Interviste

L'INTERVIEW: Iris van Herpen e la mostra al MAD

Una mostra al MAD Musée des Arts Décoratifs di Parigi mette in scena l’immaginifica haute couture di Iris van Herpen, ricostruendo il processo creativo della designer olandese. In un percorso interdisciplinare che fa dialogare abiti e accessori con le opere darte e gli elementi naturali che lhanno ispirata.

Iris van Herpen ritratta da Robin de Puy.
Iris van Herpen ritratta da Robin de Puy.

A neppure 40 anni Iris van Herpen è la protagonista di una grande mostra al Musée des Arts Décoratifs, “Sculpting the Senses” (fino al 28 aprile 2024). Non è certo la prima volta che i suoi abiti che sembrano usciti dai film di fantascienza come dai libri di racconti di fate, fatti d’acqua, di cristallo, di particelle fotoniche, al tempo stesso così emozionali e così tecnologici, sono esposti in un museo, dal Met della mostra “Manus X Machina” al Victoria & Albert di “Alice Curiouser and Curiouser”. Ma una retrospettiva interamente incentrata su un designer vivente è un riconoscimento che il MAD (anche nella sua forma precedente di Musée de la Mode et du Textile) aveva concesso finora solo a Yamamoto nel 2005, Dries van Noten nel 2014, Martin Margiela nel 18, Thierry Mugler nel 2021. E se vogliamo farne una questione di genere, tra le istituzioni museali delle capitali occidentali della moda, l’unica stilista donna contemporanea oggetto di un’esposizione monografica è stata Rei Kawakubo al Met. Dopo uno stage da Alexander McQueen, van Herpen ha fondato la sua maison nel 2007, a 23 anni, fondendo artigianato e innovazione, empowerment femminile ed ecoresponsabilità. Definita da Harold Koda (già a capo dell’Anna Wintour Costume Center del Met) “un’artista concettuale il cui medium è il vestito”, la designer ha sempre sottolineato l’importanza nel suo lavoro della propria formazione da danzatrice classica: «La danza mi ha spinto a considerare anche lo spazio intorno al corpo come farebbe un ballerino: il mio lavoro è trasformare una coreografia tridimensionale di micromovimenti in un vestito», mi aveva raccontato in una precedente intervista. La mostra, una full immersion nel suo complesso processo creativo, affianca agli oltre 140 tra abiti e accessori realizzati nell’atelier di Amsterdam opere d’arte contemporanea, ed elementi naturali come coralli e fossili la cui intricata morfologia l’ha sempre affascinata. Il percorso della mostra è articolato in nove aree tematiche a partire da “Water and Dreams”, perché l’acqua, come elemento e nella sua valenza simbolica di origine della vita, è all’origine di molti dei suoi abiti ed è un elemento ricorrente nei suoi show. Così la sua ultima collezione “Carte Blanche”, presentata in un video acquatico di Julie Gautier, dialoga con “Origins” di David Spriggs, i mondi naturali invisibili all’occhio nudo riprodotti nell’800 sulle tavole di Ernst Haeckel, le creature marine invertebrate in vetro di Leopold e Rudolf Blaschka, i coralli e i fiori di carta tagliata al laser di Rogan Brown, artista cinetico che ha collaborato con van Herpen nel ’21 per abiti fatti di petali ricavati da fogli di materiale upcycled derivato da rifiuti marini. L’iconico abito Skeleton è  accostato a un’opera di Heishiro Ishino, il Cathedral dress al gabinetto Gothik di Ferruccio Laviani. E non è solo questione di affinità estetiche e tematiche: sono presenti anche opere di artisti con cui van Herpen ha collaborato direttamente per le sue collezioni, come Casey Curran, co-autore di hair pieces e abiti cinetici come Sphaera Mundi, presente con un’installazione. Con il suo aspetto da damigella gotica uscita dal libro d’ore medievale del duca di Berry, un linguaggio suggestivo (verrebbe voglia di dire poetico) anche sui social media molto diverso dalla vulgata della moda, e show all’altezza di quelli di McQueen, da “Voltage” (dove l’artista Natalja Heybroek danzava attraversata da scariche elettriche che si traducevano visivamente in piccoli lampi che sembravano scaturire dal suo corpo in movimento) a “Biopiracy” (con le modelle chiuse in sacche sottovuoto appese al soffitto come degli embrioni sci-fi, in collaborazione con il performer Lawrence Malstaf) a “Hypnosis” (con il grande alone cinetico “Omniverse” creato da Anthony Howe), Iris van Herpen è una figura decisamente a sé.

