Due film da non perdere a gennaio, "No Other Land" e "Io sono ancora qui"
Tra i primi film da vedere nelle sale nel 2025, il documentario vincitore a Berlino sulle espulsioni forzate messe in atto dagli israeliani in Cisgiordania, e la pellicola di Walter Salles sugli anni della dittatura militare brasiliana, per cui Fernanda Torres ha vinto il Golden Globe.
"No Other Land", al cinema dal 16 gennaio
Perchè vederlo: Perchè la guerra in Medio Oriente non è iniziata il 7 ottobre 2023
Girato da un collettivo di 4 attivisti, tra cui il palestinese Basel Adra e l’israeliano Yuval Abraham, che appaiono in prima persona, “No Other Land”, premiato a Berlino, shortlisted agli Oscar e presentato a molti festival, documenta i tentativi di espulsione forzata di massa messa in atto dall’esercito israeliano a Masafer Yatta, in Cisgiordania, a partire dal 2019, anche se le demolizioni di case e scuole con le ruspe e la presenza dei carrarmati sono state una costante fin dal 1980, quando la terra su cui sorgono i villaggi viene dichiarata zona militare chiusa ai palestinesi. Con una regolarità pari solo alla resilienza dei palestinesi, l’esercito israeliano arriva, demolisce case, demolisce scuole, spara, imprigiona chi oppone resistenza, chiude i pozzi, distrugge i generatori, distrugge i pollai. E poiché ai palestinesi viene negato il permesso di ricostruire, pur di non abbandonare la propria terra la gente si organizza per vivere nelle grotte.
Una situazione di apartheid in cui i palestinesi non hanno alcun diritto, e che peggiora ulteriormente con le incursioni armate dei coloni, ignorate quando non direttamente appoggiate dall’esercito (il 97% delle denunce contro le violenze dei coloni e il 99% di quelle contro le violenze dell’esercito vengono immediatamente archiviate secondo quanto riportano gli autori), e con i bombardamenti su Gaza. Difficile dimenticare le grida di una donna che urla a un soldato impassibile: "Non ti vergogni?", la tracotanza dei coloni e la loro certezza di impunità, come la madre costretta ad accudire per 2 anni il figlio paralizzato da un proiettile israeliano sdraiato per terra nella sporcizia perchè gli tocca vivere in una grotta e non ha il permesso di raggiungere in macchina un medico.
"Io sono ancora qui", al cinema dal 30 gennaio
Perchè vederlo: per il cast e la magia della Rio anni '70.
Walter Salles, il regista di “Central do Brasil” e de “I diari della motocicletta” sugli anni di formazione del Che Guevara, torna con un film magnifico ambientato nel 1971, durante la dittatura militare brasiliana. Una pellicola di drammatica attualità visto che, come sottolinea Salles: “Nel 2021 un presidente ha conferito medaglie d’onore ai torturatori di quell’epoca. Questo film, concepito prima degli anni di Bolsonaro, purtroppo appare non solo come un film su un passato remoto, ma anche come un film sui pericoli rappresentati da nuove forme di autoritarismo che minacciano il Brasile, per non parlare del resto del mondo”.
La storia è quella, vera, ispirata ad un libro del figlio Marcelo, di Rubens Paiva e della moglie Eunice, arrestato e assassinato lui, desaparecido senza che la sua morte venga ammessa dalla dittatura, e impegnata in una lotta incessante lei per far emergere la verità. Nella trama visiva ricca di imperfezioni del Super 8 che associamo istintivamente ai film girati in famiglia, emergono prima la vita ricca di affetti, amicizia, fermenti culturali di un momento straordinario per il Brasile dal punto di vista dell'architettura, della musica e del cinema, vissuta dalla coppia Paiva e dai loro 5 figli, e poi l’orrore della prigione, della tortura, del sapersi totalmente vulnerabili rispetto a chi ha un potere arbitrario e assoluto sulla tua vita e su quella dei tuoi cari. Salles, che aveva frequentato da ragazzo i Paiva, ricostruisce l’incanto della loro casa di Rio “in cui le porte e le finestre erano sempre aperte”, ne fa il simbolo del “desiderio infranto di un paese che non c’era” e ci restituisce la testarda lotta per la verità di Eunice, magnificamente interpretata da Fernanda Torres, vincitrice per il ruolo del Golden Globe. Laureatasi in legge dopo la scomparsa del marito, Eunice si era poi dedicata alla difesa dei diritti degli indigeni.