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Cosa vedere alla Biennale

I 5 Padiglioni da non perdere a Venezia
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La Biennale di Venezia, da inizio maggio a fine novembre, è l’evento più importante nel calendario internazionale dell’arte. Quest’anno la manifestazione è curata dal newyorchese Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra, e presieduta da Paolo Baratta. Intitolata May You Live In Interesting Times, la mostra riflette, con sarcasmo, il tempo “interessante” in cui viviamo: questi sono tempi sfidanti e minacciosi. Baratta invita ad interpretarlo anche come un'esortazione a vedere e considerare il corso degli eventi umani nella loro complessità, "un invito particolarmente importante in tempi nei quali troppo spesso prevale un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o paura".

La mostra è divisa in due location, l’Arsenale (un ex cantiere navale del 12° secolo) e i Giardini, nella zona est della città; oltre agli eventi collaterali che girano intorno alla Biennale. La cosa migliore che può fare un visitatore è perdersi in giro, fermarsi dove e quando qualcosa lo incuriosisce. Ma i Padiglioni sono 90 e, per perdersi con criterio, i primi cinque da vedere sono questi.

Il Padiglione della Lituania, che ha vinto il Leone d’Oro, assegnato da una giuria presieduta da Stephanie Rosenthal. L’installazione/performance, realizzata dalle giovanissime artiste Lina Lapelyte, Vaiva Grainyte e Rugile Barzdziukaite, si chiama Sun & Sea. È stata ricreata una spiaggia, illuminata artificialmente, con vere persone che la abitano: uomini, donne, bambini che leggono, sonnecchiano, giocano con paletta e secchiello, si “godono una giornata al mare” mentre dall’alto, dalla balconata, nel buio, gli spettatori li guardano/fotografano/riprendono.

Quello francese è rappresentato da Laure Prouvost, vincitrice del Turner Prize nel 2013. L’artista ha allestito Deep See Blue Surrounding You rimodulando totalmente l’ambiente a partire dall’ingresso che per l’occasione è stato posto sul retro. Immerso nella nebbia. Attraversare i cespugli ai lati dell’edificio ed entrare da una piccola porta secondaria in un interrato pieno di calcinacci per poi emergere nella prima sala. Oggetti d’uso comune sul pavimento azzurrino, mangiati e risputati dal mare. Riassemblati. Polipi, telefonini, scarpe, un piccione con una sigaretta in bocca.

Il Padiglione del Ghana, all’Arsenale. Nuova partecipazione della nazione africana alla Biennale, Ghana Freedom è il dialogo tra architettura e pittura generato dai due protagonisti, l’architetto David Adjaye e la pittrice Lynette Yadom-Boakye, affiancate dagli arazzi di El Anatsui, vincitore del Leone d’Oro nel 2015; ma anche da installazioni, video e fotografie.

Quello della Gran Bretagna è un Padiglione essenziale, dai colori tenui. È Cathy Wilkes l’artista selezionata dal British Council. L'artista ha messo in scena i momenti più importanti della vita di ognuno: personali ma anche universali. Gli attori, però, sono delle bambole-manichino.

Il Padiglione svizzero sembra una specie di night club. Pauline Boudry e Renate Lorenz mettono in atto, attraverso coreografie postmoderne, danze urbane ed elementi della cultura underground queer, i passi indietro compiuti dalla società e dai governi contemporanei.

 

 

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Padiglione Lituania
Padiglione Lituania
Padiglione Lituania
Padiglione Francia
Padiglione Francia
Padiglione Francia
Padiglione Ghana
Padiglione Ghana
Padiglione Ghana
Padiglione Gran Bretagna
Padiglione Gran Bretagna
Padiglione Gran Bretagna
Padiglione Svizzera
Padiglione Svizzera
Padiglione Svizzera

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