Mr Rain e il nuovo album "Fragile"
"Fragile" è il terzo album di Mr Rain pubblicato lo scorso 18 marzo. Dopo 12 dischi di platino e le hit di successo "I grandi non piangono mai" o "Fiori di Chernobyl" il rapper torna con dieci tracce scritte di petto, dove fragilità e paure diventano la chiave per affrontare il presente.
Per Mattia Balardi, in arte Mr Rain, l’aggettivo fragile ha un valore particolare, tanto da essere il titolo del suo ultimo album, pubblicato lo scorso 18 marzo. Il cantautore di “I grandi non piangono mai”, “Fiori di Chernobyl” e “A forma di origami” presenta in “Fragile” dieci tracce, affrontate come capitoli diversi di una grande storia, mettendo in piedi un racconto intimo e introspettivo condiviso con il pubblico.
Per promuovere l’album "Fragile" sei andato in una scuola a parlare della fragilità con i ragazzi…cosa ti ha lasciato questa esperienza?
É stata una bellissima esperienza. Ho incontrato una prima e una quarta superiore, è stato inaspettato. Sono entrato così in sintonia con i ragazzi che ho raccontato delle cose che non dico mai a nessuno. Mi sentivo in una bolla, al sicuro. E ho constatato che a prescindere dall’età, le fragilità che abbiamo sono condivise e comuni a molte persone. A trent’anni sono le stesse che avevo da adolescente, ma con il tempo ho imparato ad accettarle e a conviverci.
Senti un senso di responsabilità con un pubblico così giovane?
Cerco nel mio piccolo di non dare il cattivo esempio. Da ragazzino ero fan di alcuni artisti, cercavo di emularli e ripetere ciò che vedevo nei video, volevo essere loro. Per questo cerco di non influenzare negativamente il mio pubblico. In un certo senso lo vivo come un dovere morale.
A quali artisti ti riferisci?
Eminem. Ero super fan, e lo sono tuttora. Ai tempi lo ero così tanto da farmi gli stessi tatuaggi, i capelli biondo platino e provavo a rifare ciò che cantava nei pezzi!
L’immagine del disco presenta delle spaccature, come qualcosa di rotto…interpreti così la fragilità?
Le fragilità sono piccole crepe che ti valorizzano. “Fragile” è un disco nudo dove volevo essere sincero e spontaneo in primis con me stesso; non c’è booklet, zero copertina, tutto minimale. C’è solo la musica e quello che provavo in quei giorni. Il disco è stato scritto totalmente di petto, con tanta sperimentazione dalle strumentali al video.
Qual è la tua fragilità più grande?
Oltre al fatto di essere molto introverso, sicuramente la perenne competizione nei confronti di me stesso, sono diventato schiavo della mia passione. Non vivo il momento, sono sempre proiettato nel futuro e su quello che potrei fare dopo. È una vera tortura perché mi godo tutto troppo poco… ogni tanto mi ripeto che è giusto essere felici e godersi a pieno i momenti belli. Per me è molto complicato.
E se si fermasse il mondo domani, cosa faresti?
Probabilmente sarei perso, come se mi mancassero un sacco di esperienze ancora da vivere. E mi arrabbierei con me stesso, perché sarei consapevole di non aver fatto abbastanza.
L'album "Fragile" è molto personale…non ti spaventa esporti così tanto?
A volte si, ma nel mio caso è anche terapeutico. Sono molto chiuso e l’arte è l’unico modo che ho trovato per tirare fuori tutto quello che mi tengo dentro. Se devo dire qualcosa a qualcuno è probabile che gli scriva una canzone; “I grandi non piangono mai” è un “ti voglio bene” detto a mia mamma.
E quando scrivi una canzone per qualcuno, che reazione ti aspetti?