L’OFFICIEL ITALIA: Come è nata questa mostra?
Iris Van Herpen: È una mostra multidisciplinare che mette insieme moda, arte, scienza, nata da una lunghissima conversazione con una curatrice, Cloé Pitiot, che conosceva benissimo il mio lavoro. Le idee che abbiamo poi effettivamente selezionato sono di entrambe, e dell’assistente curatrice Louise Curtis. Insieme abbiamo lavorato tra l’altro sugli archivi del MAD e di altri musei parigini, e su quelli dell’ Embassy of the Free Minds di Amsterdam.

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Nella prima foto: Top Crystallization, foto Sølve Sundsbø. Nella seconda foto: Abito "Skeleton", foto Luigi e Iango, 2020. Nella terza foto: Natalja Heybroek nello show "Voltage", S/S 2013.

LOI: Puoi farmi un esempio concreto del vostro modus operandi? 
IVH: C’è un artista coreano che mi ha ispirato a lungo, U-ram Choe, che avrei voluto introdurre nella sezione New Nature, ma stava allestendo una sua mostra contemporaneamente alla nostra e quindi non poteva prestarci niente. Cloé mi ha proposto, sempre nel settore dell’arte cinetica, un duo di artisti giapponesi, Collective Mé, si è tuffata nel loro lavoro e ne sono nate due installazioni luminose per la mostra. 

LOI: La mostra è stata l’occasione per uno sguardo retrospettivo ai tuoi 16 anni di creazioni. In un’ottica di definizione di percorsi tematici, quali abiti definiresti outstanding?
IVH: Per me sono tutti collegati. Direi che il Water Dress è lo starting point, non per nulla all’acqua ho dedicato le prime due sezioni della mostra, perché è un elemento fondamentale per il mio lavoro, è l’origine stessa della vita. Poi c’è il top Crystallization del 2010, la mia prima creazione realizzata con una stampante 3D, che è anche in copertina del catalogo perché ha segnato l’inizio del mio lavoro con architetti e scienziati (nel caso specifico con l’architetto Daniel Widrig e MGX by Materialise, nda) ed è stato acquisito dal MAD. E i modelli Skeleton e Cathedral (creati in collaborazione con Isaie Bloch, il primo in nylon stampato in 3D e acquisito dal MET, il Cathedrall dress stampato in 3D nel polyamide e ricoperto da un bagno galvanico di rame per assomigliare a legno bruciato, nda).

«Water Dress è linizio: lacqua è un elemento fondamentale del mio lavoro».

Nella prima foto: Abito della collezione "Syntopia" F/W 18-19, foto Sølve Sundsbø. Nella seconda foto: "Nautilus",Wim Delvoye,2017.

LOI: Come nasce una tua collezione? 
IVH: In modo caotico, con molti esperimenti sui materiali e poi sulle modelle. Lavoro su differenti capi alla volta, perché ognuno ha il suo ritmo e occorre una pausa prima di entrare nella fase finale di lavorazione di un vestito.

LOI: Da anni collabori con Bjork, e sono sempre di più le celebrities, da Beyoncé a Jennifer Lopez a Cate Blanchett, che indossano i tuoi outfit per i loro tour e video o per il red carpet. Un modo ideale, specialmente lo stage, per illustrare appieno la teatralità e il movimento delle tue creazioni. 
IVH: Mi piace moltissimo lavorare alla creazione di modelli custom made con artiste che ammiro, ma quando non c’è tempo per farlo utilizziamo dei looks preesistenti presenti in archivio.

LOI: Il MAD ha anche ricreato il tuo atelier.
IVH: Ogni collezione richiede tanta sperimentazione, ho un archivio che racchiude centinaia di campioni frutto di anni di esperimenti e riscoprirli per la mostra è stato molto stimolante, come riscoprire un diario dell’evoluzione della mia craftmanship. Molti di questi non sono stati utilizzati, li avevo addirittura dimenticati, e potrebbero diventare lo starting point di creazioni future.

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Nella prima foto: Redazionale da L'OFFICIEL Russia. Nella seconda foto: Immagine da L'OFFICIEL ITALIA n. 35, foto Domen Van de Velde, 2020.

