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Kerry Washington è la donna dell'anno

Ha conquistato i network televisivi con l’enorme successo delle sette stagioni di “Scandal”. Kerry Washington ora è pronta per la prossima  avventura, tra una serie di nuovi progetti e una società di produzione molto impegnata, proprio come lei, sul fronte dell’attivismo. 

Kerry Washington in cover indossa look GUCCI, BELADORA & TIFFANY & CO.
Kerry Washington in cover indossa look GUCCI, BELADORA & TIFFANY & CO.

Photography by Texas Isaiah
Styled by Katie Bofshever

Se volete farvi una chiacchierra con Kerry Washington, tenetevi pronti per il suo multitasking. «Spero non ti dispiaccia se mangio mentre parliamo», dice allegramente durante una call a fine aprile, «Ho una sola pausa per fare sette cose». E probabilmente sono tutte importanti. L'attrice Kerry Washington, divenuta celebre nei panni di Olivia Pope, la faccendiera politica di tratti quasi supereroici con una vita personale spinosa protagonista di “Scandal” la serie tv su sette stagioni di Shonda Rhimes, si trova ora nell’appetibile posizione di essere apparentemente in grado di fare ciò che vuole. E fortunatamente per il resto di noi, è dell’idea di voler fare la differenza.

Attivista ben prima di diventare attrice, nata nel Bronx ha schierato i suoi contatti hollywoodiani e la sua esperienza nello storytelling a favore di tutte quelle organizzazioni attente ai temi di giustizia civile, da Vision Into Power Cohort, un programma che supporta organizzazioni locali impegnate nell’empowerment di gruppi marginalizzati con il Movement Voter Project, al suo discorso nel 2017 durante la Marcia delle Donne, al coinvolgimento con Time’s Up e al fare campagna elettorale per Stacey Abrams, Joe Biden e Kamala Harris. Nella sua società di produzione, Simpson Street, lo scopo è di rendere centrali dei personaggi di norma secondari nei progetti che produce e in quelli in cui è protagonista che: «Sono freschi e sovvertono l’idea che ci sia un solo tipo di persona che merita di essere al centro della storia».

Per lei, cresciuta nel nome del processo democratico, restare coinvolta in quel tipo di attività è un gioco da ragazzi. «Ho accesso a queste capacità di comunicazione  e ho tutti i diversi tipi di risorse, non sono quella che ne guadagnerebbe di più», dice. I suoi sforzi non sono passati inosservati: Washington è stata nominata nel marzo scorso da “Time Magazine” come una delle persone dell’anno.

Maglione e gonna CHANEL

Con una serie di nuovi progetti da film d’azione in odore di blockbuster a YA - Minded commedie di Netflix, passando per movimentate storie legali e un diluvio di nuovi progetti Audible, la sua stella si staglia sempre più in alto. E L’OFFICIEL cattura la supernova sottostante.

L’OFFICIEL: Grazie per il tuo tempo… non poco per una delle Donne dell’Anno 2022 di Time Magazine!
KERRY WASHINGTON: È stato davvero surreale. Ho legittimamente pensato che i miei publicist stessero chiamando per errore la persona sbagliata. Era una cosa del tipo “Ma io sono Kerry Washington”. E mi sono sentita veramente fiera perchè è un riconoscimento basato sul lavoro che stiamo facendo a livello di produzione e di impegno civico, per elevare realmente le voci di altre persone. Ricevere questo onore per aver elevato, incoraggiato e portato attenzione su persone che stanno facendo un lavoro importante, è  il tipo di considerazione che mi rende davvero orgogliosa.

