La Milano Fashion Week in «pillole» : il recap della terza giornata di sfilate
La terza giornata della Milano Fashion Week ha regalato un mashup perfetto tra creatività e tradizione, con momenti decisamente più innovativi alternati a proposte (purtroppo) più prevedibili. Tra sperimentazione e nostalgia, lo stile ha esplorato nuove direzioni e confermato alcune certezze, lasciando spazio a riflessioni sul futuro del fashion system.
La terza giornata della Milano Fashion Week 2024 si è aperta sotto il segno della nostalgia e di qualche sorpresa inattesa. Tra abiti ispirati alla geometria pitagorica (sì, avete capito bene) e rivisitazioni ironiche della moda Anni '90, la passerella milanese si conferma un palcoscenico dove la tradizione e l’innovazione si mescolano in modi spesso imprevedibili. Se il passato è stato più volte protagonista, non è mancato lo sforzo di alcuni designer di guardare oltre i confini del conosciuto, con risultati a tratti audaci e a tratti discutibili. La giornata ci ha visto spostarci vorticosamente da un capo all’altro, tra silhouette fluide e tagli sperimentali, tra omaggi storici e momenti più statici, mentre ci chiedevamo: la moda sta forse cercando di capire da che parte andare, proprio come noi? Ma andiamo con ordine...
Alle 9:30 Max Mara apre la giornata con la sua collezione primavera-estate 2025. A prima vista, la palette di colori sembra essere la solita di sempre, con quel color cammello iconico che ormai conosciamo bene. Tuttavia, il direttore creativo Ian Griffiths ci sorprende con un approccio tutto nuovo: scienza e matematica applicate alla moda (anche se il senso è difficile da cogliere). Tra riferimenti a Ipazia e Pitagora, ci troviamo davanti a tagli strategici e parabole sartoriali. Un abito monospalla in maglia con un ritaglio circolare in vita? Sì, c’è anche quello. Il risultato? Forse non del tutto comprensibile, ma sicuramente interessante.
Dopo Max Mara, alle 11:30 è la volta di Lorenzo Serafini con la 'sua' Philosophy. E qui, purtroppo, la sensazione è quella di trovarsi di fronte a una collezione fin troppo comoda. Silhouette fluide, toni neutri e un tentativo di dramma con un abito rosso. Bello, certo, ma manca quel guizzo che ci fa saltare dalla sedia. Serafini, che solitamente sa bilanciare romanticismo e modernità, sembra aver messo il pilota automatico questa volta.
Lo show delle 14:00 di Prada è stato un mix di emozioni contrastanti. Pur meno audace rispetto agli standard degli ultimi anni, ha confermato la forza della collaborazione creativa tra Miuccia Prada e Raf Simons, una coppia che continua a sfidare le convenzioni. La collezione, un affascinante ibrido tra futurismo e nostalgia, ha mescolato sportswear d'avanguardia e dettagli surreali, il tutto condito con riferimenti al passato, senza però seguire un filo conduttore chiaro. L'effetto? Un pubblico leggermente disorientato, ma mai deluso. È proprio in questa dissonanza che si percepisce la forza di Prada: la capacità di celebrare l'individualità e la libertà espressiva senza dover per forza piacere a tutti. Il contrasto tra forme minimal e materiali ricercati, tra capi futuristici e richiami retrò, ha dato vita a una collezione che, anche senza un tema dominante, continua a fare ciò che Prada sa fare meglio: stimolare la riflessione e provocare.
Federico Cina alle 15:00 ci ha regalato una collezione che incanta per la sua freschezza. Qui, finalmente, abbiamo potuto ammirare quel dinamismo che mancava nelle sfilate precedenti. Le frange, i colori e le texture raccontano una storia autentica, capace di fondere tradizione e modernità. Cina è uno di quei giovani designer che dimostra quanto sia possibile innovare senza perdere di vista il proprio stile.
La sfilata di MM6 Maison Margiela delle 17:00 è stata un perfetto esempio di equilibrio tra sperimentazione e desiderabilità. La palette cromatica, dominata da toni neutri e pastello con sprazzi di colore audace, ha legato la collezione in modo coerente e sofisticato. Le silhouette rilassate e i dettagli iconici del brand, come trench destrutturati e maglieria concettuale, hanno mantenuto un'aria contemporanea e versatile. Gli accessori, dalle forme e dimensioni insolite, hanno aggiunto un tocco di avanguardia.
Lo show delle 18:00 di Moschino, la Maison diretta dal nuovo designer Adrian Appiolaza, ha segnato un vero e proprio ritorno alle origini per la storica griffe italiana, risvegliando lo spirito irriverente e giocoso che ha reso il brand famoso. Appiolaza ha saputo cogliere e reinterpretare l’essenza di Franco Moschino, mescolando umorismo, sartorialità e quel tocco di provocazione che mancava da un po’. Il claim "Tubino or not tubino", stampato su un semplice abito bianco, è stato l'esempio perfetto: un gioco di parole che incarna l'approccio ironico e iconico del brand.
La sfilata delle 20:00 di Emporio Armani ha rappresentato un momento di eleganza raffinata, presentando una collezione che, seppur ricca di classe e maestria sartoriale, ha lasciato un sapore agrodolce. Nonostante la bellezza intrinseca della collezione, molti hanno notato una certa mancanza di innovazione. Armani è un maestro nel creare abiti che trasmettono un’eleganza senza tempo, ma in un’epoca in cui la moda richiede audacia e freschezza, la collezione sembrava un po’ ancorata a un’estetica troppo tradizionale. Mentre i dettagli e le silhouette sofisticate continuano a sedurre, la mancanza di un approccio più contemporaneo ha reso la proposta una delle meno rilevanti di questi giorni della settimana della moda milanese.