L'Outsider: Dargen D'Amico
Dopo Sanremo e il successo della canzone "Dove si balla", Dargen D'Amico pubblica il suo ultimo album "Nei sogni nessuno è monogamo”, simbiosi tra rap e cantautorato colto italiano.
Pioniere, con J-AX, Gué Pequeno e Jake la Furia, della scena rap milanese degli anni ’90 al Muretto − storico puntodi ritrovo per gli appassionati della contro cultura − era conosciuto con lo pseudonimo Corvo D’Argento. Oggi è Dargen D’Amico, la sua musica è una simbiosi tra il rap e la musica colta italiana, e a Sanremo ha presentato la canzone "Dove si balla" un tormentone disco di platino con 25 milioni di streaming. «Il Festival mi ha permesso di recuperare il mio progetto discografico e di uscire dalla staticità. Cercavo una situazione di rottura che mi spingesse fuori dal recinto che mi ero costruito. Il brano l’ho scritto per cercare un punto d’incontro tra me e il mondo, ed è un inno liberatorio», fa parte dell’album appena uscito con dodici tracce “Nei sogni nessuno è monogamo". «Negli ultimi anni ho abbandonato un’abitudine infantile, di cui sento la mancanza: concentrarmi sul sogno. Li scrivevo, me li raccontavo, ci facevo delle riflessioni... L’augurio è di riprendere e farne un trampolino di lancio per la realtà». Dargen D'Amico vede il genere umano come in “Una setta”, ma slegato dall’accezione negativa e «inteso come dimostrazione di vicinanza delle persone che convivono sul pianeta», per fare poi una riflessione più intima sui rapporti personali in “Ustica”. «Le persone hanno mille sfumature, non le vediamo mai tutte; ma solo quelle che ci aspettiamo di vedere. Portiamo tutti elle maschere, io quando promuovo il disco porto gli occhiali». Odia essere definito un intellettuale: «mi sento un egoista che registra le sensazioni che passano attraverso di sé, mentre l’intellettuale riesce a contenere tridimensionalmente i racconti dei suoi simili e della storia, ha un senso globale. Non sono nemmeno preparato per farlo. Le mie canzoni sono scelte di pura creatività, una terapia gratuita; scriverei anche se non ci fosse la musica. Lo faccio per me stesso, fin da bambino. Alle elementari, la maestra Angela ci faceva liberare i pensieri con un’ora di scrittura alla settimana. Mi faceva stare bene e ho sempre avuto la sensazione che mi permettesse di trovare una dimensione sciolta da quello che viviamo. Anche la lettura è terapeutica, leggo tanto, anche più libri insieme. Negli ultimi mesi le fiabe storiche giapponesi.»