«Il cibo è tutto: attraverso i miei progetti riesco a comunicare le mie emozioni attraverso un linguaggio unico». Parola dell’artista Laila Gohar

Il cibo può essere considerato una nuova espressione d&rsquo;arte? Nel mondo di Laila Gohar sì. Nata al Cairo, da dieci anni è residente a New York, dove concepisce esperienze uniche legate al cibo, unendo due delle sue più grandi passioni: il design e la cucina. Non una semplice cuoca, <a href="https://www.instagram.com/lailacooks/?hl=it">@lailacooks</a> &ndash; questo il suo nickname su Instagram &ndash;, crea delle installazioni commestibili in spazi non comuni, come l&rsquo;indimenticabile e immensa torre composta da code di gamberi e rose progettata per le Galeries Lafayette lo scorso marzo, che ha fatto il giro dei social, o la mortadella chilometrica che si era fatta recapitare da Bologna per l&rsquo;evento. &laquo;Il party per l&rsquo;inaugurazione delle Galeries Lafayette sugli Champs Élysées è stato un momento celebrativo, quasi grottesco, ma non in senso negativo: sul soffitto era stata sistemata la palla da discoteca più grande del mondo e tutto era così deliziosamente eccessivo che ho pensato che potesse essere interessante guardare al cibo con la stessa lente&raquo;. Il suo è un modo nuovo di affrontare il food, che tra le sue mani si trasforma in un&rsquo;opera artistica. Amata e stimata dalla moda &ndash; tra i suoi clienti la designer Simone Rocha, Tiffany &amp; Co., Comme des Garçons &ndash; è lei che ha imbastito il meraviglioso catering prima della serata del Met Gala di quest&rsquo;anno, dove ha intrattenuto gli ospiti con una serie di torte dall&rsquo;estetica vintage e cartoonistica, ispirate dai libri di cucina italiana. &laquo;Eravamo a Little Italy, New York in un piccolo ristorante dell&rsquo;epoca de &ldquo;Il Padrino&rdquo;. Ho semplicemente voluto giocare con questo tema&raquo;. Il suo ultimo progetto: quello durante la Shanghai Art Week in novembre, dove ha ricreato il ciclo evolutivo dello champagne Perrier-Jouët. &laquo;Prima dell&rsquo;evento, ho visitato le vigne di Éparnay nella regione dello Champagne. Non sapevo neppure che lì ci fosse la più grande collezione di Art Nouveau d&rsquo;Europa che appartiene alla casa di vini pregiati. Mi ha stupito il fatto che Perrier-Jouët abbia da sempre sostenuto l&rsquo;arte e gli artisti incoraggiandoli a realizzare delle installazioni in maniera assolutamente non tradizionale. Sono stata nel luogo dove vengono prodotte le bottiglie e ho visto con i miei occhi il processo che porta dalla coltivazione dell&rsquo;uva all&rsquo;evoluzione del grappolo in champagne. Quando sono tornata a casa ho riflettutto sulle foglie della vite, sulla loro forma e su quanto siano vulnerabili. Come le condizioni climatiche che da un anno all&rsquo;altro possono cambiare la raccolta e ho pensato quanto fuori controllo sia in&nbsp;generale la produzione del vino... puoi fare qualsiasi cosa in tuo potere ma è la natura che ha l&rsquo;ultima parola. Non sapevo neppure che le fasi vitali della crescita di questa pianta fossero sei in totale; per questo progetto, in Cina, ho creato dei calchi in 3D dei pampini, diventati in seguito sculture di zucchero&raquo;. Il modo di Laila Gohar di rappresentare la cucina ha fatto il giro del mondo. Lo scorso anno ha realizzato per Tiffany &amp; Co., a New York, un&rsquo;installazione per raccontare l&rsquo;indimenticabile film &ldquo;Colazione da Tiffany&rdquo;, costruendo una torre composta da oltre 5mila marshmallows e una meridiana gigantesca ricoperta di cioccolato e liquirizia. L&rsquo;artista in questo caso ha voluto esplorare il tema dell&rsquo;avidità attraverso le sue memorie d&rsquo;infanzia e gli ospiti sono stati incoraggiati a &ldquo;distruggere&rdquo; e mangiare le sue opere. &laquo;Le pietanze sono un materiale con il quale mi esprimo. Attraverso i miei progetti riesco a comunicare le mie emozioni e le mie idee. Il medium è commestibile, ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa&raquo;, Gohar spiega. &laquo;Il cibo è tutto: è l&rsquo;inizio e la fine. È la cosa più basica di cui abbiamo bisogno per sostentarci. È universale e ci unisce&raquo;. La food designer, o meglio, l&rsquo;esteta del food, racconta che la sfida è adattare il lavoro che di solito si fa nelle cucine a ambienti meno accoglienti rispetto a un ristorante, &laquo;e soprattutto saper intervenire in questi spazi. Essere capace di usare dei manicaretti come escamotage per far sì che tra gli ospiti si rompa il ghiaccio, in gallerie d&rsquo;arte o musei, cambiando completamente l&rsquo;atmosfera, permettendo alle persone di sentirsi più libere di esprimersi, in situazioni così esclusive&raquo;. L&rsquo;ossessione per il food che ha investito le nuove generazioni sui social media è fonte di ispirazione per il lavoro dell&rsquo;artista. &laquo;Le persone sono ossessionate dall&rsquo;aspetto del cibo e con il mio lavoro cerco di dare un significato a questa nuova forma di espressione&raquo;. Sposata con Omar Sosa, co-fondatore della rivista di interior design, Apartamento, con cui condivide un eccentrico studio a Manhattan, ama organizzare cene private settimanalmente per &ldquo;nomadi creativi&rdquo;, tra cui l&rsquo;influencer serba Ana Kraš e la designer Maryam Nassir Zadeh di origini iraniane. &laquo;Siamo tutti stranieri. Il clima politico in America è intenso. È importante che gli immigrati lavorino duramente, più di prima. Perché specialmente in tempi come questi di ingiustizie e di &ldquo;muri divisori&rdquo;, c&rsquo;è bisogno che la classe politica si renda conto che siamo noi a guidare l&rsquo;America e a contribuire alla crescita economica e culturale di questo paese&raquo;.

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