L'intervista a Matteo Paolillo, Edoardo Conte in Mare Fuori
Diventato celebre con la serie “Mare Fuori”, l'attore Matteo Paolillo ci ha portato nella realtà delle carceri minorili d’Italia. E del suo personaggio Edoardo.
Photography RAFFAELE GROSSO
Styling SAMANTA PARDINI
Matteo Paolillo deve la sua visibilità al successo della serie “Mare Fuori” (la prima puntata della terza stagione ha raggiunto oltre un milione di telespettatori). Salernitano, 27 anni, recita, suona e canta, ma non chiedetegli di scegliere tra musica e cinema perchè “tu sceglieresti mai tra due figli?”. Per “Mare Fuori” ha scritto e cantato la colonna sonora “O Mar For”, mentre il 24 febbraio è uscito il nuovo singolo “Origami all’Alba” interpretato in anteprima da Clara Soccini, aka Crazy J, nella serie. Prodotto dall’amico Lorenzo Gennaro, Icaro (il nome d’arte di Paolillo cantante) prosegue il lavoro iniziato nel 2021 con l’EP “Edo”, ispirato al suo personaggio. Insieme ai compagni sul set, lo rivediamo nei panni di Edoardo Conte, nella terza stagione della serie che racconta storie di detenuti nel carcere minorile di Napoli.
L'OFFICIEL HOMMES ITALIA: In questa terza stagione di "Mare fuori" il tuo personaggio, ormai 18enne, prende il posto di comando (che era di Ciro, morto nella passata stagione), all’interno del microcosmo dell’IPM (Istituto penitenziario minorile). Che effetto ti ha fatto questo cambiamento?
MATTEO PAOLILLO: È un personaggio cui voglio molto bene, ma per raccontarlo questa volta sono partito da una tela bianca. Mi sono concentrato su tre aspetti: l’abbandono, la forza e la scelta. Edoardo reagisce alla fragilità con la ricerca del potere e la vendetta, fa scelte che non vorremmo facesse perchè sappiamo che andrà incontro a qualcosa di brutto. Non è sempre facile accettarlo, ma in quanto attore non sono tenuto a giudicare.
LOHI: La serie ci restituisce il racconto di ragazzi e ragazze minorenni che hanno commesso reati orribili, ma li perdoniamo. Perché secondo te?
MP: Da un lato c’è un’umanità sbagliata, corrotta, violenta, dall’altro un’umanità che chiede aiuto ed è bisognosa d’amore. Credo che il punto cruciale della serie sia proprio quello di provare a non condannare. Se ragazzi così giovani sbagliano, non è solo responsabilità loro.
LOHI: Sei mai entrato in contatto con storie di ragazzi e ragazze detenuti in un IPM?
MP: Durante le riprese della prima stagione di “Mare Fuori” sono stato al carcere minorile di Nisida con i ragazzi del cast per seguire un laboratorio di recitazione insieme ai detenuti. È stato doloroso, ma ho capito che stavamo raccontando qualcosa di nuovo e lo stavamo facendo nel modo giusto.
LOHI: È cambiata la tua opinione sulla situazione delle carceri minorili in Italia dopo la serie?
MP: Quando reciti accogli le storie dei personaggi che interpreti, nel mio caso ho provato sulla mia pelle cose a cui non avevo mai pensato. Ora so che il confine tra bene e male è spesso incerto e che un futuro senza scelta non può essere una possibilità.
«ORA SO CHE IL CONFINE TRA bene E male È SPESSO incerto E CHE UN futuron SENZA SCELTA NON PUÒ ESSERE UNA possibilità»
LOHI: “Ribelle cerca la tempesta perché solo lì trova la pace”. Queste le parole con cui hai descritto Edoardo in un’altra intervista. Me le spieghi?
MP: Sono le parole di Lermontov in “Un eroe dei nostri tempi”. Le accostai per la prima volta al personaggio di Solënyj de “Le tre sorelle” di Čechov quando studiavo al Centro Sperimentale di Roma. Il protagonista del dramma teatrale soffre d’amore, commette degli sbagli e sbagliando trova pace, così come Edoardo.
LOHI: Se tu fossi amico di Edoardo, che consiglio gli daresti?
MP: Nessun consiglio, non lo accetterebbe. Proverei però a dargli amore.
LOHI: Personalmente penso che il tema centrale di “Mare Fuori” sia l’empatia, antidoto contro l’individualismo e l’indifferenza. Secondo te qual è?
MP: L’amore. Il male deriva dalla mancanza d’amore. Ci vuole coraggio per amare e essere amati e il coraggio lo trovi con la fiducia.
LOHI: Tutti i personaggi della serie soffrono di solitudine. Tu ne hai mai sofferto?
MP: Certo. Quando sono arrivato a Roma per studiare ero senza amici e senza il mare. Questo tuffo nella solitudine però mi ha aiutato, in romano si dice “stacce”. Ecco con i sentimenti, brutti o belli che siano, bisogna starci.
LOHI: La musica, oltre a essere una costante nella tua vita, lo è anche nella serie. C’è una scena nella terza stagione in cui Crazy J (Clara Soccini) e Cardio Trap (Domenico Cuomo) cantano e lei accusa lui di scrivere canzoni troppo tristi. È vero che le canzoni tristi piacciono di più?
MP: Io mi faccio spesso la domanda al contrario: quando sono triste, scrivo canzoni più belle? Credo che semplicemente si parli di emozione. Quando scrivo musica è per emozionarmi e trasmettere quell’emozione agli altri, quando la ascolto è sempre per emozionarmi e anestetizzare quello che provo attraverso le parole di altri.
LOHI: Quali sono le tre canzoni che ti emozionano di più?
MP: “Chi tene ’o mare” di Pino Daniele, “Promise” di Ben Howard e “Lose yourself” di Eminem.
LOHI: “Nun te preoccupà guaglió, ce sta 'o mare fore” intona la colonna sonora della serie cantata da te e scritta insieme a Stefano Lentini e Lolloflow. Che significato ha?
MP: Non appena esci, c’è un mare - di sogni - che ti aspetta.
LOHI: E tu un sogno ce l’hai?
MP: Considero l’ipotesi che tutto questo potrebbe svanire mo cambiare. Il mio sogno è mantenere la stessa scintilla di passione per quello che faccio, nonostante quello che potrebbe succedere.
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STYLING ASSISTANT: Greta Monticone