L'intervista a Pierfrancesco Favino
Una carriera costruita con determinazione, tra solidità maschile e malinconia, interpretando con la stessa intensità eroi e anti eroi, dal Libanese di "Romanzo Criminale" fino a Tommaso Buscetta e Alfonso Noce.
Text by FABIA DI DRUSCO
Photography FEDERICO DE ANGELIS
Stlyling LUCA FALCIONI
Il meritatissimo David ottenuto per l’interpretazione del pentito di mafia Tommaso Buscetta ne “Il traditore”, l’impressionante metamorfosi in Craxi di “Hammamet”, la coppa Volpi per “Padrenostro”: nonostante lo slowdown globale dovuto alla pandemia, è indubbio che Pierfrancesco Favino sia all’apice di una carriera costruita con determinazione, alternando registri e canali diversi. Lo associamo istintivamente a ruoli drammatici di eroe o di anti-eroe, dal Libanese di “Romanzo Criminale” al vice questore di Roma Alfonso Noce di “Padrenostro”, ma tra i suoi atout c’è anche un talento comico che Giovanni Veronesi non esita a paragonare a quello di Verdone. Lo rivedremo (secondo i tempi dettati dal Covid) a fianco di Miriam Leone nella storia romantica “Corro da te” di Riccardo Milani, «un incontro in senso alto tra due personaggi apparentemente agli antipodi, di fatto accomunati da una disabilità fisica ed emotiva».
L’OFFICIEL HOMMES ITALIA: Anche se non sono i primi ruoli che vengono in mente pensando alla tua carriera, hai girato parecchi film incentrati sull’amore. Cosa ti ha spinto a partecipare a “Corro da te”?
PIERFRANCESCO FAVINO: L’amore di solito viene raccontato in modo canonico, ed è una sfida interessante per un attore non cadere negli stereotipi, anche se sono di fondo un romantico e un sentimentale. E poi c’era il tema della disabilità: ho lavorato coi disabili, un mondo cui guardiamo con difficoltà. Quelli che si considerano abili hanno la tentazione di prenderne in considerazione soprattutto il lato più oscuro, quando per loro la disabilità è più pragmaticamente l’impossibilità di fare una cosa specifica.
LOHI: Riguardando tutta insieme la tua filmografia, mi ha colpito che, a parte Maria Sole Tognazzi e un altro paio di nomi, tu sia stato sostanzialmente diretto solo da uomini...
PF: Non ci sono mai stati film di registe donne che abbia rifiutato, e quello per cui mi sto preparando, “Promises”, è diretto da Amanda Sthers... Ho tre sorelle, una compagna, due figlie, una mamma e ho sempre fatto fatica a fare distinzione: può sembrare ipocrita ma nella mia lista di attori di riferimento non c’è divisione netta, non penso in termini di attrice o attore, non faccio differenza tra Meryl Streep e Anja Taylor-Joy, il cui lavoro mi ispira e mi pone delle domande, e attori uomini. Ammiro le scelte di Brad Pitt, di Mads Mikkelsen, il suo ultimo film è meraviglioso, mi piacciono Max Von Sydow, Kim Rossi Stuart, Elio Germano, Bentivoglio. Nei confronti del cinema rimango ancora uno spettatore con il naso all’insù, nella tarda adolescenza guardavo anche tre film al giorno, ammiravo, ammiro, De Niro, Al Pacino, Philippe Noiret, Daniel Auteuil, Castellitto, Tom Hanks, Bardem, Joaquin Phoenix... senza dimenticare gli attori che ho nel sangue, De Sica, Totò, Manfredi, Tognazzi, Volonté.
LOHI: Come scegli i tuoi film?
PF: In base alle storie che mi vengono proposte. La carriera di un attore è soggetta a ondate, un film ti proietta in una posizione, con il film successivo ti succede il contrario.In generale mi interessa andare nella direzione di cose che non ho mai fatto. Sono una persona curiosa, attenta alla qualità del proprio tempo, che non vorrei esclusivamente dettato dagli obblighi professionali. Da piccolo volevo fare l’attore, e sapevo che dovevo provarci per non avere rimpianti in futuro. Ho frequentato l’Accademia e vissuto la classica carriera di una volta: anni di gavetta, tanta incertezza, tanti ruoli da comprimario prima che ne arrivassero da protagonista.
LOHI: Le tappe più significative del tuo percorso?
PF: Nasco col teatro, poi ci sono stati degli incontri fondamentali, a partire da Gabriele Muccino che mi ha diretto ne “L’ultimo bacio”. “El Alamein” è il film che mi ha fatto capire che potevo fare effettivamente questo mestiere come volevo farlo, poi sono venuti “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio, “Romanzo criminale” (per cui ha vinto il primo David, nda), il film su Bartali per la tv, San Remo, “Hammamet”, fino a “Il traditore”, il film che ha cambiato lo sguardo delle persone nei miei confronti.
