Bodybuilders di Alien tra identità queer ed extravaganza
Siamo stati a Milano presso lo Spazio Maiocchi per l’installazione realizzata dall’artista Alien per la presentazione di “Bodybuilders”, progetto fotografico atto ad indagare i temi dell'identità, della extravaganza e dei nuovi mezzi di espressione di sé, documentando 30 tra lз più interessanti performer del Regno Unito.
Allo Spazio Maiocchi di Milano abbiamo incontrato Alien, artista, DJ e parte della piattaforma transfemminista queer TOMBOYS DON'T CRY, durante la presentazione di “Bodybuilders”, installazione che ha introdotto il progetto fotografico omonimo atto ad indagare i temi dell'identità, della extravaganza e dei nuovi mezzi di espressione di sé, documentando 30 tra lз più interessanti performer del Regno Unito. Identità ed extravaganza: il libro è un incrocio tra arti visive e performative, studi di genere, attivismo e riflessione critica. Due testi introducono l’opera, uno di Helen Hester, autrice del manifesto Xenofemminista e uno della fondatrice della serata queer londinese “Inferno”, Lewis G. Burton. La fotografia di Alien esplora i temi della queerness e della vita quotidiana attraverso un approccio genuino e diretto alla fotografia: ogni soggetto viene trattato con lo stesso sguardo.
L’OFFICIEL ITALIA: Da dove nasce l'idea di questo progetto?
ALIEN: Il progetto nasce dalla volontà di rendere omaggio e fermare nel tempo una comunità di creativə che appartiene ad una scena considerata di nicchia, perchè alternativa e perchè queer. Sono prossima a queste persone, fanno parte della mia comunità, sono tuttə giovanissimз e molto presenti sui social e durante la pandemia ho sentito il desiderio, e forse un po' anche la necessità, di fotografarlз e rappresentarlз su un formato fisico, come il rullino e la carta stampata, un mezzo che ha il potere di restare nel tempo e prescindere dall'algoritmo, e raggiungere, anche in maniera casuale, insider e outsider della comunità.
LOI: Ti piace pensare che questo progetto fotografico sia anche percepito come un progetto attivo dal punto di vista politico per quello che mostra e dice? E quanto pesa la sfera politica (nel senso più esteso del termine politico, "per la società") nel tuo lavoro?
A: Tutto quello che facciamo è politico, il linguaggio è politico e così anche l'arte. Sono certa che questo progetto abbia un ruolo attivo nel promuovere non solo una sensibilità artistica, ma anche un'affermazione positiva, propositiva e non-stereotipata di un argomento molto ampio come quello delle politiche identitarie. Bodybuilders nasce proprio per dare uno sguardo alternativo su una pratica spesso binaria e commerciale ed è politico già dal principio: sono rappresentate donne cis, persone trans e non-binarie che prendono attivamente parte alla scena, su un palco e nella vita di tutti i giorni, smantellando gli stereotipi di genere. In questo senso mi piace pensare che oltre all'impegno che porto avanti con la piattaforma queer transfemminista TOMBOYS DON'T CRY di cui faccio parte, anche con Bodybuilders ho potuto dare a questз performer uno stage metaforico e diverso da quello dei social, per esistere e resistere.
LOI: A quale estetica e a quali artisti ti ispiri e qual è il tuo background iconografico?
A: Arrivo da un background in scienze sociali, sono poi passata alla moda come stylist e poi fotografa auto-didatta. Proprio per questa formazione, mi interessano le tematiche legate alle sotto-culture, alla gioventù e allo stile in senso ampio. Tra le mie reference principali ci sono le olandesi Dana Lixenberg e Rineke Dijistra, assolute maestre della fotografia di ritratto e di temi che si incastrano tra l'arte, la moda, il documentarismo e la fotografia socio-politica. In maniera diversa, a volte più concettuale ed astratta, c'è Wolfgang Tillmans, di cui ammiro la spontaneità e la capacità di rendere la quotidianità iconica. Poi a volte mi ritrovo ad osservare e prendere ispirazione da grandi fotografi di moda, come Mondino, Steven Meisel o Juergen Teller, specialmente dai loro lavori tra gli anni '90 e i '00, in cui l'artificio e l'investimento economico delle grosse produzioni lasciava spazio all'autorialità e alla ricerca di una forma di spontaneità.