Interviste

From the catwalk to the stage: l'intervista a Jean Paul Gaultier

Jean Paul Gaultier racconta la sua vita in uno spettacolo teatrale in arrivo a Milano, agli Arcimboldi. Un percorso che mette in scena l’influenza esercitata dalla nonna, l’importanza di un orsacchiotto, la prima affermazione di una moda disruptive rispetto alle convenzioni di genere e il mitico corsetto.

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Una scena del “Fashion Freak Show” / Image courtesy of Jean-Paul Gaultier

Nato il 24 aprile 1952 ad Arcueil - soli 2 km a sud di Parigi, nel dipartimento della Marna -, la sua infanzia è stata profondamente influenzata dalla nonna Mémé Garrabé, fonte dispirazione per il suo estro creativo. Lei aveva cose straordinarie, raccontava Jean-Paul Gaultier a LOFFICIEL a fine anni 90. Prendendo in mano il numero 832 del 1999 de LOFFICIEL, salta subito allocchio il titolo di copertina: "Notre Jean-Paul: un numéro 200% Gaultier", un'edizione speciale interamente dedicata al visionario enfant terrible della moda. Alla piccola stanza e al salotto dei genitori, preferiva l'antro creativo della nonna, dove cuciva, si truccava e acconciava, tra nastri, fili, rossetti e riviste di moda. «Si trovava di tutto: dai corsetti alle velette, agli accessori di un'altra epoca. Da allora, amo tutto ciò che ha origine nel passato, dagli appartamenti delle vecchie signore al periodo parigino dellArt-Nouveau». Nel 1959, un orsetto di peluche regalatogli dalla zia accende la scintilla creativa. Il primo atto è già disruptive, un reggiseno di carta a forma di cono, la stessa silhouette che ritroveremo anni dopo nei suoi costumi di scena creati per Madonna. La sua carriera è un affascinante viaggio tra moda e teatro. «Dopo aver assistito al primo show alle Folies Bergère, tutto cambiò». Crescendo nella Francia degli anni 50, unepoca di vero cambiamento per la moda, il piccolo Jean-Paul avrebbe presto scoperto che sarebbe diventato quello che non si chiamava ancora stilista o designer, bensì un couturier. «La mia formazione ha origine dalla lettura appassionata di riviste femminili tra il 1966 e il 1969, sfogliando le pagine di "L'Echo de la Mode", "Elle" e "Marie-Claire". Tutte però mi sembrarono così tristi quando scoprii L'Officiel de la Couture et de la Mode. Trovai sublime dal primo momento la scelta della carta opaca e linfinito numero di pagine dedicate alla moda». Nel 2020, dopo oltre 50 anni di carriera, annuncia la sua ultima sfilata Haute Couture, lasciando spazio a nuovi designer per le collezioni Alta Moda della sua Maison. Tra i nuovi progetti, spicca il Fashion Freak Show, un musical incentrato sulla sua vita, dal 7 al 24 marzo 2024 al Teatro Arcimboldi di Milano (cliccate qui per maggiori info).

LOI: Jean-Paul Gaultier è sinonimo di Haute Couture, com’è nata lidea di affidare la creazione delle tue collezioni di Alta Moda ad altri stilisti?

JPG: Penso che l'idea di assegnare la creazione di ogni nuova collezione ad uno stilista diverso ogni stagione rappresenti un'opzione innovativa e un'evoluzione nel settore.

Copertina de L'OFFICIEL, n. 832 del 1999.
L'OFFICIEL n. 854 del 2001
L'OFFICIEL n. 813 del 1997

LOI: Come mai?

JPG: La moda è in continua evoluzione, con la maison propongo questa alternativa al tradizionale modello di contratti a lungo termine con un singolo designer. Cambiando stilista ogni stagione o due, si crea una dinamica più stimolante.