LOI: Come hai scelto di raccontarti nel catalogo della mostra? Hai scritto un testo tu stessa?
IVH: No, ma c’è una lunga intervista con Hans Ulrich Obrist, un testo importante della curatrice, Tilda Swinton ha scritto un pezzo bellissimo…

LOI: Come ti tieni informata sugli sviluppi di arte e scienza?
IVH: Faccio molta ricerca online, visito tanti istituti di tecnologia e posso contare sulle segnalazioni di uno straordinario network di artisti, architetti, scienziati.

LOI: Per un breve periodo hai creato anche ready to wear. Pensi ormai di concentrarti solo sulla couture?
IVH: La couture è la mia dimensione, mi piace l’interazione diretta, intima con le clienti che si crea nel made to measure. E poi lo sviluppo di nuove tecnologie è così centrale nel mio lavoro che collaborare con aziende già esistenti come richiedono i numeri del ready to wear è troppo vecchio e limitante. 

LOI: Al di là dell’innovazione tecnologica le tue creazioni richiedono moltissimo lavoro manuale, su Instagram racconti che per il modello Heliosphere indossato da Beyoncé nel tour Renaissance sono occorse 700 ore di lavorazione. Quanto è grande il tuo team?
IVH: È composto da una trentina di persone dai background molto diversi, tra interni, freelance e stagisti.

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Isabelle Huppert su L'OFFICIEL ITALIA, n. 47, foto Guilherme Nabhan, 2022.

«Il top Crystallization è la prima creazione realizzata con una stampante 3D e ha segnato linizio del mio lavoro con architetti e scienziati».

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Nella prima foto: Scatto da L'OFFICIEL ITALIA n. 34, 2020. Nella seconda foto: Una pagina da L'OFFICIEL Brasile.

LOI: Ricordo il tuo costume per l’impresario teatrale Jordan Roth al Met Gala. Hai una clientela anche maschile? 
IVH: Ho qualche cliente maschio, sono uomini ovviamente molto liberi, molto aperti nella loro percezione del significato di femminilità e mascolinità.

LOI:
Nel presentare il tuo ultimo show facevi riferimento a una città galleggiante in Corea del Sud. 
IVH: Il tema dell’acqua, la traduzione dell’immaterialità dell’acqua che è movimento e trasformazione è fondamentale per me, il video di Julie Gautier che racconta la collezione è stato girato in acqua, la collezione stessa è fatta per essere presentata in acqua. Vivo ad Amsterdam e l’Olanda si è confrontata per tutta la sua storia con la gestione dell’acqua: mi interessano le soluzioni relative alle città in prossimità dei mari, la cui stessa esistenza è minacciata dall’innalzamento del livello degli oceani. 

LOI: I fotografi con cui ami lavorare? 
IVH: Nick Knight, il cui modo di lavorare molto sperimentale è allineato con il mio. Mi piace Sølve Sundsbø, amo Tim Walker, Albert Watson, Jean-Baptiste Mondino… 

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Nella prima foto: Show "Architectonics" F/W 23-24. Nella seconda foto: Collezione Sensory Seas S/S 20, foto di David Uzochukwu. Nella terza foto: Show “Biopiracy” F/W 2014.


LOI: Dopo Parigi la mostra va…
IVH: A Brisbane, al museo di arte contemporanea. Aprirà a giugno 2024 con alcuni cambiamenti rispetto a Parigi, vogliamo includere più arte locale, sto già lavorando col curatore. E poi l’edificio è differente, con proporzioni diverse, e quindi andrà tutto ripensato. Successivamente la mostra andrà a Singapore, poi a Rotterdam e ogni museo richiede un diverso progetto.

LOI: Sei sempre più richiesta per collaborazioni con altri brand. Hai mai pensato a una tua fragranza? Sembra un passo logico, visto che per la sua diffusione il profumo circonda il corpo di un’aura paragonabile a quella creata dai tuoi vestiti in movimento...
IVH: Ci ho pensato, devo trovare il giusto partner e il naso giusto, è un capitolo che voglio esplorare, ma non c’è niente in cantiere al momento. 

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Nella prima foto: Collezione Syntopia, F/W 18-19, foto Giò Staiano. Nella seconda foto: Collezione "Hypnosis", alone cinetico “Omniverse” di Anthony Howe.Nella terza foto: Rolls Royce Phantom Syntopia in collab con Iris van Herpen.

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