Growing Up Andra Day
Sugli schermi, la hitmaker in ascesa ha fatto scoprire Billie Holiday a un'intera generazione di fan. Ma la vincitrice dei Golden Globes ha anche molte altre storie da raccontare.
Photography Alexi Lubomirski
Styled by Laura Ferrara
Il ruolo da protagonista nel film di Lee Daniels “The United Stated vs. Billie Holiday” l’ha portata a incarnare la cantante jazz durante la stagione degli awards cinematografici. La sua canzone, “Tigress & Tweed” è stata ispirata dai profumi preferiti di Holiday. Anche il suo nome d’arte Andra Day deriva dal soprannome della stessa Holiday, che si faceva chiamare Lady Day. Canta come Holiday, si fa notare come Holiday e pure è sboccata come lei. E quando si immedesima nella parte, restituisce un’immagine di Billie molto meno triste.
Eppure frasca dagli Oscar 2021 Andra Day è qualcun’altro. Ha 36 anni, porta un altro nome e ha una famiglia solida e amata che è attualmente sparpagliata sulla West Coast. Cassandra Monique Batie, il suo vero nome, è una figlia della California del Sud, cresciuta in fretta nella zona a sud-est di San Diego, dove vive la maggior parte della popolazione nera. I Batie (da pronunciare BAY-tee), insieme a un po’ di gente a sud della Interstate 8, si erano spostati laggiù per lavorare nell’indotto dell’enorme flotta del Pacifico della Marina, sono Navy people, dei Master Chief come suo padre, o dei Marines, sebbene il loro angolo di San Diego, Paradise Hills, sia quello più lontano dall’oceano e il più vicino a Tijuana, in Messico, motivo per cui parla bene in spagnolo, sa a memoria i menu tacos e, recentemente, è apparsa nell’album del rapper Ryan Anthony, “Barely See the Beach 3”.
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«Cos’è “Grace e Frankie”?», chiede Day quando sente il nome di una famosa produzione Netflix con Jane Fonda e Lily Tomlin che si svolge in una casa sulla spiaggia di San Diego, appena più a nord di dove è cresciuta. Certe parti più bianche e più a tono della città sembrano Brigadoon per i ragazzini di Paradise Hills, «Devo darci un’occhiata», aggiunge. I suoi vicini a San Diego, e più a sud, a Chula Vista, spesso puntano a sud in cerca di ispirazione estetica, verso culture e gusti che risuonano più in profondità nelle aree della popolazione messicana o messicana-americana e non stupisce che nel 2015 si fosse presentata per il suo “Tiny Desk Concert”, organizzato dalla NPR music, come una appena uscita dal barrio.
Danny Barker, il grande talento jazzistico nato a New Orleans, era solito dire che il pubblico prima di tutto ascolta con gli occhi, perciò quel giorno la gente ascoltò al di là delle unghie laccate alla Barbra Streisand, dell’eye-liner alla Eartha Kitt, delle labbra rosse in stile Sade. In altre parole, vide esattamente ciò che Andra Day voleva che fosse visto: una ragazza alla mano, di quelle toste, fatta e finita. «Lo faccio per le ragazze del quartiere», spiega, «e non si tratta solo del posto da cui vengo, è un fatto, una roba tipo “Ok, magari non ho i soldi e faccio fatica a tirare a fine mese, magari sono incasinata emotivamente, ma faccio in modo che le cose siano a posto, che la coda di cavallo sia dritta, gli orecchini ben sistemati, il trucco in evidenza, le ciglia lunghe, i tacchi si facciano vedere, insomma che il look sia fresco”, perché è qualcosa che ti fa stare bene. A volte ti dà quel pizzico in più di fiducia».
Il sound di Andra Day è dinamico, rauco, un po’ vocalist jazz venuta fuori dal fondo della fila. «Ci sono molti parallelismi con la Holiday nelle qualità ambrate della sua voce», dice Howard Reich, critico jazz di lungo corso del Chicago Tribune. Il fatto che possa scivolare così facilmente nel timbro vocale della Holiday, può oscurare il fatto che abbia familiarità con le altre paradisiache sorelle del jazz, incluse Ella Fitzgerald, Dinah Washington, Sarah Vaughan, Lena Horne e Nina Simone.
«In chiesa dicono “studia per dimostrare che sei approvato”», spiega la cantante Quiana Lynell, che nel 2017 ha vinto la Sarah Vaughan International Jazz Vocal Competition.
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"Il suo nome d'arte deriva dal soprannome della stessa Holyday che si faceva chiamare Lady Day. Canta come Holyday, si fa notare come Holyday, ed è pure sboccata come lei."
«Nel jazz, devi dimostrare che hai lavorato per ottenere le credenziali da tutti, i bookers, gli agenti, gli altri musicisti che ti possono prendere in considerazione per lavorare con te. Gli strumentisti possono esplorare ed esplorare. Per i vocalist è più dura». Ed è perché a un certo punto Fitzgerald, Washington, Vaughan e le altre si devono acquietare. L’ostacolo più grande per qualunque cantante, infatti, sta nel trovare un suono che sia unico. Nel regno del jazz, del R&B, del pop e dell’hip hop, Andra Day deve suonare come Andra Day, o più precisamente come Cassandra Batie.
