Interviste

#WONDERWOMEN: Molly Goddard

In conversazione con Molly Goddard #WONDERWOMAN de L'Officiel Italia
toy doll costume

I suoi abiti di tulle neon o pastello, fragili e voluminose costruzioni che richiedono metri di tessuto, al tempo stesso gioiosi, romantici ed edgy, piacciono a Rihanna, Björk e Cindy Sherman. Silhouette aggraziata e lunghi capelli rossi, la trentaduenne londinese Molly Goddard ha lanciato il suo brand nel 2014.

Come è nata la tua passione per la moda?
Sono cresciuta vicino a Portobello, negli anni ʼ90 era un posto eccitante. La gente si vestiva in modo creativo, come i miei genitori, appassionati di vintage. Adoro vestirmi, ho sempre amato i colori forti e il lavoro artigianale che cʼè in un abito. Credo che la moda serva ad alzare il livello di self confidence e a renderti felice.

Perché hai scelto il tulle come tuo materiale signature? 
Mi è sempre piaciuto, credo che faccia “esplodere” i colori come nessun altro materiale. È così leggero che ne puoi utilizzare una quantità esagerata senza che l’abito diventi importabile. E mi piacciono i tessuti trasparenti perché permettono di vedere la costruzione e il lavoro che c’è dietro.

Il tuo look personale ha influito sulla concezione delle tue collezioni?
Mi sono sempre fatta i vestiti da sola. Credo di essere diventata una stilista perché mi interessava indossare cose che non potevo comprare o che non trovavo già realizzate. Ho cominciato da ragazza, per andare nei club nel weekend: il venerdì sera tornata da scuola cucivo un vestito in un paio d’ore, magari non aveva l’orlo ma ero entusiasta di indossare qualcosa che avevo creato.

Un tuo abito ha avuto la copertina di “Loveˮ appena lanciato il tuo brand, la collezione che hai disegnato per diplomarti alla Central Saint Martins è stata pubblicata dallʼedizione inglese di “Vogueˮ... Il sistema moda britannico ti ha supportata in modo particolare?
Il BFC-British Fashion Council Newgen Programme ci ha dato l’opportunità di sfilare e la possibilità di partecipare a dei panels con personalità del settore come Sarah Mower (giornalista e Ambassador for Emerging Talent del BFC), Ruth Chapman (cofondatrice di Matchesfashion.com) e Alex Fury (giornalista e fashion director di “Another magazineˮ). Incontri che sono stati determinanti per comprendere le aspettative dell’industria e la percezione della mia moda da parte degli addetti ai lavori. Anche il Center for Fashion Enterprise è stato di supporto, per apprendere a gestire il business dal punto di vista finanziario e pratico.

Chi sono i tuoi designers preferiti?
Ho sempre adorato Miuccia Prada. Ricordo quanto ero eccitata da ragazza nello scoprire le immagini di ogni collezione, così forti e concettuali. Sono ossessionata da John Galliano, ho fatto uno stage da lui a Parigi. Guardavo per ore i video delle sue sfilate per comprendere come costruisse gli abiti di Dior. Genio puro! Trovo interessante anche il lavoro che sta facendo da Margiela. E mi piace molto Rei Kawakubo. Ho la fortuna di venire invitata alle sue sfilate che lascio sempre in uno stato di esaltazione, nell’attesa di vedere come gli abiti presentati verranno poi tradotti nei negozi.

Hai realizzato un libro con Tim Walker, un percorso del tuo archivio...
Tim ed io siamo amici da quando mi ha fotografato per “i-Dˮ. Adoro il suo lavoro e ho deciso di chiedergli se voleva lavorare con me a una serie di ritratti. È stato un processo straordinariamente collaborativo, c’erano tutte le nostre muse, i miei vestiti, mia sorella Alice a fare lo styling...

Qual è il tuo abito preferito tra tutti quelli che hai disegnato?
Cambio continuamente idea, direi il modello Robbie F/W 2020, in taffetas blu con fiocchi di velluto nero, al tempo stesso tradizionale, nuovo e divertente.

Molti dei tuoi abiti sono ricchi di referenze storiche e pittoriche, da Watteau alla Spagna del ʼ500
Faccio ricerca e prendo ispirazioni un po’ dovunque. Passo molto tempo in biblioteca, mi documento su libri, vecchie riviste, negozi vintage e musei. Quando lavoro a una collezione ho centinaia di immagini sulle pareti, che si combinano tra di loro in modo per me chiarissimo, come ad esempio una T-shirt ’70 e un quadro di Picasso.

Come ti vedi tra dieci anni?
Voglio continuare a creare abiti che abbiano un significato, che la gente consideri preziosi, da volerli conservare per sempre. 

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