Design

Romeo Sozzi, una vita per il design: tra Promemoria e Bottega Ghianda

Il rapporto con il design, la passione per la lettura e i viaggi. Romeo Sozzi racconta l'amore per la qualità che permea il suo lavoro con Bottega Ghianda e Promemoria.

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Romeo Sozzi (Courtesy Promemoria)

La curiosità è alla base dei suoi progetti. Occhi vispi, Romeo Sozzi ha una gran voglia di mostrare le sue creazioni. Quando apre le ante di un armadio per mostrarne gli interni, ne fuoriesce l'odore inconfondibile e fortissimo del legno. «L'hai sentito» mi chiede, sorridento. Al secondo piano del suo negozio di Via Bagutta si siede a raccontarmi di episodi del passato, di come si sia avvicinato al mondo del design. Il suo segreto? «Essere curioso, anzi curiosissimo». Una grande passione è la lettura, anche se confessa di non essere in grado «di leggere un libro e finirlo. Ne leggo 10-15 per volta. Magari uno mi annoia e cambio lettura, poi ritorno sui miei passi...». Nel 1985 incontra Pierluigi Ghianda, 22 anni più anziano, che nel 2015 gli cede il laboratorio e tutta la proprietà intellettuale di Bottega Ghianda, azienda di famiglia ultra centenaria. Un laboratorio (leggendario) che ha prodotto negli anni le creazioni di Gae Aulenti, Richard Sapper, Vico Magistretti ed Ettore Sottsass. Per la sua Promemoria, che non mira a competere con i grandi marchi del design ma punta alla creazione di oggetti d'arredo di altissima qualità, ha presentatto durante l'ultima Milano Design Week anche un'edizione limitata del tavolino "Battista", decorato con le caratteristiche geometrie di Piet Mondrian, artista che ama profondamente. 

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L'installazione di Bottega Ghianda alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Bottega Ghianda)
L'installazione di Bottega Ghianda alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Bottega Ghianda)
L'installazione di Bottega Ghianda alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Bottega Ghianda)

L’OFFICIEL ITALIA: Com’è iniziato tutto?
ROMEO SOZZI: Mio padre voleva che studiassi architettura. Io non volevo frequentare a Milano, volevo andare a New York. Mi disse che ero matto. Cercai un punto di compromesso su Venezia, ma niente da fare. Mi iscrissi a Brera. 

LOI: Come andò?
RS: Fu il modo di mio padre per legarmi a lui. Rimasi bloccato. Però portai avanti la passione della pittura… Fino ad arrivare alle soglie della Biennale. Poi ebbi un momento di crisi. Contro il papà, contro di me, contro di tutti. 

LOI: Cosa successe?
RS: Spaccai tutti i miei quadri. Poi questa passione nei confronti della pittura si rivolse alla fotografia. Divenni anche bravino. Tuttavia il mestiere di mio padre - nato restauratore - era in grande cambiamento. Aveva 12 persone sotto di lui. Cominciai piano piano a capire cosa fossero i mobili.

LOI: Come?
RS: Lavorare con loro mi insegnò ad essere umile di fronte a un mobile che aveva 300, 400 anni. Ad entrare nella materia, nel progetto e poi alla fine nella persona che l’aveva creato. Quella fu per me una grande lezione.

LOI: Le piaceva quel mondo?
RS: Confesso che all’inizio non ne capivo niente. Mi misi a viaggiare per l'Europa, andando a visitare tutti i musei che avevano dei mobili. Mi innamorai della Bauhaus che esposi anche nel mio negozio, portando pezzi importanti di quello stile.

LOI: Nel suo negozio di Lecco le piaceva sperimentare…
RS: Il negozio, piccolo, era affacciato sulla piazza più importante di Lecco. Feci degli esperimenti con Alvar Aalto. La gente ti prendeva un po' in giro. Come quando invece della solita pelle nera, allora molto di moda, esposi un divano di Dino Gavina foderato di velluto rosa.