L’O: Come è iniziato il tuo coinvogimento nell’attivismo?
KW: È stato un percorso molto lungo per me. Arrivo da una famiglia di persone davvero impegnate a livello civico - i miei genitori mi hanno portata fuori a cena quando ho compiuto i 18 anni per celebrare il fatto che avrei potuto votare. Era stato un vero rito di passaggio ed era considerato un privilegio e una responsabilità. Perciò credo che il coinvolgimento civico sia sempre stato parte di come io sto al mondo. E al liceo, facevo molto attivismo sul tema dell’AIDS per educare alla pratica di un sesso più sicuro, oltre che sostenere la causa LGBT, mentre al college mi battevo per i fondi da destinare all’arte e per i diritti del Primo Emendamento. Nel 2016 mi sono svegliata il giorno dopo le elezioni e il mio personaggio in “Scandal” Olivia Pope, era tra i trend topic sui social perché quando c’è una crisi, specialmente in politica, la gente dice “Olivia Pope! Tu devi risolverla!” Tutti mi taggavano in quel momento di vero disordine politico, di tristezza, sofferenza e paura e lì ho sentito di voler rendere consapevoli le persone di quanto potere hanno. Non voglio che la gente si focalizzi su Olivia Pope; voglio che si concentrino sulle loro di agzioni e sul potere che hanno di trasformare le loro comunità e vite. Così ho cominciato proprio a focalizzarmi di più sull’impegno dei votanti, sui diritti di voto e sull’educazione al voto, perché credo che non importa chi tu sia e a cosa tu tenga, tu hai la possibilità di avere un impatto se ti presenti al seggio. Non mi importa se la cosa a cui tieni di più è il votare, o l’educazione, o l’ambiente, il sistema sanitario: qualunque cosa sia la tua priorità, puoi fare la differenza se ti presenti e voti. Ecco dove ho messo molta della mia passione nell’ultima manciata di anni.

L’O: In una tua intervista con Katie Couric in pratica dici: “Siamo finiti così perché la gente si aspettava che un personaggio della TV sistemasse le cose; non fate affidamento su di un personaggio visto  in TV per sistemare anche quello”.
KW: Sai com’è, sei tu la soluzione. Non c’è una figura della TV da reality o di qualche altro genere che possa rendere tutto migliore. La democrazia funziona quando ci presentiamo tutti. Questo non è uno sport da spettatori: ci sono persone vere che operano dei cambiamenti nelle loro comunità. Ci sono dei veri attivisti di comunità sul campo che sono i veri Olivia Pope.

L’O: Ho amato il fatto che tu abbia prodotto quel documentario, “The Fight”, incentrato sugli avvocati della American Civil Liberties Union. Ti rinfranca il cuore sapere che c’è della gente così in gamba che lavora dalla parte della giustizia.
KW: Quando scopri che esistono e il lavoro che fanno ti dici: “Okay! Posso alzarmi oggi”.

L’O: Quanto ti piace l’aspetto di produzione?
KW: Amo molto produrre. Quando si fa dura, sono devastata [Ride] perché ci tengo così tanto. Perciò quando si fa difficile mi dico: “A cosa sto pensando? Dovrei semplicemente agire”. È tutto molto intenso, ma ci tengo così tanto ai progetti che curiamo. Sono sempre così ispirata e motivata nell’espormi dall’altra parte. Sento come se Olivia Pope mi avesse insegnato a essere una produttrice. È proprio come essere una faccendiera: sei lì proprio per render le cose migliori e raddrizzare le storture e aiutare la gente nei momenti in cui ne hanno più bisogno. Mi piace creare uno spazio e un tempo in cui le persone sono contente di venire a lavorare e amano quello che fanno. Creare delle opportunità per i tecnici e gli elettricisti, per chi si occupa dei props, per gli attori e gli scrittori ed essere parte di un team che crea questo spazio in cui diciamo: fai ciò che devi fare, fallo bene e lo faremo tutti insieme. Parte del voler essere un team di produzione non dipende solo dal fare cose che ci esaltano, che amiamo e di cui andiamo fieri, ma anche dall’entusiasmo per come le facciamo, in un ambiente che è pieno di rispetto e di mutua ammirazione e di lavoro duro, ma anche di gioia.

L’O: Come scegli i progetti?
KW: Il nostro ethos qui a Simpson Street è di gravitare su progetti che sovvertano l’idea di alterità, facendo in modo di rendere centrali dei protagonisti che possono essere marginalizzati o trascurati dalla società nel complesso. Ognuno è il padrone della storia della propria vita o narrazione. Credo che siamo attratti da storie con dei protagonisti improbabili - improbabili non per me, per la cultura in senso lato.