LOI: Come fece a suo tempo Patou

JPG: Si, tra tutte le case di moda, quella fondata da Jean Patou è stata indubbiamente visionaria, ottenendo nuovo slancio grazie al contributo di vari designer, tra cui Karl Lagerfeld, Michel Goma e Lacroix. Quando quest'ultimo lasciò Jean Patou, immaginai che sarebbe stato entusiasmante creare una o due collezioni per quella casa.

LOI: E perché non fu possibile?

JPG: Avevo già la mia etichetta. Pensai ad altri designer, Romeo Gigli e Vivienne Westwood, tra gli altri. Presentai l'idea ai dirigenti di Patou, ma ebbi in risposta un secco: "troppo costoso.

LOI: Così hai deciso di farlo con la tua maison. Chi fa per sé fa per tre, diciamo in ItaliaCome funziona?

JPG: Quando ho deciso di concludere il mio percorso nella moda, durato cinquant'anni, ho deciso di dedicarmi ad altri progetti. E al mio posto, ogni stagione, un nuovo designer realizza la collezione Alta Moda di Jean-Paul Gaultier.

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Dall'alto da sinistra, L’OFFICIEL n. 877 del 2003, L'OFFICIEL n. 841 del 1999, L'OFFICIEL n. 689 del 1983, L'OFFICIEL ITALIA n. 32 del 2020, L'OFFICIEL n. 833 del 1999.

 LOI: Qual è il criterio che ti porta a scegliere lo stilista che disegnerà la collezione?

JPG: Prediligo collaborare con designer che abbiano un percorso consolidato e, soprattutto, che possiedano un'estetica e uno stile personale ben definiti, riconoscibili, in modo da poter arricchire il mio immaginario estetico con il loro tocco unico, ma considero anche l'opzione di coinvolgere giovani designer emergenti in futuro

LOI: Tu hai iniziato da giovanissimo

JPG: Si, ricordo ancora quando il piccolo Jean-Paul sognava di creare una collezione per monsieur Saint Laurent. Quando iniziai come assistente di Pierre Cardin non ero direttamente coinvolto nel processo creativo. Fornivo supporto e osservavo il lavoro svolto.

LOI: Devi molto a Pierre Cardin?

JPG: Ricordo ancora il giorno del mio 18esimo compleanno come uno dei più belli. Ricevetti una lettera che mi invitava a un appuntamento con il signor Pietro Cardini, noto ai più come Pierre Cardin. Mi recai da lui e la sua risposta, «Va bene, puoi lavorare per me mentre continui a frequentare la scuola», è stata la chiave che ha aperto le porte alla mia avventura.

 LOI: Comera il giovane Jean-Paul Gaultier?

JPG: Ero timido, disegnavo, progettavo, e trovavo piacere nell'emozionarmi continuamente. Non ho rimpianti, ho sempre giocato secondo le mie regole. Uno dei ricordi più significativi è la mia prima collezione. Fu un vero disastro, ma anche il punto di partenza. Ogni collezione successiva era come un nuovo inizio, un nuovo capitolo della mia storia..

L'OFFICIEL n. 828 del 1998
L'OFFICIEL n. 833 del 1999

LOI: Qual è il sentimento che spinge a creare una collezione?

JPG: È un atto di amore. Il desiderio di realizzare una collezione origina dal profondo. È lamore che nutrivo - e nutro ancora oggi - per questa professione, una passione che presumo sia condivisa da tutti i designer.

LOI: Qual è il ruolo della narrativa per un creativo?

JPG: Quando sognavo di diventare un designer, leggevo le critiche delle collezioni sulle pagine delle riviste di moda, ma ciò che catturava la mia attenzione erano i vestiti prima di tutto, specialmente quelli audaci e sorprendentemente diversi.

LOI: Diversità è una parola molto importante per te.

