Eva Marisaldi in mostra al Pac
Le opere della quarantennale carriera di Eva Marisaldi in mostra al PAC possono essere descritte come dei micro-romanzi di evasione, scritti però nella realtà e a servizio della realtà. Il quotidiano è la materia visiva da rimodulare continuamente – una materia che con l’aiuto dell’automatismo tecnico può offrire, sorprendentemente, un insolito abbraccio emotivo. L’opera di meccanico benvenuto della mostra al Pac di Milano è infatti Welcome (2018), composta da tre nastri da ginnastica blu che con dei motorini si muovono in maniera poeticamente epilettica, salutandoci.
La poesia diegetica della Marisaldi nasce anche dalla ripetizione diversa dell’uguale; è il caso di Omissioni (1997), titolo all’insegna della logica del contrappasso di un pannello composto da decine di post-it gialli modificati in maniera questa volta analogica da matite colorate così da essere tutti diversamente gialli; dando vita a una società cromatica multietnica che non conosce né dittatura né tantomeno cronologia.
L’arte non è solo la parafrasi visiva del mondo, ma a volte può trasformarsi nell’appendice verbale di un tale tentativo malriuscito di parafrasi; come nelle Polaroid (2001), descrizioni di foto mai fatte dall’artista in formato quadrato; o come nella paradossale descrizione di stati di allucinazione mai raggiunti attraverso sostanze psichedeliche, ma raggiungibili attraverso la lettura come nel caso di Democratic Psychedelia (2011), opera composta da frasi in gesso tratte da un racconto di Alice Munro: “Quegli uccelli disneyani”, “Il libro dell’Islanda” …
Se l’arte della Marisaldi fosse un genere letterario la potremo ascrivere al realismo magico. Il distacco gravitazionale dal senso comune del mondo è incarnato nella mostra dai pantaloni in gesso che si muovono apparentemente da soli piuttosto che dal concerto afono dei dischi 45 giri che vengono suonati da coni di carta. Il realismo magico inscenato però non ha nulla a che fare con il bieco divertissment, sembra piuttosto diventare l’unica forma di resistenza politica. Ce lo spiega bene l’opera dedicata ad Antonio Gramsci in cui due cucchiai-marionette duellano tra loro - Gramsci che fu accolto in carcere dai denetenuti anti-fascisti proprio da un teatrino di marionette.
E allora, se ci sembra di vivere in gabbie precostituite, l’arte diventa l’unica forma di evasione legalmente consentita.