Irama Confidential
Il suo nuovo album "Il giorno in cui ho smesso di pensare" è già in vetta alle classifiche insime all'ultimo brano intitolato "5 Gocce" feat. Rkomi. Reduce dalla sua terza apparizione al Festival di Sanremo, il cantante racconta la nuova liaison con Givenchy, le ultime collaborazioni e il desiderio di rappresentare l'Italia all'estero.
Text by SIMONE VERTUA
Photography ANTONIO DICORATO
Styling SIMONE RUTIGLIANO
Con 31 dischi di platino e quattro dischi d’oro, Filippo Maria Fanti in arte Irama presenta il suo quinto album "Il giorno in cui ho smesso di pensare". Mentre i suoi fan attendono il suo nuovo tour, il singolo "5 Gocce (Feat. Rkomi)" è in cima alle classifiche. «Il mio ritorno al Festival di Sanremo è arrivato nel momento giusto. L’anno precedente non ero riuscito a esibirmi a causa del Covid19, ma questa non è la motivazione principale. Ci sono canzoni che meritano di essere raccontate con il megafono alla mano, “Ovunque sarai” è una ballad che non va solo sentita, ma ascoltata e capita. Da italiano sono legato a Sanremo, perché per un cantante pop è una vera e propria consacrazione. Paradossalmente non mi reputo una persona da televisione, benché io ne abbia fatta molta», sottolinea riferendosi alle due edizioni di Amici di Maria De Filippi da cui uscì entrambe le volte vincitore. «Non sono un chiacchierone né uno show man, preferisco far parlare la musica».
L'OFFICIEL HOMMES ITALIA: E quali sono i distintivi della tua musica?
IRAMA: La parola che la descrive perfettamente è eclettica. È sinonimo di libertà artistica ed è una qualità che ha sempre fatto parte della mia vita. La crescita di un artista non è solamente anagrafica, è fondamentale cambiare, stare al passo ed esprimersi in modi differenti perché l’evoluzione è un passaggio inevitabile.
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"La crescita di un artista non è solamente anagrafica, è fondamentale cambiare, stare al passo ed esprimersi in modi differenti perchè l'evoluzione è un passaggio inevitabile"
LOHI: In questo momento che cosa ti influenza di più?
I: Oggi ho voglia di liberarmi di tutte le mie sovrastrutture artistiche. Vorrei dire la verità, senza pensare alla melodia o alla scrittura. Mi piacerebbe scrivere più di getto e senza rifletterci troppo. Sono consapevole che sia un lavoro totalmente fuori di testa, infatti mi spaventa parecchio, ma allo stesso tempo mi incentiva e mi attrae moltissimo.
LOHI: Com’è nato il tuo “Il giorno in cui ho smesso di pensare”?
I: Ci sono voluti un paio d’anni. Ho inserito tante canzoni a cui sono legato che sono state scritte in momenti di vita differenti, alcune scritte all’estero. Il titolo è una provocazione, quel giorno lo aspetto da tanto, non è mai arrivato e mi piacerebbe molto che arrivasse. Il concetto viene espresso anche nel teaser, inizio aprendo con le parole del drammaturgo Fabio Banfo che scrive: “La verità è che non ho mai avuto paura di schiantarmi”. Con la mia musica ho sempre trattato tematiche sociali e anche in questo album ci sono tante canzoni schierate. Ho sempre fatto tutto ciò che mi rappresentava fregandomene di orpelli e schemi artistici. Ho introdotto anche tante collaborazioni perché questo è il mio quinto disco e penso che sia arrivato il momento giusto per i featuring.
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LOHI: E come sono andati?
I: Benissimo, mi sono divertito molto a trascinarli nel mio mondo, sono cresciuto insieme a loro e ho imparato a scoprire cose nuove. Shablo è un produttore formidabile, ha la direzione artistica del disco. Rkomi è un amico e abbiamo già avuto una precedente collaborazione, per cui condividere la musica con lui è stato molto semplice. Ho lavorato tanto sulle sonorità con Willy William fino a quando abbiamo trovato dei punti d’incontro, mentre con Sfera Ebbasta ci siamo ritrovati su un terreno vicino ad entrambi, il latin-urban. Io sono cresciuto con la musica di Gué Pequeno e per me è un onore averlo nel disco, è un cult italiano della musica rap e abbiamo lavorato insieme su una produzione di Mace. Con Lazza, abbiamo elaborato un pezzo schietto, duro e senza troppi filtri, mentre Epoque è una ragazza giovanissima che sta portando la musica afro in italia. Un genere che mi piace tanto e che ho esplorato in una maniera personale.
LOHI: Che cosa hai imparato con questo disco?
I: Sicuramente più cresco e più scopro anche il mio strumento, la voce, che continua a plasmarsi. Cerco sempre di spingermi oltre, il mio obiettivo è superare i miei limiti e mi obbligo a studiare per imparare a superarli. Non sono caduto nel cliché di chi deve fare per forza il disco e vendere, tutto segue la necessità, il bisogno e le esigenze della mia vita.
LOHI: Che rapporto hai con la moda?
I: Nel bene e nel male sono sempre stato figlio della stravaganza, vestendomi anche malissimo, perché ho cercato di sperimentare per imparare. La moda maschile è sempre rimasta un passo indietro rispetto a quella femminile e da piccolo, quando entravo in un negozio, mi colpivano sempre di più gli abiti e le giacche da donna per la loro ricchezza e le decorazioni.
LOHI: Dall’ultimo Festival di Sanremo indossi le creazioni di Matthew M. Williams. Che cosa ti piace di Givenchy?
I: L’estetica ben precisa. Io e il mio stylist Simone Rutigliano abbiamo cercato di far convergere le nostre idee per trovare una realtà che rispecchiasse al meglio la mia musica. Nella direzione creativa di Williams trovo interessante che abbia un lato elegante e allo stesso tempo provocatorio. La moda sta virando sempre di più sull’inclusività e il politicamente corretto, e talvolta risulta tutto davvero forzato. È stimolante quando la moda si lega all’arte e non alle decisioni scontate per la vendita. Mi piace la collaborazione con l’artista Josh Smith, come siano riusciti a conciliare la disciplina artistica delle ceramiche dipinte a mano e le stampe miniaturizzate con la visione della maison.
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LOHI: So che stai pensando di trasferirti in America o in America del Sud...
I: Secondo me a livello artistico sono Paesi molto distanti dal panorama culturale che vivo quotidianamente in Italia. Ho sempre percepito un feeling differente con le persone sudamericane, mi trasmettono una solarità particolare e mi fa bene, perchè io sono un po’ l’opposto, sento di essere cupo e un po’ noir. Mi piacerebbe molto portare fuori la mia musica e rappresentare l’italianità all’estero. La nostra ricchezza culturale non è raccontata a dovere nel resto del mondo.
LOHI: Ora sei libero di dire quello che vuoi.
I: Vorrei che i live tornassero come prima per incontrare dal vivo le persone. Ora partirà il tour e non vedo l’ora di performare sul palco, perché esibirsi rimane sempre la più grande gratificazione per un artista.
FOTO Antonio Dicorato
STYLING Simone Rutigliano
INTERVISTA Simone Vertua
HAIR Shinichi Morita @ ETOILE MANAGEMENT
MAKE UP Vladyslav Rotaru
PHOTO ASSISTANT Florio Rizza
STYLING ASSISTANTS Simona La Via