"Non voglio che la gente si focalizzi su Olivia Pope; voglio che si concentrino sulle loro di azioni e sul potere che hanno di trasformare le loro comunità e vite"

Camicia e pantaloni PRADA Anello di diamanti TIFFANY & CO. Anello d'oro KERRY'S OWN

L’O: Ho visto il tuo film del 2016, “Confirmation” dopo il dibattito per la nomina alla Corte Suprema della giudice Ketanji Brown Jackson. Che effetto ti ha fatto interpretare Anita Hill? Hai trascorso molto tempo con lei?
KW: Sì, è diventata una buona amica. È una tale eroina, una rockstar e ha sacrificato così tanto. Ha davvero sacrificato la sua vita privata per il movimento. Uno dei momenti più surreali della mia carriera è stato fare il training sulle molestie sessuali che la produzione aveva organizzato prima di iniziare le riprese di “Confirmation”. Era questa donna il motivo per cui oggi ci sono questi training, ha davvero trasformato la cultura. Ha cambiato il nostro linguaggio, la nostra ideologia. È di così grande ispirazione pensare al numero di donne entrate in politica e nella pubblica amministrazione per via di ciò che ha sacrificato e di quanto si sia fatta avanti.

L’O: Che mi dici di “L’Accademia del bene e del male”? Da quanto ho capito sei una versione più cool di Glinda la Strega Buona, o sono fuori strada?
KW: Ci hai preso [Ride]. Io interpreto la Professoressa Dovey, preside dell’Accademia del Bene ed è stato divertentissimo perché non avevo mai lavorato con Charlize [Theron, nel ruolo della preside dell’Accademia del Male] e la amo. La adoro ed è stato fantastico poter passare un po’ di tempo insieme e connetterci come attrici, madri e artiste. È stato delizioso e divertente. Ricordo un giorno sul set in cui ho detto  “Ohh, tutti quanti, esprimiamo un desiderio”, lo faccio sempre. E lei: “Oddio, tu sei quel personaggio”. [Ride]. “È un po’ uno schifo. Tu non bevi caffè e sono le 11:11, io non posso, proprio non posso”. Ci abbiamo riso un sacco su questa storia, era un po’ come interpretare il nostro sé più segreto. Che divertente! Sono molto gasata da questo film, anche se non è una produzione Simpson Street, sfida la nozione di ciò che buono e cattivo, di ciò che le principesse dovrebbero essere e cosa invece le streghe e di chi si ritrova al centro della storia.

L’O: Tanti attori mi hanno detto che è più soddisfacente interpretare un cattivo, come ti accade in “The Prom”, tu cosa preferisci?
KW: Io mi diverto sempre, amo davvero il mio lavoro. Mi piace un sacco quando i personaggi hanno in sé qualcosa di buono e di cattivo, perché secondo me è questa la reale condizione dell’umanità: nessuno è completamente buono e nessuno è del tutto cattivo. Ricordo mentre stavo leggengo la sceneggiatura di “Scandal” con questa donna tostissima, una supereroina che sembra sapere tutto, fare tutto ed essere tutto, e poi negli ultimi dieci minuti scopri che VA A LETTO con il PRESIDENTE? Ed è SPOSATA? COSA?! [Ride]. La complessità mi esalta e mi diverte.

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L’O: Hai citato  alcune volte il tuo personaggio in “Scandal”. È bello che tu non ti sia stancata di parlare di Olivia Pope.
KW: Niente affatto, quello show ha cambiato tutto della mia vita! E per molti aspetti ha trasformato il panorama televisivo. È stato un momento storico per la natura della sua protagonista [Quando Washington è stata scritturata per “Scandal”, era la prima donna di colore ad essere la star di una serie TV dal 1974, cioè 38 anni prima], per come usiamo i social media, ma ha anche in qualche modo rivoluzionato l’abbigliamento da lavoro per le donne. È stato davvero trasformativo, anche nella mia vita privata, negli anni in cui ho lavoroto in “Scandal”, mi sono sposata, ho messo su famiglia, ho comprato la mia prima casa. È stato un capitolo importante della mia vita. Sono molto fiera della carriera che mi ero costruita prima di “Scandal”. Sono molto orgogliosa di tutti gli incredibili film e lasciti  di cui ho fatto parte. Poter essere parte di opere come “Ray”, “L’ultimo re di Scozia” e “Save the Last Dance” è stata una benedizione, sono davvero molto fortunata. Ma “Scandal” non è solo un capitolo importante, è anche lungo! Perciò è difficile da ignorare. Ma mi sento molto fiera di quanto ho fatto dopo. Sono così fiera di “American Son” e di “Little Fires Everywhere”. Credo che siamo stati capaci di svolgere un compito importante e di grande impatto, dobbiamo continuare così.

