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Dives Deep: Joe Dempsie

L'abbiamo appena visto su Netflix, nel thriller "Pieces of Her". Molti lo ricordano per il suo ruolo in "Game of Thrones". E la Gen Z lo sta riscoprendo in una serie, "Skins", che è stata definita l’Euphoria” di 15 anni fa.

Joe Dempsie indossa giacca e polo, TAGLIATORE.
Joe Dempsie indossa giacca e polo, TAGLIATORE.

Text FABIA DI DRUSCO
Foto LEONARDO VELOCE
Styling DAVID NOLAN

Capelli per aria e tazza di caffè perennemente in mano, Joe Dempsie risponde alle nostre curiosità, da Game of Thronesalla riscoperta di Skinsda parte della generazione Z.

L’OFFICIEL HOMMES ITALIA: Come hai vissuto lo shooting con L’Officiel? Ti piacciono le foto? E quanto ti interessa la moda?
JOE DEMPSIE: Ero strabiliato dall’approccio così intellettuale e culturale alla moda dello stylist. Per ogni outfit citava referenze, raccontava storie... Mi guardo poco nello specchio e nelle immagini che circolano di me, e non perché non sia vanitoso, per il motivo opposto. Ho passato la prima parte della vita a cercare il mio stile, ora che ho passato i 30 ho optato per la semplicità, non mi interessa più crearmi un look studiato come quello di un web designer.

LOHI: Stai girando in questo momento?
JD: No, e non so quale sarà il mio prossimo progetto ma non sono preoccupato, con tutte le nuove piattaforme è veramente un ottimo momento per essere un attore, ci sono tante possibilità. La questione è individuare lavori di qualità, perché c’è tanta robaccia in giro. Per qualità intendo: lavorare con buoni sceneggiatori su script interessanti. È evidente che la miglior televisione britannica è ormai competitiva con il cinema migliore. Il che significa anche trovarsi a competere per gli stessi ruoli con star del cinema.

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Joe Dempise indossa cappotto, SALVATORE FERRAGAMO; camicia, TURNBULL & ASSER; pantaloni, ANDERSON & SHEPPARD; scarpe, stylist's own.

LOHI: Da fan della serie, non posso non chiederti di “GOT”. Altri membri del cast hanno raccontato di aver fatto provini per più ruoli. È successo anche a te?
JD: All’inizio inizio ho fatto un’audizione per il ruolo di Jon Snow, poi sembrava che sarei diventato uno dei suoi compagni più fidati sulla Barriera, un ruolo che mi sarebbe interessato molto. Preciso che si trattava delle primissime audizioni, quelle per la puntata pilota. Tra queste e le audizioni per la serie vera e propria c’è stato un gap enorme, basti pensare che all’inizio credo che qualsiasi attore inglese della mia età abbia fatto un provino per Jon Snow. Quando ho fatto l’audizione per il ruolo di Gendry (il fabbro del Fondo delle Pulci che poi si scopre essere il figlio bastardo di re Robert Baratheon, nda) sono uscito convinto che fosse stata terribile, una delle peggiori della mia carriera, ma evidentemente alla fine, nel gioco di incastri e assegnazione dei ruoli a seconda della chimica intercorsa tra gli attori, qualcosa ha funzionato. Al di là della notorietà che mi ha dato, GOTè stato un’esperienza fantastica per l’atmosfera, il livello di cameratismo tra i membri del cast. Io ho partecipato alle prime tre stagioni, e sono ricomparso dopo un intervallo: ed è stato interessante vedere come l’atmosfera fosse rimasta sostanzialmente la stessa anche se alcuni, raggiunta la fama, erano meno disposti a farsi vedere in giro tutte le sere e qualcuno si era francamente montato la testa. A non cambiare per niente è stato Kit Harington: difficile immaginare qualcuno in grado di gestire con maggior umiltà e grazia la fama, meglio l’autentico culto di cui godeva.

LOHI: E che rapporto avevi con Maisie Williams? (Aka Arya Stark, alle cui vicende il suo personaggio è stato legato dall’inizio, fino alla proposta di matrimonio dell’ultima puntata, nda).
JD: All’inizio delle riprese io avevo 22, 23 anni e soffrivo un po’ di non recitare coi miei coetanei, Richard Madden, Alfie Allen, per trovarmi a girare con dei bambinetti (Maisie Williams è del 97, Joe dell’87, nda). Tanto più che loro erano pieni di energia fin dalle sette del mattino e io cominciavo a carburare molto più tardi. Ma anche se allora era appena una ragazzina era impossibile non accorgersi del talento pazzesco di Maisie.

Joe Dempsie indossa giacca, GIORGIO ARMANI; camicia, BUDD

LOHI: Tu avevi già lavorato in una serie importante, “Skins”, trasmessa nel 2007 e 2008, che molti oggi definiscono l’“Euphoria” dell’epoca.
JD: Il successo di “Skins” era stato totalmente inaspettato: la serie è all’origine di tutta la mia carriera e probabilmente lo resterà per sempre. La considero la mia università, visto che non ne ho frequentata una reale perché avevo procrastinato l’iscrizione per capire se nel frattempo la mia carriera d’attore sarebbe riuscita a decollare. Che nel cast ci fossero attori di grande talento mi era stato evidente da subito: Daniel Kaluuya, poi vincitore di un Oscar (nel 2021 per “Judas and the Black Messiah”), Nicholas Hoult, Dev Patel, candidato all’Oscar... Siamo rimasti amici. Quello che mi sorprende è che da allora la gente abbia continuato a guardarla, che lo show abbia passato il test del tempo, che ragazzi che allora non erano ancora nati lo vedano oggi.

