Cahier de Couture

Manifesto dell'illustrazione di moda

Il potere dell'illustrazione nel mondo del fashion
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René Gruau, uno dei più grandi illustratori di moda del 20esimo secolo, una volta ha dichiarato: “Una brutta foto è meglio di un brutto disegno, ma un bel disegno avrà sempre la meglio su una buona foto”. Il fatto che l’illustratore non abbia ancora perso il suo ruolo nella rappresentazione visiva della moda di oggi avvalora le dichiarazioni di Gruau. Nonostante le capacità tecnologiche dell’immagine fotografica, l’illustrazione di moda sopravvive e prospera, sia che nasca direttamente dalla mano di un’artista, sia che si sviluppi attraverso applicazioni per dispositivi digitali. Questi due diversi metodi di rappresentare la moda competono tra loro fin dal primo decennio del ventesimo secolo, quando neppure il grande fotografo Edward Steichen, diventato poi famoso per il suo uso del colore, riusciva a dare alle prime creazioni di Paul Poiret l’impatto e la vivacità che Paul Iribe e Georges Lepape trasmettevano con i loro suggestivi pochoir (stencil), in cui riecheggiavano suggestioni di grafica giapponese. Lepape insieme, tra gli altri, a George Barbier, Raoul Dufy, André Marty, Pierre Brissaud, Charles Martin e Etienne Drian, ha periodicamente ricevuto da Lucien Vogel l’incarico di illustrare la Gazette du Bon Ton (1912-1921), ampiamente considerata come la più bella e raffinata collezione di immagini di moda al mondo. Condé Nast, si è avvalso della collaborazione di molti di questi artisti, insieme ad altri americani, per tutte e tre le edizioni della sua rivista; Lepape ha illustrato oltre cento copertine tra il 1916 e il 1939. All’inizio degli anni trenta, la fotografia ha oltrepassato i confini dello studio di posa e ha adottato il colore: nel 1932 l’immagine di un costume da bagno di Steichen è stata la prima fotografia a colori a comparire sulla copertina di Vogue, mentre l’immagine iconica di una modella che corre in riva al mare, realizzata da Martin Munkácsi nel 1933, ha introdotto per la prima volta il movimento nella fotografia di moda. Gli editori hanno così cominciato a investire nella fotografia piuttosto che nell’illustrazione, relegando quest’ultima alle pagine interne delle riviste e utilizzandola solo per gli editoriali di accessori o lingerie. Bisognerà attendere gli anni 70, con Antonio Lopez e Andy Warhol, affinché l’illustrazione torni a fiorire, fino a essere nuovamente celebrata negli anni 80 e 90 da pubblicazioni come La Mode en Peinture e Visionaire, finendo per trovare immediatamente il suo ruolo nell’era digitale inaugurata all’inizio del nuovo millennio. A cosa si deve la sopravvivenza dell’arte dell’illustratore di moda al fianco della fotografia? Una delle ragioni è che alcuni illustratori sono ormai strettamente associati a un particolare designer, il quale si affida a loro per interpretare il proprio ideale e la propria visione artistica. Dalla fine degli anni 40, René Gruau e Christian Dior hanno dato vita a una delle più grandi partnership artistiche di sempre nel settore moda. Tanto che anche dopo la morte inaspettata di Dior nel 1957, il dinamismo grafico e lo spirito di Gruau ha continuato per molti anni a fornire al marchio un’immagine di modernità giovanile che forse non rifletteva più la sua clientela, né la tendenza al romanticismo e alla nostalgia del suo stilista. Gruau ha catturato lo spirito della donna Dior ideale e, come suggerito da John Galliano: “Ispirarsi a Dior è ispirarsi a Gruau... Le sue linee audaci sono fondamentali per definire il dna di Dior”. La capacità di andare oltre il mero simulacro di una modella distingue l’illustrazione di moda dalla fotografia; un assunto valido a prescindere dal talento creativo di chi sta dietro l’obiettivo. Non esistono oggetti di scena, luoghi