L’O: Hai sempre voluto fare l’attrice?
KW: Mia madere ti direbbe che sono sempre stata una bambina teatrale [Ride]. Ho sempre amato le arti e l’esibirmi, ma non lo vedevo come un lavoro vero. Non sono cresciuta in mezzo a gente dello spettacolo. Non ho davvero capito che si trattava di una possibilità per me finché non sono andata al college. Mi sembrava una attività extra-curriculare. Ci sono molti ragazzi al liceo che giocano nella squadra di pallacanestro senza nessuna speranza di giocare nell’NBA o nel WNBA, io ero un po’ così. Del tipo, mi piace quello che faccio, ma non è una carriera vera e propria. Mia madre è una professoressa e mio padre un agente immobiliare, perciò si presumeva che avrei avuto un lavoro “vero”. Però due cose accaddero al college: una è che ottenni una borsa di studio di recitazione per la George Washington University. Per la prima volta, qualcosa era cambiato in me del tipo: “Oh la recitazione sta di fatto pagando la mia educazione”; paga perché io viva e studi qui. È stato come iniziare a coltivare l’idea che potessi sostenermi attraverso la mia arte. E poi seguii un programma dove si iniziava a imparare il business del mestiere d’attore, e sebbene facessi parte di un sindacato per via del lavoro svolto nei miei anni da teenager, ho iniziato a pensare che ci sono sindacati per attori. Avendo mia madre che era un’insegnante in pensione, sapevo che i sindacati erano roba per gente che lavora - scaricatori di porto, operai, infermieri, insegnanti - gente con professioni vere. Diventare una attrice non richiedeva che il mio obiettivo fosse di diventare famosa. Perché non volevo diventare famosa; non pensavo davvero che avrei potuto essere famosa. Non la vedevo questa cosa per me, mi immaginavo membro dello Screen Actors Guild - American Federation of Television and Radio Artists  e della Actors Equity. Il che ha cambiato la mia idea di ciò che l’obiettivo dovesse essere. È lì che ho iniziato a pensare di provarci.

L’O: Hai recitato in un paio di piéce a Broadway - “Race” di David Mamet nel 2009 e “American Son” di Christopher Demos-Brown nel 2018. Com’è andata?
KW: Essendo cresciuta a New York, ho un background teatrale, ho lavorato con compagnie e recitato sul palco al college, perciò quella è per me la forma più pura di ciò che facciamo. È anche la più dura e gratificante. Mi piacerebbe poter fare come Denzel Washington che nel corso della sua carriera, ogni tre anni o cinque anni torna a Broadway, solo per assicurarsi che i suoi ferri del mestiere siano ancora tutti a posto e per vivere quella specie di immenso appagamento e gratificazione che ti arriva dall’essere nella stanza con le persone a cui stai raccontando una storia.

"Non volevo diventare famosa; non pensavo davvero che avrei potuto essere famosa"

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AC: Hai diretto un episodio della serie in uscita “Reasonable Doubt” e in precedenza hai diretto degli episodi di “Scandal” e “Insecure”. Ti piace dirigere? Vorresti farlo di più?
KW: Mi diverto molto. È entusiasmante avere un altro modo per esprimere me stessa e per collaborare. Non sono pronta per abbandonare il resto in favore della regia, ma mi esalta il continuare a imparare e il crescere come regista.