LOHI: Come è nata la tua passione per il cinema?
JD: Mia sorella più piccola ha avuto una paralisi cerebrale e l’attenzione dei miei genitori era ovviamente molto concentrata su di lei. Non mi sono mai sentito trascurato, ma ero comunque un bambino timido, introverso, non particolarmente interessato allo sport, così quando mia madre mi sentì esprimere al telefono con un amico un vago interesse per la recitazione mi ha subito accompagnato a un’audizione per essere ammesso al Nottingham TV Workshop. L’audizione è stata super competitiva, e sono rimasto folgorato. Il dilemma è arrivato più tardi, quando ho dovuto decidere se tentare di trovare la mia strada in un’industria estremamente precaria o iscrivermi all’università. Ha prevalso l’idea che se non avessi tentato di recitare l’avrei rimpianto per sempre. Sono stato incredibilmente fortunato, a 19 anni è arrivato “Skins”...

LOHI: I ruoli principali per la tua carriera e quelli che hai amato di più?
JD: Giusta distinzione: è evidente che “GOT” mi ha aperto molte possibilità, ma certo era difficile sviluppare un personaggio interessante a partire da così poche informazioni su un character non particolarmente messo a fuoco nello script. Ho amato molto “Southcliffe”, intanto perché ammiro infinitamente il regista, Sean Durkin, poi perché credo sia stata in assoluto la migliore serie cui ho partecipato, anche se tutte le volte che lo rivedo penso che avrei potuto fare di più per il mio personaggio. Per orientarmi nelle mie scelte guardo per prima cosa la sceneggiatura, ma subito dopo ovviamente viene il personaggio, mi piace affrontare ruoli diversissimi da quelli già affrontati, uscire dalla mia confort zone.

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Joe Dempsie indossa camicia, TAGLIATORE; pantaloni, ANDERSON & SHEPPARD.

LOHI: Sei nella serie Netflix “Pieces of Her”, appena andata in onda...
JD: Interpreto un ragazzo di Detroit che si sente perennemente un outsider, poi va all’università a Stanford, in California, e viene coinvolto nell’attivismo politico, dalla lotta all’Apartheid a quella contro le grandi case farmaceutiche, che speculano sulle cure ai malati di AIDS. E per la prima volta la gente lo ascolta, lo segue, e lui si rende conto di essere molto bravo nel reclutare nuovi adepti. E questa sensazione lo intossica, scatena il suo narcisismo, finchè le cose volgono al peggio, e lui, anche se indubbiamente crede in quello che fa, dà sempre più importanza al preservare a tutti i costi il suo piedistallo.

LOHI: Vivi a Londra?
JD: La adoro. Venivo da Nottingham, sono cresciuto in provincia, e la libertà di espressione di sé che Londra consente mi ha affascinato allora come continua ad affascinarmi oggi. Credo che a renderla così bella contribuisca non poco il sistema di trasporto pubblico: in città come Los Angeles dove sostanzialmente non esiste hai sempre la sensazione di essere disconnesso. Hai presente il detto: “Se sei stufo di Londra sei stufo della vita”? Ecco, io lo sottoscrivo pienamente.

LOHI: E cosa fai tutto il giorno?
JD: Sto cercando di scrivere una sceneggiatura insieme a un altro attore. Per molto tempo ho avuto paura di non essere all’altezza, ma essere un professionista in una specifica materia non è più considerato un indispensabile badge of honor, perché l’eccesso di professionalità a volte rischia di impedirti di apprendere dagli errori. Non abbiamo nessuna ambizione di arrivare a dirigerne un’eventuale realizzazione: sarebbe andare oltre, sentiamo il bisogno di elevare il nostro lavoro aggiungendovi un altro tipo di creatività. Ho una grande esperienza nell’aiutare altri attori a esprimere le loro potenzialità, perché mi piace dare una mano a tutti i miei amici che registrano i video, ormai sostituti delle audizioni... ma tecnicamente sono impreparato, ad esempio non saprei da dove cominciare per dare disposizioni sulle luci.

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Joe Dempsie indossa cappotto, stylist's own, camicia e tank top, DSUARED2.

LOHI: Cosa ti piace fare nel tempo libero?
JD: Potrei risponderti con il rendiconto bancario delle mie spese: a parte l’affitto, i miei soldi se ne vanno soprattutto in bar e ristoranti. Mi piace socializzare con gli amici.

LOHI: I tuoi sogni nel cassetto? Il regista con cui davvero vorresti lavorare? O un ruolo che sogneresti di coprire?
JD: Ruoli direi di no, non mi interessa essere Spiderman per intenderci. Mi piacerebbe tornare a lavorare con Shane Meadows, con cui avevo girato “This is England”. E fin da ragazzino ho sempre adorato Paul Thomas Anderson. Amo tutti i suoi film, l’ultimo, “Licorice Pizza”, l’ho guardato con gli occhi dello sceneggiatore, e la caratterizzazione dei suoi personaggi è perfetta, non è solo questione di una macchina narrativa senza intoppi.

LOHI: Hai degli attori/attrici che consideri modelli di riferimento?
JD: Appartengo alla generazione stregata da DiCaprio. Ammiro moltissimo Olivia Colman, le sue performance mi lasciano contemporaneamente entusiasta e depresso, perché finisco per chiedermi: se non si riesce a raggiungere questo livello, è moralmente possibile continuare a recitare?

Joe Dempsie indossa maxi cardigan, suit e camicia, DUNHILL; scarpe, CONNOLLY.

FOTO: Leonardo Veloce
STYLING: David Nolan
TEXT: Fabia Di Drusco
GROOMING: Paul Donovan
PHOTO ASSISTANT: Oihane Molinero

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