Probabilmente il talento musicale scorre nel sangue dei Batie, ma è difficile stabilirlo al di fuori della Chiesa Metodista Unita di Chula Vista, dove la famiglia andava a pregare e dove la madre di Day, Delia ‒ anche nota come Missy ‒ ha lavorato a lungo come custode, poi come gestrice. «Mia madre in realtà ha una bellissima voce, ma non la sentirete mai cantare perché è troppo timida», dice Day, aggiungendo che il padre, Joseph, canta anche lui molto bene. I genitori si sono separati quando aveva 17 anni e hanno divorziato successivamente. Il fratello più giovane, Jaxon, ha abbandonato prima del tempo la stessa scuola d’arte che aveva frequentato lei, ma rimane un cantante e multi-strumentista. «Ha sempre paura di non essere abbastanza bravo», dice, riconoscendo gli stessi dubbi che affliggevano la sua stessa carriera. «Scrivi nel pezzo che Jaxon l’anno prossimo farà uscire il suo album d’esordio», dice, «Così gli mettiamo un po’ di pepe al culo».
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Vale la pena ricordare che Day è irriverente e più si parla della sua famiglia, più diventa divertente. Definisce sua sorella maggiore, Nadea Guillort, una gangster al liceo: feroce, leale e sempre pronta a tirare un pugno. Jaxon era lo spione. Joshua, un altro fratello minore che ora restaura mobili antichi, sembra il bravo bambino cresciuto, ma forse era solo più discreto. Sua madre, ora in pensione, scrive libri per bambini con il nome di D.A. Batie. «In realtà ne ha scritto solo uno», dice Day, «intitolato “Sento il vento soffiare e mi domando”. È bellissimo vedere la tenerezza dei bambini in lei».
Il suo parlar chiaro la rende trasparente ‒ la gente nel giro dell’entertainment dice “Onesta” ‒ e la sua accessibilità emotiva trasla facilmente dal palcoscenico allo schermo. È una specie di X-factor che diversi performer hanno avuto, gente come Doris Day, Abbey Lincoln, anche Lucille Ball, il cui stile Day ama emulare. Sono donne che si mettono in abito da sera e parlano di roller skate, di sottaceti... «Cercavo sempre di farla franca su ogni fronte» dice Day, ricordando la sua adolescenza, «a un certo punto mi ero messa a rubare la macchina di mia madre per farmi un giro. Era una Toyota Camry color bordeaux e mi ricordo la volta in cui non l’avevo guidata molto lontano dopo averla rubata. Ero solo andata dai vicini, nella casa dietro l’angolo». Non ci vuole molto a immaginare cosa era poi successo una volta rivista la madre. I Baties raramente risparmiavano le bacchettate. «Avevo pensato di scappare, ma non sapevo come».
Vent’anni dopo, la madre di Day vive ora con lei nella San Fernando Valley a tre, forse quattro ore a nord di San Diego, a seconda del traffico. Day è stata a Los Angeles per quasi dieci anni, un luogo dove non solo la sua carriera ha preso il volo, ma dove si è “ripulita” da certe abitudini che la dominavano intorno ai vent’anni. «Il mio primo album (“Cheers to the Fall”, ndr) parlava proprio di quello, del fatto che non avevo un appetito sessuale molto sano. Non voglio indorare la pillola, era come una dipendenza all’epoca, mi infilavo in relazioni incasinate, per spezzare cuori altrui». Da quando ha dichiarato pubblicamente di essersi astenuta dall’avere rapporti sessuali negli ultimi sette anni, si è rinsaldata la sua fede cristiana. In un’industria che prospera grazie al magnetismo sessuale, la castità potrebbe essere la mossa più audace e Andra Day non sembra avere fretta di cambiare la situazione. «Vorrei aspettare finché non mi sposo e se non succede, non mi rovinerà la vita. Ho molto amore e l’amore arriva da molti punti differenti».
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«Non è il diamond district, è il Southeast», così rappa Andra Day nel video di Ryan Anthony per Southeast Summers. In tutto quel sole californiano, sembra divertirsi un mondo: «Non c’è un altro posto dove vorrei essere/Quando è estate nel Southwest». Andra Day dice che potrebbe tornare a San Diego in futuro. Dopo più di 15 anni nello show business, forse il mondo non ci farà caso se se ne torna a casa per un po’. Ci sono due nipoti, un maschio e una femmina, che le piacerebbe veder crescere e per quanto riguarda la sua carriera, dice: «Puoi lavorare praticamente da dove ti pare».
Anche se tornasse a casa, è probabile che la nuova generazione di Baties sarà disinteressata al suo successo, come tutti gli altri. «In qualche modo, non li ha toccati per nulla. Tipo che magari io dico “Sono stata nominata per un Golden Globe e per un Oscar” e loro mi rispondono “E che cavolo, sei in ritardo per andare a prendere il cibo cinese! Ah comunque, congratulazioni”. Sono una presenza che mi tiene bene ancorata a terra, non credo sia cambiato nulla nei nostri rapporti e questo mi aiuta nell’essere ancorata alla realtà».
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Eppure, quando Andra Day ha vinto il Golden Globe come Migliore Attrice in un Film Drammatico nel febbraio scorso, era seduta in mezzo ai suoi genitori divorziati che la tenevano per mano e che sono scoppiati a piangere al momento dell’annuncio ufficiale. «Mi hanno vista lavorare così a lungo, affrontare dei cambiamenti incredibili e raggiungere uno stato di pace. Alla fine credo che sia quello che davvero vogliono per me. Perciò, non importa cosa faccio, se sono in pace, è quello che più di tutto conta per loro».
HAIR Tony Medina
MAKEUP Porsche Cooper using LA MER
NAILS Jolene
PRODUCER Dana Brockman
DIGITAL TECH Diego Bendezu
PROPS STYLIST Jack Flanagan
PHOTO ASSISTANTS Gregory Brouillette, Justin Loy, and Ricky Steel
STYLIST ASSISTANTS Jade Study and Amer Macarambon
SPECIAL THANKS Villa Carlotta