JPG: Per me la parola diversità rappresenta un atto di ribellione. Ritengo sia un'inclinazione naturale, oltre che una necessità nel campo creativo, quella di desiderare di creare e innovare sfidando le regole e aprendo nuovi orizzonti. Seguire ciecamente una linea predefinita significa limitarsi.

LOI: È uno degli ingredienti fondamentali che creano lautenticità di una firma?

JPG: Esprimersi è molto importante, ma bisogna farlo in modo tangibile. E questo passa anche attraverso un punto di vista fuori dal comune. La moda non può essere rivoluzionata ogni sei mesi, sarebbe un approccio dannoso. Tuttavia, rimanere in sintonia con il presente e desiderare il cambiamento è fondamentale.

LOI: Bisogna avere una buona dose di coraggio

JPG: Ho imparato, soprattutto ai tempi di Pierre Cardin, che la fiducia in se stessi è fondamentale, anche quando non è proprio al 100%. È la base per esprimere la propria creatività senza cambiare direzione solo per soddisfare le aspettative altrui. È essenziale agire in modo sincero e mostrare i propri sentimenti.

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Madonna in Jean-Paul Gaultier, Blonde Ambition Tour, 1990 / Image by Getty Images
Jean-Paul Gaultier e Madonna, Paris Fashion Week, 1990 / Image by Getty Images
Madonna in Jean-Paul Gaultier, "MDNA" World Tour, 2012 / Image by Getty Images
Madonna in Jean-Paul Gaultier, The Celebration Tour, 2023 / Image by Getty Images

LOI: Fu sera e fu mattina, il settimo giorno Jean-Paul Gaultier creò il corsetto

JPG: Se chiudo gli occhi ricordo nitidamente la prima volta che vidi mia nonna stringere il suo corsettoquel momento di estrema contrazione per ottenere una vita più sottile. Quasi un rituale, rappresentava l'epitome delleleganza. Successivamente il corsetto è diventato un emblema di emancipazione nell'era post-femminista, indossato con orgoglio non per compiacere gli altri, ma come pura espressione personale. Per me, è stato più di un semplice capo d'abbigliamento, è stato il veicolo per esprimere la mia identità, raccontando una nuova e moderna sensualità, riconfigurando il corsetto da indumento intimo a elegante abito da sera. La sua impraticabilità è diventata parte integrante della mia estetica e nel corso degli anni, ho visto il corsetto trasformarsi, sfidando le convenzioni di genere

LOI: Madonna ne ha commissionato uno firmato Gaultier nel suo recente "The Celebration Tour"...

JPG: Mi ha chiesto un nuovo corsetto e sin da subito ha espresso il desiderio che fosse di color nero. Ho risposto: «Va bene». Da lì, ho iniziato a riflettere su come realizzarlo, proponendo diverse idee e suggerimenti, ascoltando attentamente i suoi desideri. Quando l'ho completato, ho pensato che ne avrebbe guadagnato con un tocco aggiuntivo di luce. Così ho aggiunto alcune pietre grigie, simili a diamanti, insieme a un tocco di argento. Il risultato è stato un nuovo corsetto che simboleggia una nuova era. Lo spettacolo è stato straordinario, grazie alla sua voce potente e alla presenza di un parterre di ballerini eccezionale.

 LOI: Qual è la tua visione su valori come linclusione e lestetica no gender?

JPG: Sono da sempre un mio interesse e una priorità nel mio processo creativo. Oggi più che mai questi valori sono attuali. La moda dovrebbe riflettere costantemente il suo tempo, adattandosi ai bisogni della società e al tipo di persona che la indossa.

LOI: La moda è un sogno, ma si deve fare anche i conti con la realtà, no?

JPG: È vero, la moda può essere un sogno, ma non dimentichiamo che è anche un business. Non credo possa risolvere i problemi, ma senz'altro può contribuire ad aiutare coloro che si sentono diversi o non accettati.

LOI: Credi che la moda possa ancora influenzare cambiamenti sociali e culturali?

