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Gli orologi più belli sono quelli vintage: la guida per riconoscere i modelli migliori

Marisa Addomine, perito di Mercanteinfiera, ci conduce nel mondo degli orologi vintage e di secondo polso. Compresi i "Frankenstein".

Jacob Elordi con indosso un Cartier Tank all'ultima sfilata di Bottega Veneta, primavera estate 2025 (Getty Images)
Jacob Elordi con indosso un Cartier Tank all'ultima sfilata di Bottega Veneta, primavera estate 2025 (Getty Images)

I siti on line seducono i lettori con titoli clickbait su come investire facilmente nell'orologeria di lusso. Un settore che si presenta molto più complesso di come appare, e dove è meglio non dar nulla per scontato. Non per aumentare i propri capitali ma per combinare la vera passione per gli orologi da polso con l'idea di comparare qualcosa che non perda valore nel tempo. Ne abbiamo parlato con Marisa Addomine, Senior Advisor Antiques and Clocks&Wa-tches, e perito di Mercanteinfiera di Parma.

L'OFFICIEL HOMMES ITALIA: Quando un orologio è antico, vintage..?
MARISA ADDOMINE: Non ci sono definizioni nette, il concetto stesso di antico (tutelato dalle leggi), si sposta di nazione in nazione. In Italia, antico vuol dire che ha più di 70 anni, mentre la definizione di vintage è molto più vaga. Abbraccia ciò che sta tra la seconda guerra mondiale e gli anni '70/80, ma non è una definizione preci-sa. Il vintage sconfina anche nel "secondo polso", l'usato di qualità.

LOHI: Quali caratteristiche determinano il valore di un orologio?
MA: Il brand, il modello, la rarità dello stesso, il calibro, il materiale (il platino, ad esempio, costa meno dell'oro, ma le case orologiere fanno sempre un numero esiguo di segnatempo in platino), e a chi è appartenuto. Quest'ultima è una molla psicologica, comprandolo è come se ti potessi impossessare dell'anima del proprietario. Ed è un fenomeno trasversale del collezionismo (che deve essere ad ogni modo documentato in maniera certa).

LOHI: Cosa richiede oggi il mercato?
MA: La perfezione. Più integro è l'oggetto, più è scevro dalle critiche. In particolare per il collezionista dell'estremo Oriente che in caso contrario non lo compra. E, in generale, acquistare l'ineccepibile è già a priori una ottima strategia per coloro che hanno anche una attenzione per il capitale investito. Il lieve difetto, il segno d'uso... emergono tragicamente in una ipotetica rivendita. Deve esserci anche il corredo dell'orologio, possibilmente. Il bracciale (una volta si cambiava spesso il bracciale), la fibbia e le chiusure originali. E anche la scatola, la confezione e il corredo. E la garanzia (a volte viene contraffatta), che deve portare lo stesso numero e riferimento.

LOHI: Niente fascino del vissuto?
MA: Il mercato non lo facciamo noi, vive di leggi e regole proprie, che si evolvono nel tempo. I difetti si vedono, così come il restauro. Pur essendoci restauratori straordinari, tutto ciò che è trattamento superficiale non si mantiene identico, ha un invecchiamento diverso rispetto ai materiali originali.

LOHI: Non ci sono eccezioni?MA: C'è una qualità anche nei falsi, i Rolex sono tremendamente falsificati. "I Frankenstein" sono assemblaggi di loro parti, magari originali, ma è come un cadavere ricomposto.

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Immagine tratta da L'OFFICIEL n. 676 del 1981

LOHI: Come si preserva il valore di un orologio?
MA: L'orologio da polso nasce per essere portato, vissuto; per sua natura dovrebbe accompagnare il proprietario nelle ore della giornata. In particolare per quanto riguarda gli orologi automatici, bisognerebbe garantire un certo utilizzo con garbo. Quando va oltre la sua funzione, con il crescere della sua complessità e del valore economi-co, ci si trova di fronte a un dilemma. Limitare il rischio e tenerlo solo come mero investimento?

LOHI: Quindi in cassaforte?
MA: Una celebre pubblicità di Patek Philippe diceva "non lo si possiede completamente, semplicemente si custodisce". Al pari di un'opera d'arte, se la esponi corri dei rischi, un furto, un incendio. È lecito però anche domandarsi se il proprietario di un Van Gogh possa tenerlo in cassaforte. Ma se voglio guardare al puro investimento, lo compro nuovo, immacolato, con il certificato, che per il collezionista è una specie di Sacro Graal e lo conservo. Non lo godo, non lo vivo.

LOHI: Da oltre vent'anni sei responsabile dei servizi peritali per Mercanteinfiera, cosa significa?
MA: Aiuto il compratore che vuole acquistare ed essere informato. Mi occupo di quello che ha a che fare con la perizia, con assoluta riservatezza, in quella che è la fiera coperta più grande d'Europa. In fondo al padiglione 6 ci sono gli specializzati in orologi da polso, italiani e stranieri. Ed è un terreno di caccia particolarmente fertile, perché partecipano tanti professionisti; è una occasione unica per vedere decine di importanti commercianti, uno a fianco dell'altro, e una offerta enorme. È importante confrontarsi con un commerciante serio e competente, che ovviamente sa cosa ha in mano.

LOHI: E chi cerca l'affare?
MA: Anche chi compra deve studiare. Quanto più sai, più riesci a stabilire un dialogo, e anche il venditore è contento di trovare un acquirente preparato. Si discute, si parla, diventa quasi un passaggio di proprietà tra colleghi. Se non te ne intendi devi andare da qualcuno serio, "pagare lo scotto", che significa pagare la cifra corretta. All'inizio bisogna muoversi con cautela, poi man mano che uno impara si arrampica più in alto guardando bene dove mette i piedi. C'è anche Gastone, il cugino fortunato di Paperino, ma essendo un mercato ricco ci sono anche persone senza scrupoli.

LOHI: Quando hai iniziato a interessarti di orologi e alla loro storia?
MA: Sono figlia di un collezionista di orologi e di un'antiquaria. E sono stata per 25 anni un ingegnere elettronico, poi si è risvegliata la passione - mai abbandonata - per l'orologeria.

LOHI: Un ultimo consiglio?
MA: Più impari più la tua probabilità di essere baciato dalla fortuna aumenta. Ma il collezionismo è una malattia, senza vaccini.

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