La canzone per mia madre ricordo di avergliela fatta ascoltare per il suo compleanno. Mio padre e la mia ragazza invece, hanno scoperto che avevo dedicato loro un pezzo solo dopo la release. Sono molto riservato anche nella vita privata, la musica è a tutti gli effetti il mio modo per parlare.
Pensi sia difficile starti vicino per chi ti vuole bene, considerando questo tuo aspetto ambizioso e mai pienamente soddisfatto?
Difficilissimo, ma chi mi conosce sa bene come sono fatto e perché. So di essere complicato, ogni tanto provo a mettermi nei panni degli altri e se fossi in loro sarei già scappato! Ma quando mi butto in un progetto mi piace dare il 200% anche se così facendo, a volte, si lascia indietro tutto il resto…
Questo fa parte del processo artistico, non solo in ambito musicale…
Si lo penso anche io. Ma se non ci sei dentro non riesci a capirlo fino in fondo. Lo vedo con i miei amici, i genitori, la mia ragazza, ci provano ma non comprendono completamente cosa significhi. Secondo me sono convinti che una piccola parte di me lo faccia a causa della mia indole da perfezionista, ma in realtà è amore incondizionato per il mio lavoro, non riesco proprio a guardare il resto.
Abbiamo capito che sul lavoro sei un perfezionista maniacale…
Voce, testo, musica e video sono una cosa unica. Sono pignolo. Il pacchetto Mr Rain non è divisibile, non riesco a concentrarmi su una cosa soltanto, ho bisogno di pensare a tutto in ogni sfumatura. Quando lavoro a un album, faccio più cose contemporaneamente, poi riordino tutto e lo compongo con cura in ogni singolo dettaglio.
La tua mente è in brainstorming continuo…
Multitasking ma solo in questo ambito.
Hai citato la parte video, ti piace?
Fino a “I grandi non piangono mai” giravo e montavo ogni video da solo. Poi ho conosciuto Enea Colombi, ci siamo trovati talmente in sintonia che ora lavoriamo tutti i video insieme. Lui sa già cosa ho in testa, ancor prima che lo dica. Enea mi aiuta ad aggiustarli, mi consiglia…è un processo che dura giorni, e tantissime call.
References cinematografiche?
Dipende dai video. Ad esempio per “Crisalidi” sono partito da un’idea che avevo in testa: wrappare tante comparse creando una composizione quasi fosse un quadro. Ne ho parlato con Enea e in un solo giorno l’abbiamo chiuso.
Tronando all’album "Fragile", ho letto che una canzone non volevi includerla. Ci sono delle canzoni che scrivi ma che decidi di non pubblicare?
Questo no perchè, prima o poi, faccio uscire tutto. Ho solo una traccia che non ho mai pubblicato, vecchissima, magari tra a un po’ la tirerò fuori. Quello che scrivo e produco non sono mai bozze ma canzoni finite. Io sono quello. Non distolgo l’attenzione da quelle tracce scrivendone altre.
Nell’album c’è anche un duetto con Annalisa “Neve su Marte”, il titolo crea un’immagine molto chiara. Com’è nata?
Annalisa è una delle cantanti con cui mi sento più in sintonia. Ho pochissima memoria ma se non ricordo male ci sono due versioni di questa storia. Nella prima, ricordo che stavo scrivendo il ritornello della canzone, ed è saltata fuori “Neve su Marte”. Nella seconda versione invece, io e Anna avevamo una cartella condivisa su Spotify dove inserivamo references e spunti per guidarci prima della session, e la playlist si chiamava “Neve su Marte”.
E cosa c’era in quella playlist?
Era molto varia con moltissima musica americana.
Un augurio per il futuro?
Spero che il Mattia del domani riesca a godersi il momento, nel momento stesso in cui lo vive. Non voglio pentirmi di non essermi vissuto il presente.
E se non fossi diventato un musicista?
Non ne ho idea. Forse avrei girato video o prodotto colonne sonore. Ma credo che sarei rimasto nell’ambiente perchè mi piace davvero tanto.