sempre abbastanza istintivo. Un luogo, un viaggio, un film, un oggetto che mi affascina possono farmi vedere le cose da un altro punto di vista. Non ho un percorso, una traiettoria precisa. Quello che so con certezza è che una volta individuata l'idea, l'analizzo il più possibile per capirne la validità, dopo di che la affianco a un aspetto più funzionale, formale e professionale e dalla connessione di queste, nasce il progetto. 

Che rapporto hai con l’arte? E che cosa pensi del continuo mix di oggi fra moda, arte e design?
Non sono un grande esperto ma so che mi attrae. Il mix di mondi diversi che si influenzano a vicenda, credo risalga alla notte dei tempi, ma di certo quello tra moda e arte, o moda, arte e design è quello che oggi conosciamo di più. Penso comunque che esistano altre forme di espressione e cultura meno note, che condizionano il nostro modo di pensare e progettare.

Il design ieri e oggi: cos’è cambiato? Quali sono i valori e le tradizioni che bisogna conservare?
L'avvento della tecnologia ha un po’ stravolto quelle che erano le tempistiche del progetto accelerandolo e lasciando sempre meno tempo per una verifica e sempre meno margine d'errore. L'essere più eco responsabili e rispettosi di un certo modo di produrre e dell'ambiente è ormai parte stessa del progetto al quale però, aggiungerei una certa onestà professionale e creativa, che non possono mai essere svilite o dimenticate.

Qual è la tua opinione sullo stato attuale dell’industria del design?
Oggi si fa molta confusione tra design, industrial design, serie limitate, styling, etc etc. La parola design ormai indica tutto e niente così come pure tutto dipende dalla 'vague' del momento. Non riesco a dare etichette o fare critiche. Ciascuno è libero di progettare come vuole così come pure le aziende sono libere di scegliere i designer che preferiscono. Per quanto mi riguarda, continuo a seguire la mia strada portando per quel che posso, qualche cosa di me alle aziende con cui collaboro.

Cosa significa parlare di creatività oggi?
È un discorso estremamente complesso che avrebbe bisogno di esperti per venire spiegato e non certo di un architetto mezzo dislessico quale sono (sorride). Creatività forse è solo creare dell'inaspettato.

Quando crei un oggetto, invece, qual è l’emozione che vuoi trasmettere?
Mi piace sempre pensare che la gente si innamori di qualche oggetto che disegno e provi la stessa voglia o piacere di possederlo. Di vetrine piene di sedie, tavoli, lampade è pieno il mondo, perché mai uno dovrebbe prenderne uno nuovo disegnato da me?! Ed ecco che la sola risposta è appunto questa: farlo fermare davanti ad un negozio e guardare un mio prodotto con gli stessi occhi di quando si è infatuati di qualcuno.

Qual è il progetto o l’oggetto che hai disegnato cui sei particolarmente legato? 
Probabilmente la lampada Taj di Kartell. Oltre ad essere il primo prodotto che ho disegnato utilizzando la tecnologia Led, era anche la lampada post Bourgie per la quale ero stato bollato di 'NeoBaocchismo' e con la quale ho voluto dimostrare che potevo benissimo lavorare su di un oggetto ironico e di memoria così come pure su uno neutro, industriale, contemporaneo.

Il mondo del design viaggia in maniera veloce. Credi che sia ancora possibile fare qualcosa di nuovo e originale? 
Direi assolutamente di sì, dipende solo dalla valenza che diamo a queste due parole. Il tavolo Tulip di Saarenen, tutt'oggi una delle icone della 'modernità', è stato il rifacimento in chiave moderna del tavolo Stile Impero a gamba centrale, quindi credo che sulle basi della tradizione e della cultura si possano fare evolvere le cose e ricrearle in modo nuovo.

Kartell ha appena festeggiato 70 anni di storia con una mostra che ha la tua curatela. Ci racconti qualche dettaglio? Quale aspetto dell’azienda hai voluto valorizzare?
Era un sogno nel cassetto ed una specie di 'regalo' che volevo fare a Kartell. Volevo raccontare come si è evoluta l'azienda attraverso questi sette decenni e come l’ha fatto parallelamente agli eventi sociali e le correnti artistiche, oltre a cercare di mostrare come iconograficamente il prodotto fosse stato influenzato dalle varie correnti espressive fino a divenire lui stesso oggetto d'arte o addirittura elemento principale dell'opera di alcuni artisti contemporanei. Un modo di raccontare il design italiano (e milanese), non usando il design ma l'arte.

Qual è secondo te l’oggetto che più di ogni altro rappresenta la contemporaneità?
Lo smartphone, con tutti i pro e contro che la contemporaneità porta con sé.

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