L’O: Scommetto che stare dall’altra parte della macchina da presa è fonte di ispirazione anche per la recitazione.
KW: Ahh! Ho sempre pensato che sui set dovrebbe esserci un giorno in cui ogni attore deve svolgere i lavori degli altri. Sarebbe incredibilmente inefficiente, ma impari così tanto quando ti metti nei panni di un altro membro della crew e pensi al di fuori dell’area in cui sei esperto. Soprattutto per gli attori, sarebbe fantastico se potessero provare a dirigere - e per i registi se provassero a recitare! C’è così tanto da imparare.

L’O: Che mi dici dei progetti di Audible su cui stai lavorando?
KW: Ce ne sono un po’ e sono super gasata. Il primo a essere annunciato e al debutto quest’estate si chiama “Prophecy” e il cast è incredibile. [Laurence Fishburne e Daniel Dae Kim sono co-protagonisti]. È di grande ispirazione e molto divertente.

L’O: A cosa stai lavorando ora?
KW: Abbiamo due serie in produzione al momento. Una, “Reasonable Doubt”, è già stata annunciata e l’altra non ancora, ma non vedo l’ora di farlo.  E poi quest’estate girerò “Shadow Force” che un grande film d’azione molto eccitante, perciò ogni giorno torchiavo Charlize chiedendole: “Ma quindi per quante ore ti alleni?”, perché lei ne ha girati così tanti ed è maledettamente brava in quei ruoli. Mi è stata in effetti molto d’aiuto in termini di preparazione. Ma è un gigantesco action movie a Lionsgate con me e Omar Sy, che è delizioso. Ce la godrremo un sacco, è un film molto divertente.

L’O: È il tuo primo ruolo del genere?
KW: Ero nel cast di “Mr. and Mrs. Smith”. Avevo dovuto fare alcuni stunt e scalare una montagna insieme ad Angelina [Jolie]. Eravamo su questo muro gigante che avevano costruito perché sembrasse una montagna. Io mi sono divertita e ho sempre pensato che avrei voluto tornare a quel tipo di storia, farne di più ed eccomi qui! È figo perché ultimamente il mio programma della giornata è del tipo che sto due ore nella stanza dell’editing, poi ho due ore di training per il combattimento e poi vado sul set per un altro show e di nuovo torno al fight training o mi alleno.

L’O: Mi sembra che alternare l’editing di un film a un allenamento per il combattimento potrebbe alla fine diventare un buon equilibrio tra lavoro e vita. Hai qualche progetto o parte che stai sognando in questo momento?
KW: Sono davvero appassionata dei progetti che abbiamo in cantiere e delle cose che stiamo sviluppando, ma non c’è un ruolo specifico a cui ambisco. Gli attori che ammiro e a cui mi ispiro di più, quelli che per me sono stati dei fari, sono quelli che sono andati all’avventura nella loro carriera, che si sono permessi di provare cose nuove di avere una visione, ma anche di prendersi dei rischi. Penso a Diahann Caroll e Rita Moreno, e Barbra Streisand, Jane Fonda e Cicely Tyson. È quella capacità di reinventarsi e di rimanere creativamente curiosi che mi ispira più di tutto.Voglio essere sopresa dalla vita: voglio essere sfidata e ispirata. Come artista, penso che quando mi permetto di essere in quello spazio è quando permetto ad altre persone di avere la stessa esperienza.Ti senti ispirato nel vedere qualcosa quando sai che gli artisti che l’hanno realizzato erano a loro volta ispirati. C’è di certo dell’ambizione nel voler continuare a esplorare nuovi territori e a sfidarmi in altri modi, ma cerco anche di abbracciare l’umiltà del non sapere cosa accadrà dopo.

L’O: Sembra la situazione ottimale, in effetti: lasciarsi andare, ma al contempo fare il miglior lavoro possibile.
KW: Si, è vero. Farsi vedere e poi dire: “Va bene, non sono io in carica”.

HAIR Larry Sims
MAKEUP Kara Yoshimoto Bua
MANICURE Diem Truong using Dior Vernis
EXECUTIVE PRODUCER Paul Preiss
PRODUCTION Courtney Joan Zupanski
LIGHTING Vassily Maximilian
DIGITAL TECH Maria Noble
PRODUCTION ASSISTANTS Talon Hadfield and Nico Kayser

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