LOI: Ha avuto un maestro nel mondo del design?
RS: Al femminile, una maestra: Maddalena de Padova. Lei usava tre colori per le sue collezioni, davvero minimal. Nel suo negozio vedevi il ciliegio degli "Shaker", i divani bianchi - che fecero una rivoluzione - e la libreria di Dieter Rams in alluminio. 

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L'installazione di Promemoria alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Promemoria)
L'installazione di Promemoria alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Promemoria)
L'installazione di Promemoria alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Promemoria)
L'installazione di Promemoria alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Promemoria)
L'installazione di Promemoria alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Promemoria)
L'installazione di Promemoria alla Milano Design Week 2024 (Courtesy Promemoria)

LOI: Com’è nata Promemoria?
RS: Mio padre aveva dei clienti importanti e avevano bisogno del mobile particolare vicino alla poltrona o in bagno. Tante piccole cose che io mi divertivo a creare per loro. Le industrie non rispondevano a queste esigenze, quando tu chiedevi un tavolo più lungo non te lo facevano. Mi sono trovato a inventare Promemoria in questo modo.

LOI: Quando aprì il primo negozio?
RS: Nel ‘92, a Milano in via Bagutta, dove siamo tutt’ora. Era più piccolo dell’attuale, ricordo che al piano terra c'era un gioielliere, Buccellati. Poi piano piano mi sono allargato.

LOI: A che design guardava nella sua progettualità?
RS: La mia ignoranza rimaneva comunque forte - sorride -, era imbrattata di modernità all'estero. Mancava quel gusto che stava fra la Bauhaus, troppo magra o troppo secca, e un prodotto più ricercato. Conobbi in quel periodo il lavoro di Jean-Michel Frank. Mi piacque molto.

LOI: Del suo rapporto con Christian Liaigre cosa ricorda?
RS: Era una persona molto esigente. Eravamo due iceberg. Per cui si andava d'accordo la mattina e non il pomeriggio.

LOI: Quanto tempo dura la creazione di un mobile nella sua mente ? 
RS: Questa è la più difficile delle domande! Allora, io di solito comincio quando sono al Salone. La cosa fondamentale da dire è che porto sempre con me un taccuino sul quale disegno, prendo appunti. Mi piace sperimentare, mi piace guardare. Sono curioso, curiosissimo. Se devo dire di avere un pregio è di non usare l'abitudine.

LOI: Come si applica questa avversione all’abitudine nel concreto?
RS: Assioma: “I mobili si fanno di legno”. Magari qualcuno però si alza una mattina e dice “ma perché non li facciamo di metallo, perché non li facciamo di terra cotta?”. Mai cancellare le cose che ti vengono in mente così a priori per l'abitudine o per la comodità. Beninteso, è una guerra interiore.

"Battista" (Courtesy Promemoria)

LOI: Un'innovazione di cui va fiero?
RS: Fino a qualche anno fa l'interno dei mobili creati dalle grandi aziende non era illuminato. Io ho iniziato molti anni prima. Cosa c'è di più bello di aprire un'anta e vedere i tuoi servizi da tavola o i vestiti illuminarsi?

LOI: Quante persone lavorano per lei? 
RS: 150 persone, li conosco per nome e so cosa sono capaci di fare e realizzare.

LOI: Cos’ha imparato da Pierluigi Ghianda? 
RS: Era un uomo straordinario. Un falegname, come mi reputo io e com’era lui, non può avere certe visioni, le può avere un poeta, un architetto. Tuttavia l'architetto a volte non ha la visione d’insieme. Ecco perché bisogna avere un continuo dialogo con architetti, artisti, poeti, scrittori.

LOI: Da questo suo legame con l’arte è nato uno dei pezzi che ha presentato in edizione limitata durante l'ultimo Salone…
RS: Si, un tavolino, Battista. Un giorno, leggevo un libro su Mondrian. Arrivato ai 19-20 cominciò a fare i primi esperimenti con i colori primari. Questo tavolino è dedicato a lui. 

LOI: E il pezzo più interessante che avete presentato? 
RS: Non è mio, ma di mio figlio Davide. Che ha incluso tra i materiali della sua creazione anche la terracotta.

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