Sport Heroines: Vittoria Bianco
A Tokyo Vittoria Bianco ha vinto l’oro nella staffetta 4×100 stile libero. Nella sua carriera è la prima volta che va alle Olimpiadi e conquista subito il podio. La campionessa racconta con un'intervista la sua storia, le sue battaglie e paure, i recenti successi.
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«Pratico sport da quando ero una bambina, i miei mi hanno fatto provare di tutto fin da quando ero piccolissima, ma a sei anni sono entrata in acqua e da allora non ho più smesso di nuotare», racconta Vittoria Bianco, campionessa alle Olimpiadi di Tokyo 2020, con l'oro nei 4x100 stile libero. Almeno fino al 2016, quando, a 21 anni, le viene diagnosticato un rabdomiosarcoma alla coscia destra. Sono tre anni di malattia, poi, nel 2018, dopo l’operazione la ferita non cicatrizza e Vittoria decide di farsi amputare la gamba. E nello stesso momento in cui ha voluto l’amputazione, ha deciso che avrebbe ricominciato a nuotare. «Papà non ti preoccupare, io vado a Tokyo», dice al genitore quando è ancora in sala operatoria. «Il nuoto mi ha permesso di fare i conti con la mia disabilità e allo stesso tempo di riappropriarmi del mio corpo piano piano. Avevo tantissima paura, d’altronde sono stata ferma tre anni per la malattia, ho pianto tantissimo, ma quando mi sono buttata in acqua è come se tutto si fosse allineato di nuovo. Il sostegno di persone che ci erano già passate e la protesi giusta sono stati fondamentali nel permettermi di continuare a nuotare».
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"Avevo tantissima
paura , d'altronde sono stata ferma
tre anni per la
malattia, ho pianto tantissimo ma quando mi sono buttata in acqua
è come se tutto si fosse allineato di nuovo."
È stata la mamma di Bebe, Teresa Vio, ad andarla a trovare poco dopo l’operazione per aiutarla a riacquistare consapevolezza di sé stessa e a farle conoscere l’associazione arts4sport. «Bebe è una forza della natura, mi ha incoraggiato tantissimo ad andare avanti. Mentre ero in convalescenza guardavo i video delle olimpiadi di Michael Phelps, il nuotatore olimpionico che ha vinto più medaglie della storia, e di Ellie Cole, con cui condivido la stessa disabilità. Loro tre sono sicuramente i miei idoli sportivi». Nel nuoto una grandissima preparazione si esaurisce in una manciata di minuti, «io arrivo al blocco, tocco l’apice dell’ansia, mi butto e non penso più a niente, sono solo semplicemente felice». La prima gara dopo l’amputazione sono stati i Campionati Italiani a Busto Arsizio del 2019, poi gli Europei a Madeira dove ha vinto l’oro e il bronzo e i Campionati Italiani Assoluti a Napoli nel 2021 dove ha segnato il record italiano nei 400 metri stile libero e ha vinto l’oro nei 100 metri. «Tokyo è stata un’esperienza incredibile, ma estraniante. Non c’era pubblico per via del Covid, al contrario in tv le paralimpiadi sono state trasmesse tantissimo, molto di più rispetto alle edizioni precedenti, è stato un grandissimo passo avanti». È come se si fosse sbloccato qualcosa: le persone sono più interessate, più ispirate e la percezione del mondo paralimpico è cambiata in meglio. «Lo sport integrato, tra normodotati e non, permetterebbe di abbattere quelle barriere che purtroppo ci sono ancora ed è quello che in parte Bebe sta facendo con la sua Academy, semplicemente mostrare che sport olimpico e paralimpico possono coesistere: cadere nel pietismo è una delle cose che mi danno più fastidio, siamo ragazzi normali, ci alleniamo come tutti gli altri sportivi». Del resto Vittoria ricorda che la prima Olimpiade in cui le donne sono state ammesse a gareggiare in tutti gli sport è stata Londra 2012. Lo stesso deve accadere con la disabilità; sono stati fatti tantissimi passi avanti, ma bisogna non perdere il desiderio di arrivare fino in fondo.