JPG: Se la moda può davvero influenzare dipende dal tipo di passione di cui si parla. Nel contesto di una passione ribelle, è ovvio che possa farlo, poiché riflette il mutare dei tempi. Nel periodo punk a Londra, quel movimento ha influenzato il periodo dark successivo, con l'arrivo dei giapponesi e l'abbigliamento che è diventato prevalentemente scuro e nero. Al momento, non sono sicuro se ci siano elementi che possano cambiare o influenzare in modo così potente come è accaduto in passato, e ritengo che sia piuttosto difficile. Ho smesso di interrogarmi su come influenzare e rivoluzionare perché credo di non avere più la stessa freschezza. Quando si è giovani, si desidera infrangere le regole. Penso di aver fatto un buon lavoro finora.

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Una scena del “Fashion Freak Show” / Image courtesy of Jean-Paul Gaultier
Una scena del “Fashion Freak Show” / Image courtesy of Jean-Paul Gaultier

LOI: Se dovessi tirare le somme della tua avventura nella moda cosa diresti?

JPG: Onestamente? Ho goduto di ogni istante della mia carriera, senza prevedere quanto sarebbe durata. Non avevo un obiettivo di successo da perseguire in modo determinato, è arrivato tutto naturalmente

LOI: Il Freak Fashion Showci racconta la tua vitaMa dove ha origine la tua passione per lo spettacolo e che rapporto ha con la moda?

JPG: Sognavo fin da piccolo di creare un giorno un dialogo tra il mondo dello spettacolo e quello della moda. La scintilla che ha acceso in me lamore per la moda fu un film che narrava le vicende di una prestigiosa casa d'alta moda.

LOI: Che film era?

JPG: Falbalas, un film del 1945 di Jacques Becker. Il cinematografico bagliore che avvolgeva ogni scena creava un'atmosfera magica. Le sfilate, il pubblico seduto ad ammirare gli abiti e ad applaudire, Era uno spettacolo che già faceva volare la mia fantasia

LOI: Raccontaci il tuo Freak Fashion Show...

JPG: Lo spettacolo coinvolge sul palco 18 artisti e racconta la mia storia. Non si tratta di un tradizionale spettacolo teatrale con una trama ben definita, ma piuttosto di un affascinante connubio tra musica, danza, coreografie e fashion show. Le parole non bastano a descriverlo, è uno spettacolo da vivere e vedere per comprenderlo appieno. Per la narrazione ho selezionato elementi che fanno parte della mia identità, presentati in modo visivo e musicale.

LOI: Un fashion-musical?

JPG: È più di un semplice musical, è un racconto che si svela attraverso movimenti, colori, bellezza e divertimento. Un racconto semplice che attinge dalla mia infanzia e, ovviamente, al mio amato orsacchiotto, uno dei primi ad indossare le mie creazioni.

 LOI: Com’è nata lidea dello show?

JPG: Quando ho deciso di concludere la mia carriera e creare il "Fashion Freak Show", è stata una scelta conscia quella di cambiare, presentando la moda al pubblico in un contesto più spettacolare ed esuberante. Il mio spettacolo è un'esplorazione della diversità di cui parlavamo prima, una celebrazione di personalità uniche e una testimonianza del mio percorso creativo nel corso degli anni.

 LOI: Sei dietro a ogni dettaglio dello spettacolo?

JPG: Fin dal primo momento ho gestito personalmente ogni aspetto, così come in tutti i miei fashion show, dal casting alla musica, dalle luci e al set, perché volevo trasmettere un'esperienza completa.

Un'immagine dal “Fashion Freak Show” / Images courtesy of Jean-Paul Gaultier
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adult female person woman clothing dress fashion face corset formal wear
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Dall'alto da sinistra, L'OFFICIEL n. 881 del 2003, L'OFFICIEL n. 813 del 1997, L'OFFICIEL n. 756 del 1990

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