esotici o photoshop in grado di competere con un artista.René Gruau, uno dei più grandi illustratori di moda del 20esimo secolo, una volta ha dichiarato: “Una brutta foto è meglio di un brutto disegno, ma un bel disegno avrà sempre la meglio su una buona foto”. Il fatto che l’illustratore non abbia ancora perso il suo ruolo nella rappresentazione visiva della moda di oggi avvalora le dichiarazioni di Gruau. Nonostante le capacità tecnologiche dell’immagine fotografica, l’illustrazione di moda sopravvive e prospera, sia che nasca direttamente dalla mano di un’artista, sia che si sviluppi attraverso applicazioni per dispositivi digitali. Questi due diversi metodi di rappresentare la moda competono tra loro fin dal primo decennio del ventesimo secolo, quando neppure il grande fotografo Edward Steichen, diventato poi famoso per il suo uso del colore, riusciva a dare alle prime creazioni di Paul Poiret l’impatto e la vivacità che Paul Iribe e Georges Lepape trasmettevano con i loro suggestivi pochoir (stencil), in cui riecheggiavano suggestioni di grafica giapponese. Lepape insieme, tra gli altri, a George Barbier, Raoul Dufy, André Marty, Pierre Brissaud, Charles Martin e Etienne Drian, ha periodicamente ricevuto da Lucien Vogel l’incarico di illustrare la Gazette du Bon Ton (1912-1921), ampiamente considerata come la più bella e raffinata collezione di immagini di moda al mondo. Condé Nast, si è avvalso della collaborazione di molti di questi artisti, insieme ad altri americani, per tutte e tre le edizioni della sua rivista; Lepape ha illustrato oltre cento copertine tra il 1916 e il 1939. All’inizio degli anni trenta, la fotografia ha oltrepassato i confini dello studio di posa e ha adottato il colore: nel 1932 l’immagine di un costume da bagno di Steichen è stata la prima fotografia a colori a comparire sulla copertina di Vogue, mentre l’immagine iconica di una modella che corre in riva al mare, realizzata da Martin Munkácsi nel 1933, ha introdotto per la prima volta il movimento nella fotografia di moda. Gli editori hanno così cominciato a investire nella fotografia piuttosto che nell’illustrazione, relegando quest’ultima alle pagine interne delle riviste e utilizzandola solo per gli editoriali di accessori o lingerie. Bisognerà attendere gli anni 70, con Antonio Lopez e Andy Warhol, affinché l’illustrazione torni a fiorire, fino a essere nuovamente celebrata negli anni 80 e 90 da pubblicazioni come La Mode en Peinture e Visionaire, finendo per trovare immediatamente il suo ruolo nell’era digitale inaugurata all’inizio del nuovo millennio. A cosa si deve la sopravvivenza dell’arte dell’illustratore di moda al fianco della fotografia? Una delle ragioni è che alcuni illustratori sono ormai strettamente associati a un particolare designer, il quale si affida a loro per interpretare il proprio ideale e la propria visione artistica. Dalla fine degli anni 40, René Gruau e Christian Dior hanno dato vita a una delle più grandi partnership artistiche di sempre nel settore moda. Tanto che anche dopo la morte inaspettata di Dior nel 1957, il dinamismo grafico e lo spirito di Gruau ha continuato per molti anni a fornire al marchio un’immagine di modernità giovanile che forse non rifletteva più la sua clientela, né la tendenza al romanticismo e alla nostalgia del suo stilista. Gruau ha catturato lo spirito della donna Dior ideale e, come suggerito da John Galliano: “Ispirarsi a Dior è ispirarsi a Gruau... Le sue linee audaci sono fondamentali per definire il dna di Dior”. La capacità di andare oltre il mero simulacro di una modella distingue l’illustrazione di moda dalla fotografia; un assunto valido a prescindere dal talento creativo di chi sta dietro l’obiettivo. Non esistono oggetti di scena, luoghi esotici o photoshop in grado di competere con un artista.

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