Il sound di Europiana raccontato da Jack Savoretti
Il cantautore si racconta nel nuovo disco “Europiana”: un viaggio musicale autobiografico scandito da 11 tracce dal sound vintage, che celebrano l’Europa e la sua cultura del suono
Si definisce un giornalista di musica più che un autore. Documenta quello che accade intorno a lui, grazie alla forza della musica: un mezzo che connette e fa viaggiare anche quando non si può. Parliamo di Jack Savoretti, cantautore anglo-italiano, che è impegnato nelle tappe del tour di “Europiana”. L’album, inciso negli studi di Abbey Road proprio a 90 anni dalla sua inaugurazione, mescola un gusto moderno e rétro. Con ballad e uptempo che portano a galla i ricordi della sua infanzia in Italia e un forte desiderio di tornare alla vita di prima. Quest’album segue il successo di “Singing to Strangers” registrato a Roma nello studio di Ennio Morricone, arrivato ad essere primo in classifica in Uk nel 2019, dove Jack ha collaborato con due colossi della musica come Bob Dylan e Kylie Minogue. E il nuovo album non è da meno, con la partecipazione del re della disco Settanta Nile Rodgers degli Chic e la leggenda pop rock di John Oates.
L’OFFICIEL HOMMES ITALIA: Il tuo ultimo album si intitola “Europiana”, cosa significa?
JACK SAVORETTI: “Europiana” è una parola che ho inventato mentre stavo guardando la premiazione dei Grammy per il “Miglior Album Americano”. Scherzando mi sono detto: “non esiste una definizione di album europeo, quindi non sarò mai nominato”, io che sono cresciuto tra Italia, Svizzera e Inghilterra. Quando mi chiedono che genere di musica faccio rispondo istintivamente “europiana”. “Europiana” è la genesi di un sound che si è sviluppato quando la musica degli Stati Uniti si è scontrata con la musica europea negli anni ’60 e ’70. Il risultato è un’eleganza nel suono tipica dello stile romantico europeo, in particolare quello di Italia e Francia.
LOHI: Quali sono le influenze europee a livello musicale che pensi di aver incluso nell’album?
JS: Julio Iglesias, Serge Gainsbourg, Yves Montand, i Gipsy Kings, Lucio Battisti, Mina, Giorgio Moroder e i Daft Punk. Credo che nella musica non ci sia più quella necessità di guardare all’America, all’Inghilterra. Il cantante francese vuole essere come i grandi cantanti francesi del passato, anche il cantautorato italiano di oggi è rinato, sta tornando alle tradizioni rimanendo contemporaneo. Basta guardare l’ultima edizione di Sanremo. “Europiana” racchiude quella voglia di libertà, quel fascino del viaggio on the road. Io voglio celebrare l’Europa, cosa significa essere europei adesso, come conviviamo con la nostra cultura, che prende forma dall’arte, dal teatro, dalla letteratura, dal cinema. La musica può decisamente connettere tutte queste discipline insieme ed essere il fuoco che le alimenta. L’album è un po’ il mio modo non di unire in senso letterale, ma di cercare di far capire quanto siamo tutti legati culturalmente, anche se diversi politicamente o economicamente.
LOHI: Parliamo delle collaborazioni illustri di quest’album, con Rodgers e Oates, come sono nate?
JS: Sono andato da Nile Rodgers perché molto del suono di “Europiana” è espressione di quello che è successo alla musica europea tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. Nile ne è un po’ responsabile grazie al successo internazionale degli Chic, quando la tradizione del songwriting europeo, che è narrazione melodica e nostalgica, si è scontrata con la disco e il funk che provenivano dall’America. Per quanto riguarda John Oates avevo fatto una cover di “Rich Girl” su Instagram durante il lockdown, e lui l’ha commentata. Quindi ho pensato che questo mi desse carta bianca per contattarlo. Così l’ho fatto e sono così felice perché è uno dei miei eroi. Hall & Oates sono proprio tutto per me, una delle band pop rock americane di maggior successo tra la fine dei ’70 fino ai ’90. In futuro vorrei collaborare con la cantautrice francese Clara Luciani, la regina della musica stile “europiana” .
LOHI: Nell’album ci sono diverse canzoni che potrebbero sembrare melanconiche, come “When you are lonely” o “Who’s hurting who”: ci puoi spiegare cosa volevi dire?
JS: Il lockdown ci ha provati tantissimo e per quanto mi riguarda ho capito come la solitudine riesce a definire l’amore che provi per una persona o l’amore che questa prova per te. Non si tratta di un disco triste, la nostalgia è intesa come voglia di rivivere i momenti speciali. Portofino, dove passavo le estati, è lo scenario del disco, ma chi lo ascolta può sentirsi ovunque desideri. Tutti ricordiamo la prima volta in cui abbiamo ascoltato le canzoni delle vacanze, ballato sui tavoli, la prima volta sul motorino, il primo bacio. In più le canzoni lente sono da ballare in due. Non capisco perché non si faccia più.
LOHI: Con la moda che rapporto hai?
JS: Io mi vesto sul palco come mi vestirei per andare a un evento o a una occasione speciale. Sono cresciuto nella moda, mia mamma faceva la modella tra gli anni ’60 e ’70, e tutti i suoi amici di allora sono professionisti di successo. Mia sorella Beatrice è da sempre la mia fashion advisor facendo anche lei parte del fashion system. Non mi piacciono i trend, mi fanno quasi paura. Trovo che il brand italiano Lardini esprima esattamente quello che cerco. È uno stile senza tempo che funziona ieri, oggi e anche domani. Poteva essere di culto 100 anni fa e lo sarà tra altri cento. Sarà sempre elegante, lo sento genuino, senza sforzo. La famiglia che c’è dietro questo marchio di tradizione sartoriale è fatta di persone vere, trasparenti, competenti. E per me conta molto.
LOHI: Come è stato registrare e incidere l’album negli studi dei Beatles?
JS: Una delle emozioni più grandi. Quando entri in un luogo “sacro” come quello torni ad essere ragazzino. Perché ogni musicista, quando entra agli Abbey Road Studios e prende in mano il suo strumento, lo suona come non ha mai suonato prima nella sua vita. Torna ad essere il ragazzo che sognava di suonare nei Beatles o nei Pink Floyd. E questo album doveva essere realizzato ai massimi livelli, senza tralasciare i dettagli che fanno la differenza. E dopotutto ho cantato con il Neumann U47, lo stesso che amava Frank Sinatra. Un microfono unico per uno studio che ha fatto la storia della musica.
Photography: Mattia Guolo
Styling: Giorgia Cantarini
Grooming: Daniele Villanueva @Jeune Ange Milano using Aveda Italia
Photo Assitants: Eleonora Benvenuto e Matteo Delia
Styling Assistant: Laura Lombardo