LOHI: Hai interpretato molti personaggi reali, Alfonso Noce, Buscetta, Bartali, Giuseppe Pinelli, il generale Della Rovere, Craxi, Giuseppe Di Vittorio, Giorgio Ambrosoli: è diverso costruire il loro personaggio rispetto a uno fictional?
PF: Per i personaggi reali hai dati, riferimenti concreti, ma l’interesse di un character risiede nei suoi mutamenti intimi. Motivazioni, emozioni, necessità sono cose che vai a rintracciare in ambito interpretativo indipendentemente dal fatto se il tuo modello sia reale o no. Mi interessano i personaggi complessi, non quelli che sono come appaiono.
LOHI: Hai lavorato con registi eccellenti, anche stranieri, quali ti hanno segnato di più?
PF: Premesso che io non sono mai stato l’equivalente di un Mastroianni per Fellini o di Toni Servillo per Sorrentino, che insomma non sono mai stato il volto di un regista, con alcuni di loro ho condiviso non solo film ma un percorso di vita, a partire da Muccino con cui ho lavorato quattro volte, e poi Alberto Negrin, il primo a darmi un ruolo da protagonista (il sindacalista Giuseppe Di Vittorio nella miniserie tv “Pane e libertà” del 2009), Gianni Amelio, Bellocchio, Marco Tullio Giordana, Ron Howard... Detto questo, in ogni modo di lavorare, anche dove non ti sembra ci sia stato un incontro significativo, poi ti accorgi di aver comunque acquisito nuovi skills, una maggior chiarezza nei confronti di te stesso... Per quanto riguarda l’estero, noi italiani ci consideriamo un po’ troppo spesso figli di un dio minore, per una forma di schiavitù mentale per cui se qualcuno dice qualcosa di te in America allora è vero, sei effettivamente più bravo, quando ovviamente non è una patente di qualità oggettiva, anzi mediamente sono più interessanti le storie che facciamo noi. Tra la nostra realtà cinematografica e quella americana c’è la differenza tra una realtà artigianale e una industriale.
LOHI: Hai esordito in teatro e hai sempre continuato a esibirti sul palcoscenico. In teatro sei stato anche autore e regista. Pensi alla regia anche al cinema?
PF: Se mai accadrà, sarà per necessità, non credo sia un passaggio obbligato, ma non lo escludo. In teatro è successo per caso, e poi il teatro ti mette meno pressione, hai meno responsabilità. Continuo a fare teatro perchè per me un attore è prima di tutto un attore teatrale, ed il palcoscenico è l’unico luogo che ti fa capire dove sei arrivato veramente, perchè non disponi degli strumenti che al cinema ti consentono di mettere una pezza sui tuoi errori: se sei un trapezista al cinema puoi cadere e non sembra, a teatro se ne accorgono tutti.
LOHI: A Firenze dirigi una scuola di perfezionamento del mestiere d’attore, L’Oltrarno.
PF: Dirigo la scuola (ma non insegno), perché credo moltissimo alla scuola e alla specializzazione. La mia è una scuola di vera formazione, con docenti provenienti da tutto il mondo, perché per far fronte alla competitività internazionale occorrono tecniche di apprendimento sviluppate in tanti luoghi diversi, trasmesse da insegnanti con cui vorrei fare anch’io (e a volte faccio) workshop. Del resto il linguaggio di oggi non è quello di anni fa e se storicamente gli insegnanti erano attori a fine carriera, adesso tanti lo fanno prima, quando sono ancora in piena attività, vedi Fabrizio Gifuni.
LOHI: Il tuo sogno nel cassetto?
PF: Una casa al mare, dove poter lavorare con le mani, fare cose, come dicevo prima, che non abbiano a che fare con la produttività. Al cinema vorrei fare un film di fantascienza, di quelli con le tutone spaziali, ambientato in un altro pianeta... ho sempre provato una grande attrazione per le stelle!
LOHI: Qualcosa che vuoi dire di te che non ho pensato a chiederti?
PF: Che sono una persona più giocosa di quello che sembra...
HAIR: Giulio Ordonselli using LABEL.M;
MAKE UP: Samia Mohsein @ MAKING- BEAUTY using FILORGA;
PHOTO ASSISTANTS: Ignazio Nano, Flavia Daniele e Federica Guidi;
STYLIST ASSISTANTS: Gianluca Cococcia e Carla Donadio;
LOCATION: G-Rough Hotel, Roma.