Goddesses: la grecia di Mary Katrantzou
Secondo il mito, quella scogliera è il luogo dal quale Egeo, re di Atene, si gettò in mare. Da quel momento divenne il mar Egeo. Tra i colonnati del Tempio di Poseidone e i resti del Tempio di Atena, in un luogo tanto intriso di storia, Mary Katrantzou ha scelto di posare lo sguardo. E di tornare nella sua Grecia per raccontare un Olimpo al femminile di divinità vestite di creazioni prêt-à-couture. «Ho sempre sentito un legame con la mia terra: più sono lontana più vorrei scoprirla e raccontarla. Spinta da un sentimento nostalgico, sono alla costante ricerca di una connessione più profonda con la Grecia», racconta la designer nata ad Atene ma che ha fatto di Londra, dove ha studiato alla Central Saint Martin, la sua seconda casa. «Nessun altro luogo è stato preso in considerazione per questo show, perché in questo spazio ci si sente legati a tutti gli elementi, al mare, al cielo, e alla terra. Per questo motivo il tempio di Capo Sunio è stata costruito lì: perché era il Tempio di Poseidone, il protettore del mare e delle persone che vengono dal mare». Il racconto, scandito dalla matita di Mary Katrantzou, è una collezione di 39 capi unici, teatrali e immaginifici, creati per descrivere un sogno che parte dalle origini. «Per creare questi capi ho voluto utilizzare idee e concetti nati qui, nel V secolo a.C., quando fu costruito questo tempio... Ho cercato di unire filosofia, teologia, biologia, astronomia, trigonometria. Idee astratte, parole meravigliose che sono nate qui più di duemila anni fa. E che oggi sono ancora così rilevanti». Ad annodare la collezione, un filo charity che ha percorso il progetto. Perché lo show è stato organizzato per celebrare i tre decenni di Elpida Foundation, l’associazione benefica attiva nell’ambito dell’oncologia pediatrica, fondata da Marianna V. Vardinoyannis e sostenuta negli anni da nomi come Kofi Annan, Bill Clinton, Papa Francesco, la Regina Rania di Giordania, Brigitte Macron, Barack e Michelle Obama. «Gli abiti sono tutti pezzi made to measure per Elpida e il denaro ricavato dalla loro vendita andrà totalmente allʼassociazione», dice ancora la stilista. «Si tratta di capi sofisticati, dalle lavorazioni preziose, artigianali. Non sono pezzi ready-to-wear. Non la chiamo haute couture perché non siamo a Parigi e non abbiamo fatto questa collezione secondo quelle regole. Ma allo stesso tempo la grande artigianalità fa sì che non possano essere prodotti in serie. Doveva essere qualcosa di diverso dal ready-to-wear e mi è piaciuto farlo... Per me è stata una sfida carica di emozioni», ha sottolineato. «Durante tutta la mia vita non ho mai avuto così tante emozioni altalenanti come in questo momento. Sfilare qui per la prima volta è stato qualcosa di molto importante, doveva essere fatto bene e ne ho sentito tutta la responsabilità. Ma sono felice di aver fatto tutto questo per il mio Paese».